E' sicuramente vero che non ci sono grandi vini, ma grandi bottiglie.
Così come la variabile tempo, sia per le caratteristiche meteo dell'anno di produzione che per l'attesa in bottiglia, ha una influenza enorme.
E' per questo che, non avendolo assaggiato in altre occasioni ma solo da questa bottiglia, e avendo parlato con un amico che ne ha bevuta una più giovane senza ottenere i miei stessi riscontri, non posso dire che sia un VDM.
Ma che questa sia stata una grandissima boccia, si.
Ancora
Anselmet, alle prese con un alloctono: lo
Chardonnay (élevé en fût de chêne), nell'annata
2012.
Splendido bianco, il migliore chardo italiano che abbia mai bevuto e sicuramente degno di (ben) figurare alla cieca in mezzo a dei premier cru, confondendosi con essi.
Ha tutto: un filo di grassezza tropicale italiana ben gestita, come da annata calda "di là", legno molto ben integrato e assolutamente non prevaricante, anzi, aggiungente una dimensione; naso di frutti, fiori e burro d'alpe, bocca intensa e tonica, un filo grassa ma ben giocata con sapidità e acidità. Qualche tratto verde, come da kiwi, qualche lieve spinta mentolata, e financo un poco di mineralità (per i sacerdoti della cote, no, niente polvere pirica, almeno quella non è riuscito a tirarla fuori).
Una maggiore distensione sarebbe stata l'apoteosi, ma non ci è arrivato.
Grande personalità, davvero, e grandissima sorpresa positiva. 90/100 ci stanno tutti, e su scala "reale" (
).
Ancora una volta, bravissimo Giorgio Anselmet.
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