A CENA CON DIANA (Dea della caccia)
Inviato: 28 apr 2017 05:27
A CENA CON DIANA (Dea della caccia)
Ci si trova come ogni anno a Brisighella, in un piccolo ristorante davvero grazioso, arredato come i bistrot francesi di una Parigi anni venti, le sedie diverse fra loro una dall'altra, le pareti dipinte di un tenue pastello color verde acqua marina, lampade antiche col paralume e alle pareti, delle posate di un servizio antico d'argento, incorniciate con delle cornici in legno dorato. La cena, gli amici, i discorsi. L'atmosfera è sempre quella di ogni anno, magica, unica, di casa. Ci si rivede e si parla sempre dei fatti accaduti durante l'anno venatorio, con prese in giro per tutte le “padelle” commesse, e gli errori fatti. Il bello della caccia è anche questo, godere dei beni che ti ha offerto la natura, delle mattine che hai sofferto al freddo mentre aspettavi un piccolo raggio di sole che ti scaldasse, o dal rimanere catturati da quelle meravigliose albe color bianco latte, con ancora il cielo stellato sopra la testa. Ma non sono qui per convincere o per giustificare chi non ama tutto ciò, sono qui per gustare questi piatti che fra poco verranno serviti e per assaporare, degustando, i vini che abbiamo scelto in questi giorni, quindi lascio a voi lettori, il “piacere del gusto” nelle mie parole.
buon appetito
Gli invitati non sono ancora arrivati tutti a tavola, ma mio padre scalpita già al richiamo delle bollicine, come fossero le magnetiche sirene per Ulisse, quindi per i più fortunati abbiamo iniziato con uno champagne Aubry. Subito nel bicchiere colpisce il suo giallo paglierino, intenso, con una bella effervescenza di bolle che si divertivano a danzare in un vortice quasi interminabile. Un bel naso, piacevole di frutta agrumata, mandarino e arancio. In bocca ho la conferma del mio inesperto fiuto, ma mi compiaccio, perché li ritrovo, con questa bella freschezza e acidità che si conclude nel palato con un velo di amarognolo che a me non dispiace.
Siamo seduti tutti finalmente e i discorsi incominciano a prendere vita con le tematiche più scottanti, ma questi discorsi vengono smussati da una bottiglia magnum di Franciacorta Vezzoli. Nel bicchiere un giallo paglierino tenue, con riflessi verdolini. Bello, cristallino, un naso pieno di fiori e frutti bianchi, ma l'entrata in bocca è aggressiva e un po' scoordinata, con questa esplosione di bolle molto grossolane, fondendosi all'amaro dell'anidride carbonica, che copre i piacevoli sentori avvertiti al naso.
Mi consolo, arrivano i primi crostini coi fegatini, buoni rustici, con quell'aroma di salvia, il primo biglietto per le mie papille gustative.
Ora che le bolle sono finite, si passa ai rossi. Apriamo due bottiglie Marchese Antinori riserva 2014 tenuta Tignanello. Non avendone bevuta ancora una ero molto curioso, del suo racconto, la prima bottiglia non si è comportata come le mie aspettative, seppur l'etichetta ci racconta la sua giovinezza.
Colore rosso rubino un po' giù di tono, anche al naso è un pochino scarico, si avverte molto bene una ciliegia croccante e un bouquet di profumi primari, con qualche accenno verso i secondari, infine un sentore piacevole di fragola. L'entrata in bocca non è intensa, anzi è molto fine con una morbidezza inaspettata, una tannino elegante e non invasivo.
Nella seconda bottiglia invece il vino cambia, si apre come un fiore in piena primavera, allarga le spalle e le spezie si evolvono, vengono fuori. Diventa sempre più intenso e non si siede sul bicchiere, anzi rimane una bella frutta rossa leggermente evoluta, ma che gioca sulla freschezza. La bocca è piena di sottobosco, il tannino rimane composto e rende davvero piacevole la bevuta, anche se per goderne a pieno i suoi effluvi, tocca aspettare pazienti ancora un po'.
Eccoci qua, entra in tavola il risotto al germano reale, un classico delle nostre cene di caccia. Un piatto che rincuora e mette alla prova tutti gli chef, dove da dietro al bancone della cucina, vegliano e allungano le orecchie per sentire le nostre velenose critiche che qui, ammetto, non ce ne sono state. Perfetto, in tutto, mantecatura e cottura del riso, il germano era succulento e tenero, tanto da mangiarmene due piatti.
Altra bottiglia altra corsa.
Valpolicella ripasso Le Murale 2014, già dal colore si cambia marcia, rosso rubino intenso con riflessi granati ai lati, una bellissima limpidezza, quasi impenetrabile. Naso delicato fruttato e speziato, la liquirizia mi viene subito al naso, un leggero sentore di tabacco bagnato e di ciliegia sotto spirito. La bocca delicata con un tannino che fa da spalla a una morbidezza quasi completa, un abbinamento perfetto col risotto al germano.
Terminano i ferrosi rumori delle posate e si riprende a parlare, i discorsi si alleggeriscono e il vino rende più sciolta la lingua dei nostri ospiti che li fa addentrare in storie d'amore e teorie sulle donne (insomma si parlava di gnocca). Il vino scarseggia in tavola e quindi si deve continuare a stappare.
Barolo Prunotto Bussia 2004, per me il vino della serata, sono felice e convinto nel dirlo, anche perché non sono un gran amante dei baroli, ma questo era davvero buono.
Colore rosso granato pieno, con riflessi aranciati all'estremità dei bordi, una bellissima limpidezza degna di affiancare certi vini di Borgogna. Un naso pieno, intenso, con una bellissima nota balsamica che arriva subito, penetrandoti e che va a coprire lievemente una ciliegia sotto spirito. Leggera speziatura, con un sentore lontano di vaniglia. Lasciandolo maturare nel bicchiere, inizia l'evoluzione lenta. Si perde la vaniglia e subentra a gamba tesa una liquirizia dolce. In bocca è sempre molto elegante, con una finezza signorile e una ciliegia sotto spirito piena e croccante. Persiste questo sapore di sottobosco con un velo di acidità, che sorregge il tutto e lo spinge a farlo perdurare ancora e ancora a lungo. Vino che si è sposato benissimo con le pavoncelle e le allodole, che sono state arricchite da una dolce polenta con una vena acidula dovuta al pomodoro fresco e alle amarognole cipolle caramellate e infine glassate.
Per concludere, un dolcino non poteva mancare a far rilassare le nostre papille gustative messe a dura prova da questa discoteca di sapori. Ci servono un semifreddo alla birra artigianale, davvero curioso, buono e servito alla giusta temperatura, che ripulisce la bocca, facendola tornare quasi vergine. Niente vino in abbinamento questa volta, solo un effervescente digestivo al sapore d'arancia.
In fondo la sveglia è vicina, e io ho tanto sonno.
Ci si trova come ogni anno a Brisighella, in un piccolo ristorante davvero grazioso, arredato come i bistrot francesi di una Parigi anni venti, le sedie diverse fra loro una dall'altra, le pareti dipinte di un tenue pastello color verde acqua marina, lampade antiche col paralume e alle pareti, delle posate di un servizio antico d'argento, incorniciate con delle cornici in legno dorato. La cena, gli amici, i discorsi. L'atmosfera è sempre quella di ogni anno, magica, unica, di casa. Ci si rivede e si parla sempre dei fatti accaduti durante l'anno venatorio, con prese in giro per tutte le “padelle” commesse, e gli errori fatti. Il bello della caccia è anche questo, godere dei beni che ti ha offerto la natura, delle mattine che hai sofferto al freddo mentre aspettavi un piccolo raggio di sole che ti scaldasse, o dal rimanere catturati da quelle meravigliose albe color bianco latte, con ancora il cielo stellato sopra la testa. Ma non sono qui per convincere o per giustificare chi non ama tutto ciò, sono qui per gustare questi piatti che fra poco verranno serviti e per assaporare, degustando, i vini che abbiamo scelto in questi giorni, quindi lascio a voi lettori, il “piacere del gusto” nelle mie parole.
buon appetito
Gli invitati non sono ancora arrivati tutti a tavola, ma mio padre scalpita già al richiamo delle bollicine, come fossero le magnetiche sirene per Ulisse, quindi per i più fortunati abbiamo iniziato con uno champagne Aubry. Subito nel bicchiere colpisce il suo giallo paglierino, intenso, con una bella effervescenza di bolle che si divertivano a danzare in un vortice quasi interminabile. Un bel naso, piacevole di frutta agrumata, mandarino e arancio. In bocca ho la conferma del mio inesperto fiuto, ma mi compiaccio, perché li ritrovo, con questa bella freschezza e acidità che si conclude nel palato con un velo di amarognolo che a me non dispiace.
Siamo seduti tutti finalmente e i discorsi incominciano a prendere vita con le tematiche più scottanti, ma questi discorsi vengono smussati da una bottiglia magnum di Franciacorta Vezzoli. Nel bicchiere un giallo paglierino tenue, con riflessi verdolini. Bello, cristallino, un naso pieno di fiori e frutti bianchi, ma l'entrata in bocca è aggressiva e un po' scoordinata, con questa esplosione di bolle molto grossolane, fondendosi all'amaro dell'anidride carbonica, che copre i piacevoli sentori avvertiti al naso.
Mi consolo, arrivano i primi crostini coi fegatini, buoni rustici, con quell'aroma di salvia, il primo biglietto per le mie papille gustative.
Ora che le bolle sono finite, si passa ai rossi. Apriamo due bottiglie Marchese Antinori riserva 2014 tenuta Tignanello. Non avendone bevuta ancora una ero molto curioso, del suo racconto, la prima bottiglia non si è comportata come le mie aspettative, seppur l'etichetta ci racconta la sua giovinezza.
Colore rosso rubino un po' giù di tono, anche al naso è un pochino scarico, si avverte molto bene una ciliegia croccante e un bouquet di profumi primari, con qualche accenno verso i secondari, infine un sentore piacevole di fragola. L'entrata in bocca non è intensa, anzi è molto fine con una morbidezza inaspettata, una tannino elegante e non invasivo.
Nella seconda bottiglia invece il vino cambia, si apre come un fiore in piena primavera, allarga le spalle e le spezie si evolvono, vengono fuori. Diventa sempre più intenso e non si siede sul bicchiere, anzi rimane una bella frutta rossa leggermente evoluta, ma che gioca sulla freschezza. La bocca è piena di sottobosco, il tannino rimane composto e rende davvero piacevole la bevuta, anche se per goderne a pieno i suoi effluvi, tocca aspettare pazienti ancora un po'.
Eccoci qua, entra in tavola il risotto al germano reale, un classico delle nostre cene di caccia. Un piatto che rincuora e mette alla prova tutti gli chef, dove da dietro al bancone della cucina, vegliano e allungano le orecchie per sentire le nostre velenose critiche che qui, ammetto, non ce ne sono state. Perfetto, in tutto, mantecatura e cottura del riso, il germano era succulento e tenero, tanto da mangiarmene due piatti.
Altra bottiglia altra corsa.
Valpolicella ripasso Le Murale 2014, già dal colore si cambia marcia, rosso rubino intenso con riflessi granati ai lati, una bellissima limpidezza, quasi impenetrabile. Naso delicato fruttato e speziato, la liquirizia mi viene subito al naso, un leggero sentore di tabacco bagnato e di ciliegia sotto spirito. La bocca delicata con un tannino che fa da spalla a una morbidezza quasi completa, un abbinamento perfetto col risotto al germano.
Terminano i ferrosi rumori delle posate e si riprende a parlare, i discorsi si alleggeriscono e il vino rende più sciolta la lingua dei nostri ospiti che li fa addentrare in storie d'amore e teorie sulle donne (insomma si parlava di gnocca). Il vino scarseggia in tavola e quindi si deve continuare a stappare.
Barolo Prunotto Bussia 2004, per me il vino della serata, sono felice e convinto nel dirlo, anche perché non sono un gran amante dei baroli, ma questo era davvero buono.
Colore rosso granato pieno, con riflessi aranciati all'estremità dei bordi, una bellissima limpidezza degna di affiancare certi vini di Borgogna. Un naso pieno, intenso, con una bellissima nota balsamica che arriva subito, penetrandoti e che va a coprire lievemente una ciliegia sotto spirito. Leggera speziatura, con un sentore lontano di vaniglia. Lasciandolo maturare nel bicchiere, inizia l'evoluzione lenta. Si perde la vaniglia e subentra a gamba tesa una liquirizia dolce. In bocca è sempre molto elegante, con una finezza signorile e una ciliegia sotto spirito piena e croccante. Persiste questo sapore di sottobosco con un velo di acidità, che sorregge il tutto e lo spinge a farlo perdurare ancora e ancora a lungo. Vino che si è sposato benissimo con le pavoncelle e le allodole, che sono state arricchite da una dolce polenta con una vena acidula dovuta al pomodoro fresco e alle amarognole cipolle caramellate e infine glassate.
Per concludere, un dolcino non poteva mancare a far rilassare le nostre papille gustative messe a dura prova da questa discoteca di sapori. Ci servono un semifreddo alla birra artigianale, davvero curioso, buono e servito alla giusta temperatura, che ripulisce la bocca, facendola tornare quasi vergine. Niente vino in abbinamento questa volta, solo un effervescente digestivo al sapore d'arancia.
In fondo la sveglia è vicina, e io ho tanto sonno.