Champagne Brut Blanc de Blancs 1982 – Pierre Gimonnet. Stappato col botto (ma proprio col botto, aspettandomi uno "pppssfffttt" ho esclamato un "ué!" di stupore), una volta versato si rivela comunque un profilo ossidativo fatto di creme, fungo champignon e noce (ma non il mallo o il nocino), per "amatori" ma neanche troppo visto che un paio di bicchieri li ha apprezzati anche mia moglie che solitamente non va d'accordo con gli ossidati, forse soprattutto grazie al sorso, dove si riscatta piuttosto bene, ancora teso ed energico, bollicina cremosa ed ancora ben presente, sapido e con ritorni agrumati. Era la seconda di tre bottiglie, trovate ancora nel cartone originale insieme a dei Dom Perignon e Ruinart che intendevo acquistare: "e queste? sono in vendita?" "ma no, valgono poco e niente"... "bene, te le ritiro io per poco e niente"
La gemella già stappata al contrario era un poco più pimpante al naso, meno incisiva in bocca:
Champagne Brut Blanc de Blancs 1982 – Pierre Gimonnet. Incredibilmente ancora integro con pasticceria e crème, leggera ossidazione, un bel confetto, bocca fresca, bollicina ancora presente, poca struttura. (estate 2015)
Barbera d'Alba Cannubi Muscatel 2008 - Brezza. Ogni tanto quando leggo note mirabolanti in cui il "terroir" sovrasta tutto devo dire la verità, la fronte qualche volta la corrugo... poi ti capitano bottiglie come questa, e tutto torna: nella prima fase il naso è alquanto nebbiolesco, con la speziatura del nobile vitigno e tutta la sua eleganza ed austerità, solo col tempo emerge il lato più fruttato-goloso della barbera, anche in macedonia, e che ritorna anche al sorso, sempre rimanendo misurata ed elegante. Chissà se hanno ancora filari di Barbera in questo cru...
Toscana Vigorello 1998 - San Felice. Apre su cuoio e chiodi di garofano, per poi virare sulle spezie orientali e tè nero, col tempo liquirizia. Al sorso inizialmente sembra esile e dall'acidità viva, lasciando lavorare l'ossigeno il tannino si risveglia a dare volume, seppur ellagico e ruvido.
Rossese di Dolceacqua 2018 - Terre Bianche. Floreale di rose, poi origano e timo, leggiadro al sorso, un rosso che riesce ad essere "senza peso" senza risultare magro o scarno, ma che invece trova un suo equilibrio, nella sua semplicità, sapido. Sempre un buon rapporto q/p.
Verdicchio di Matelica Riserva Cambrugiano 2013 - Belisario. Fieno e mandorla/nocciola verde, poi floreale e frutta fresca, sorso di buon equilibrio tra freschezza e medio corpo, mi sembra che in quest'annata abbiano centrato l'obiettivo (ogni tanto punta più su corpo e calore e mi piace meno...).
Rosso di Montalcino 2015 - Baricci. Per me resta produttore emblematico dell'interpretazione solare del Sangiovese, ed anche in quest'annata risulta "delizioso", e mi ha lasciato con la voglia di stappare un suo Brunello, mannaggia...
Crozes-Hermitage 2016 - Domaine du Colombier.
Cortona Syrah 2014 - Stefano Amerighi.
Mi spiace per i puristi ma i confronti mi piacciono, non posso farci niente... stappati in due serate successive, devo dire che ero combattuto sul quale tifare, ed alla fine mi spiace per Amerighi ma è un Italia - Francia 0-2. Forse col toscano in altra annata avrebbero potuto giocarsela. Comunque: il francese è ricco di frutta scura, la speziatura è sul pepe nero ma solo accennata, bocca golosa e di buona pienezza ed equilibrio, produttore che è una garanzia sui Crozes, l'italiano è invece giocato sulla frutta più chiara, una ciliegia quasi acidula, speziatura declinata su radici e tamarindo, sorso teso ma che difetta di un po' di polpa in più.