Aglianico e dintorni - il thread relativistico

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Lassagne
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Re: Aglianico - pag 13: Aglianico Story - da organizzare

Messaggioda Lassagne » 22 mar 2010 16:31

Complimenti per la gran bella bevuta....
" Investite in vino,
male che vada
potreste sempre berlo "...Giovanni Agnelli
paolo7505
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Re: Aglianico - pag 13: Aglianico Story - da organizzare

Messaggioda paolo7505 » 22 mar 2010 18:41

Bellissima giornata ieri, e sicuramente una delle migliori bevute, almeno dal punto di vista emozionale, da me fatte a casa di Marco!
Grandissima la riserva Piano d'Angelo e su questo credo che tutti avrebbero scommesso ad occhi chiusi, ma credo di poter dire che per me sia il miglior vino veramente vecchio ( e con veramente vecchio intendo più vecchio di me) da me bevuto!!
Meglio anche di Chateau Latour 64 e Monfortino 61, bevuti sempre da Marco.
Veramente sorprendente però la ris 77, anche questo di un'integrità pazzesca, che fino all'ultimo se la gioca con la 68.
Ottime le etichette nere 91 e 89, sono fra i pochi, se non l'unico, che ha preferito la seconda, forse anche perchè ne avevo una versata più abbondante nel bicchiere, e da li in avanti infatti ho fatto la fatica di rabboccare tutte le successive riserve :lol: :lol: :lol:
La ris 99 si conferma vino di gran classe, che non potrà che continuare a dare grandissime soddisfazioni nel futuro più e meno prossimo. A me è piciuta molto anche l'incazzatura tannica del Vigna Cinque Querce.
I 2 96 dei Feudi di San Gregorio non fanno altro che aumentare il rimpianto per quella serie di vini che erano e che, credo per stane ragioni commerciali, non sono più............
Bellissima sorpresa, per me che non lo conoscevo, il Naima De Conciliis.
Quindici contro quindici, e una palla ovale. Non c'è bisogno d'altro, neanche dell'arbitro.

Ci arrabbiamo se vinciamo senza stile. E non prendiamo neppure in considerazione l'eventualità di perdere.
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Re: Aglianico - pag 13: Aglianico Story - da organizzare

Messaggioda Kalosartipos » 22 mar 2010 19:02

Un grosso GRAZIE ad Alex per avere elaborato e postato le foto!
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Re: Aglianico - pag 13: Aglianico Story - da organizzare

Messaggioda Kalosartipos » 22 mar 2010 19:08

Mi associo ai complimenti per la bella degustazione.. gli Aglianico sono vini che frequento poco e questa è la dimostrazione di quanto sbagli..
Purtroppo, è un altro vino che dimostra la sua grandezza dopo tanti anni di bottiglia: per chi, come me, non dispone di un'adeguata cantina da invecchiamento (oltre che di tanta pazienza :evil: ), gustarlo al meglio diventa una mission impossible.
I preferiti... un po' quelli di tutti: Mastro '68, '77, '91... ottimi il Naima, il Bue Apis, il Nude, il Piano di Montevergine...
"La vita è breve e bisogna che uno se la beva tutta".
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Re: Aglianico - pag 13: Aglianico Story - da organizzare

Messaggioda birrachiara » 22 mar 2010 20:05

Eccomi qui a commentare.
Ringrazio Marco ed anche i presenti, non solo per cosa abbiamo bevuto, che per me è eccezionale, ma anche e soprattutto per le modalità con le quali si è svolto l'incontro, che corrispondono al mio modo di concepire il piacere del vino.
Non avevo idea della longevità del vitigno quale si è palesato nella degustazione, nel senso che la riserva 1968 di Mastroberardino è un vino che ha ancora potenziale evolutivo, e non poco.
INTRODUZIONE BIANCA :
- Fiano Marsella 2006
- Chassagne Montrachet Vergeres 1er Ramonet 2006

Deludente Il Marsella 2006, di buona struttura, ma con una definizione aromatica assolutamente carente


1A BATTERIA :
- Nude 2004 Cantina Giardino
- Taurasi Riserva 2001 Villa Raiano
- Taurasi Radici 2004 Mastroberardino
- Terre di Lavoro Galardi 2004
- Bue Apis 2001

Preferito il Bue Apis 2001,<91p., perchè alla struttura notevole accoppia un'importante eleganza, magari meno presente in annate precedenti ( vedi 2000, che pure mi è piaciuto molto, ma con spinta acida e tannicità in forte evidenza) e una bella morbidezza che gli dona notevole bevibilità.
Ottimo Il Nude 2004, 91 p, con un fruttato notevole ed un'acidità spinta, in un contesto di buona struttura ed equilibrio.
In minoranza, ho gradito anche Il Villa Raiano 2001, stile Luigi Moio, struttura non potente, tutto finezza ed eleganza, 85 p.
Il Terra di Lavoro 2004 aveva una tannicità spaventosa e sospendo il giudizio in attesa che diventi potabile, Il Radici 2004, era un pò sporco e molto astringente, poco piacevole o forse troppo giovane e anch'esso non mi è piaciuto in questo stato evolutivo

2A BATTERIA (1999):
- La Firma Cantine del Notaio
- Naima De Conciliis
- Taurasi Vigna Macchia dei Goti Caggiano
- Taurasi Riserva Vigna Cinque Querce Mollettieri
- Taurasi Riserva Mastroberardino

Campione, per me inaspettato il Naima, 92 p.di un equilibrio potente ed una definizione aromatica ottima, subito dopo Radici Riserva , 89 p., anch'esso elegante, morbido, bevibile e comunque strutturato. Un pò deludenti Mollettieri e Caggiano, una tannicità ingombrante il primo e scomposto il secondo. Meno negativo dei miei commensali su "La Firma", inizialmente fine ed elegante, dopo un pò però con una nota alcolica che lo rende un pò scomposto


34 BATTERIA (1996):
- Serpico Feudi di S.GRegorio
- Taurasi Piano di MOntevergine
- Taurasi Radici Mastroberardino

Campione il Piano Di Montevergine, un pò chiuso all'olfatto, ma splendido in bocca,92p., con grande equilibrio e notevole finezza. Migliore soprattutto olfattivamente all'inizio il Serpico,90 p. in bocca\chiude però con uno speziato troppo pronuncaito che non mi è piaciuto. Scollinato Il Radici che non mi ha particolarmente impressionato

4a BATTERIA :
- Taurasi Radici 19991 Mastroberardino

Eccellente per struttura ed equilibrio, 94/100

5A BATTERIA :
- Barbaresco Rabaja 1989 MIchele Chiarlo
- Taurasi Radici Mastroberardino 1989

Migliore il Radici 91/100, un pò meno definito e vivo del 1991, scollinato e poco ampio il Barbaresco 84 p.

6a BATTERIA:
- Chianti Classico Riserva 1977 Antinori
- Taurasi Riserva Mastroberardino 1977

Due campioni, la mia preferenza al Radici 1977, sul Chianti una leggerissima nota alcolica, che invece il taurasi equilibra meglio. 95 p. e 92 p.

7A BATTERIA ;
- Taurasi Mastroberardino 1970
- Taurasi Riserva Vigna d'Angelo Mastroberardino 1968

Sul 68 , 97 e sono senza parole, meno vivace, ma sempre ottimo il 1970
Di nuovo un grazie a tutti
Ultima modifica di birrachiara il 24 mar 2010 00:22, modificato 1 volta in totale.
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda de magistris » 22 mar 2010 22:56

Avete già spiegato perfettamente perché ci tenevo così tanto ad essere presente quando si sarebbe organizzata..
Al di là dei vini, sono stato benissimo per la splendida compagnia e ospitalità: per la mia prima volta in Bue House non poteva andare meglio... :D
Grazie di cuore a Marco per averci coinvolto fin da subito e per avermi dato modo di assaggiare alcuni vini per la prima volta.
Sui vini avete già detto tutto ma devo integrare con gli appunti rubati da un ispiratissimo Conte da cui ho imparato anche il metodo per pulire i vini dal sedimento: nel suo caso ovviamente per fare in modo che neanche una goccia restasse nelle bottiglie, col rischio di farlo restare al di sotto dei 3 grammi/litro di alcool nel sangue.. :lol:

Bianchi

A me Marsella generalmente non fa impazzire perché lo trovo sempre un po' troppo ricco e scisso nell'alcool, la bottiglia di ieri invece aveva un limite di definizione (piuttosto caseico) e sembrava quasi un po' slavata.
Per le note di Ramonet è stato delegato Andrea che ha raccolto e conservato nel suo bicchiere circa una pinta del Vergeriano Chassagniano '06.. :D

Anni '90/2000

Davvero convincente il Naima '99 che non riassaggiavo da un bel po': me lo ricordavo come di gran lunga il più elegante ed espressivo di quegli anni ma questa boccia era davvero molto molto seria. E molto giovane.

A seguire un Bue Apis ’01 stratificato e già piuttosto rilassato, nonostante il pizzico di legno ancora presente (molto salino e perfettamente integro), un riconoscibilissimo Molettieri Ris. ’99 (forse un po’ troppo severo ma è sempre stato così, e non per il legno a mio avviso), un Piano di Montevergine ’96 che alimenta i rimpianti.
Ancora una volta non mi ha fatto impazzire il Terra di Lavoro ’04 (ci sento sempre una punta fin troppo amarognola che per me va oltre la sua estrema gioventù – gli preferisco di gran lunga 2005 e 2007 tra quelli vicini), a mio avviso trascurabili Villa Raiano Ris. ’01 e La Firma ’99, Caggiano secondo me aveva problemi di tappo.
Su questo “capitolo” storico e stilistico mi verrebbe da aprire una parentesi ma non voglio intasare il post e magari la rilancio più avanti.

Mastroberardino

Radici 2004: buon vino o poco più. Soprattutto dà l’idea di confezione. Per fortuna la Riserva che esce adesso è un altro pianeta.

Radici Ris. ’99: la dimostrazione che non necessariamente “i vini di una volta non ci saranno più” e “si stava meglio quando si stava peggio”. Questo sarà degno parente di quelli che qualche minuto dopo ci hanno fatto lacrimare.

Radici ’96: come le altre volte l’ho trovato un po’ troppo rustichello, con poco sprint.

Radici ’91: mai assaggiato prima, in azienda ne parlano come un’annataccia. E invece vino che ti entra nel cervello per definizione e multidimensionalità. Riesce a far completamente dimenticare che non è un mostro di polpa grazie al sapore, al tono ferroso, alla centralità dell’infuso di erbe. Durezza ammaliante, un po’ rodaniana, un po’ biondisantiana.

Radici ’89: fascino simile al ’91 ma qualche limite più evidente per me nella grana dei tannini più polverosetti e nella lunghezza complessiva. Citando il conte, sa di sacchettino vuoto di plastica dove prima c’erano state spezie tritate, in prevalenza curry. Come dargli torto…

Taurasi Ris. ’77: bevuto più volte in questi anni e sempre uno dei più costanti, con una netta impressione di crescita in termini di armonia negli ultimi 5 anni. Padrone assoluto di questo vino è l’acidità, di quelle che si trasformano in una salinità quasi fluviale che satura la bocca e lo lancia verso un finale interminabile. Per il conte ha un impatto di sella cavalcata di cavallo riposta sulla tavola di legno di una tavernetta, seguito da lime e cumino, con un frutto che più chiaro non si può sempre sullo sfondo. 94-95/100.

Taurasi ’70: anche questo lo bevevo per la prima volta ed è stata un’emozione perché è il primo Taurasi con la Doc della storia. Abbastanza evoluto, ma soprattutto frenato da quei tannini che non maturano nemmeno dopo mille anni.

Piano d’Angelo Ris. ’68: rispetto al Piano D’Angelo bevuto un paio d’anni fa, questo merita almeno tre punti in più e per questo avevo pensato inizialmente che potesse essere Castelfranci, con cui fa idealmente coppia, mentre Montemarano è completamente diverso (da tenere presente quando si fanno certe letture affrettate di Molettieri). Emozione assoluta, integrità irreale, talco mentolato a go go ma soprattutto un primo piano di bacche schiacciate che ti viene voglia di mordere il bicchiere. Decisamente più pieno e sferico del ’77, si srotola con autorevolezza da bordeaux e vibranza da grande sangiovese. Ma il finale che si espande a suon di tannini della trama più dolce e saporita che si può desiderare è un vero inno totemico all’aglianico. 97/100.
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda mbrown » 23 mar 2010 11:39

Ormai è stato detto tutto in modo decisamente approfondito, e il mio personale contributo mi sembra alquanto superfluo. Ad ogni modo confermo il fatto che l'Aglianico sia probabilmente il vitigno più sottovalutato e meno mediatico d'Italia. La degustaizone di domenica ci ha dato prova di che meraviglie possono essere tirate fuori da questo vitigno. E' decisamente un vitigno da lungo corso, che ha bisogno di invecchiamenti importanti, ma che ha una definizione estrema con l'invecchiamento. Semplicemente commoventi bottiglie come la 77 e la 68, capisaldi dell'enologia italiana capaci tranquillamente di giocarsela con qualunque vino italiano. Davvero una bellissima bevuta, che mi ha dato la possibilità di bere chicche incredibili, di rincontrare alcuni forumisti e di conoscerne di nuovi, tutto come sempre organizzato in maniera stupefacente dal buon Vinogodi.
Forse ho sbagliato a giudicare Stromberg. Un uomo che beve Dom Perignon del '52 non può essere cattivo. (Bond)
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda Deruj » 23 mar 2010 12:21

de magistris ha scritto:Piano d’Angelo Ris. ’68: rispetto al Piano D’Angelo bevuto un paio d’anni fa, questo merita almeno tre punti in più e per questo avevo pensato inizialmente che potesse essere Castelfranci, con cui fa idealmente coppia, mentre Montemarano è completamente diverso (da tenere presente quando si fanno certe letture affrettate di Molettieri).

vorresti approfondire?
grazie
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda de magistris » 23 mar 2010 13:09

Deruj ha scritto:
de magistris ha scritto:Piano d’Angelo Ris. ’68: rispetto al Piano D’Angelo bevuto un paio d’anni fa, questo merita almeno tre punti in più e per questo avevo pensato inizialmente che potesse essere Castelfranci, con cui fa idealmente coppia, mentre Montemarano è completamente diverso (da tenere presente quando si fanno certe letture affrettate di Molettieri).

vorresti approfondire?
grazie


Ciao Aldo, in estremissima sintesi a volte ho l'impressione che si chieda ai vini di Montemarano (e quindi Molettieri, che di quella zona è l'interprete più conosciuto) di essere qualcosa che non sono e non possono essere, prima di tutto da un punto di vista territoriale. Nel triangolo della zona alta (Montemarano-Castelfranci-Paternopoli), le vigne di Montemarano sono collocate su un pendio orientato a nord, che volge ad ovest a Castelfranci e curva a sud a Paternopoli. C'è già un indizio per immaginare perché a Montemarano nascono generalmente i Taurasi più severi dal punto di vista tannico e perché si vada a raccogliere a novembre inoltrato. Solo che molto spesso succede che, per attendere la maturazione fenolica di queste uve, vadano su anche alcool ed estratti, originando un profilo di vino "tanta roba" che, lo capisco, finisce per piacere di meno a chi cerca un Taurasi più rilassato, dal frutto più chiaro e di sviluppo più progressivo e meno "monolitico". Ho spesso visto imputare al legno o ad una scelta "commerciale" gli aspetti che non convincono nei Molettieri, ma proprio l'assaggio in comparata dei tre cru '68 secondo me chiarisce come ci sia davvero una matrice territoriale alla base: Piano D'Angelo e Castelfranci per certi versi si toccano e suggeriscono un'idea di "eleganza" e di sapida energia (con un quid in più di centro bocca su Castelfranci), Montemarano è ancora adesso decisamente più tannico e scalpitante, meno dritto e più quadrato, ma è anche lui un vino di emozione. E stiamo parlando di tre vini che sono stati un'eccezione nello sviluppo del Taurasi, storicamente incentrato sull'assemblaggio o comunque sulla precisa intenzione di non enfatizzare delle zone a discapito di altre, in un periodo dove sicuramente non c'era un aspetto "commerciale" legato a questo discorso dei cru, e di caratteri che si esprimono nitidamente ad oltre 40 anni, in fasi evolutive che normalmente tendono ad avvicinare di molto i vini.
Io non sono un fan sfegatato di Molettieri, perlomeno non di tutte le annate, ma gli riconosco una fortissima coerenza rispetto alla vigna e ai caratteri dei millesimi, e non sono d'accordo con chi lo vuole ridurre ad uno che ha cambiato strada facendo per fare vini con meno carattere e più internazionali.
Non so se sono stato chiaro, magari integro. :D
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda de magistris » 23 mar 2010 13:16

Aggiungo che giovedì alla Città del gusto di Napoli abbiamo fatto una orizzontale coperta di 12 Taurasi 2005 proprio per iniziare a verificare, bicchiere alla mano, se davvero emergano delle significativi differenze, almeno a livello di macrozone. Il discorso è sicuramente apertissimo, ma i vini di Montemarano, Castelfranci e della zona sud-est di Taurasi sono stati riconosciuti da tutti molto velocemente. In particolare, quelli di Molettieri e Il Cancellieri erano nettamente i vini più duri e tannici del lotto, e stiamo parlando di due aziende che lavorano in maniera completamente diversa (ma le vigne sono adiacenti).
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda Deruj » 23 mar 2010 14:09

de magistris ha scritto:
Deruj ha scritto:
de magistris ha scritto:Piano d’Angelo Ris. ’68: rispetto al Piano D’Angelo bevuto un paio d’anni fa, questo merita almeno tre punti in più e per questo avevo pensato inizialmente che potesse essere Castelfranci, con cui fa idealmente coppia, mentre Montemarano è completamente diverso (da tenere presente quando si fanno certe letture affrettate di Molettieri).

vorresti approfondire?
grazie


Ciao Aldo, in estremissima sintesi a volte ho l'impressione che si chieda ai vini di Montemarano (e quindi Molettieri, che di quella zona è l'interprete più conosciuto) di essere qualcosa che non sono e non possono essere, prima di tutto da un punto di vista territoriale. Nel triangolo della zona alta (Montemarano-Castelfranci-Paternopoli), le vigne di Montemarano sono collocate su un pendio orientato a nord, che volge ad ovest a Castelfranci e curva a sud a Paternopoli. C'è già un indizio per immaginare perché a Montemarano nascono generalmente i Taurasi più severi dal punto di vista tannico e perché si vada a raccogliere a novembre inoltrato. Solo che molto spesso succede che, per attendere la maturazione fenolica di queste uve, vadano su anche alcool ed estratti, originando un profilo di vino "tanta roba" che, lo capisco, finisce per piacere di meno a chi cerca un Taurasi più rilassato, dal frutto più chiaro e di sviluppo più progressivo e meno "monolitico". Ho spesso visto imputare al legno o ad una scelta "commerciale" gli aspetti che non convincono nei Molettieri, ma proprio l'assaggio in comparata dei tre cru '68 secondo me chiarisce come ci sia davvero una matrice territoriale alla base: Piano D'Angelo e Castelfranci per certi versi si toccano e suggeriscono un'idea di "eleganza" e di sapida energia (con un quid in più di centro bocca su Castelfranci), Montemarano è ancora adesso decisamente più tannico e scalpitante, meno dritto e più quadrato, ma è anche lui un vino di emozione. E stiamo parlando di tre vini che sono stati un'eccezione nello sviluppo del Taurasi, storicamente incentrato sull'assemblaggio o comunque sulla precisa intenzione di non enfatizzare delle zone a discapito di altre, in un periodo dove sicuramente non c'era un aspetto "commerciale" legato a questo discorso dei cru, e di caratteri che si esprimono nitidamente ad oltre 40 anni, in fasi evolutive che normalmente tendono ad avvicinare di molto i vini.
Io non sono un fan sfegatato di Molettieri, perlomeno non di tutte le annate, ma gli riconosco una fortissima coerenza rispetto alla vigna e ai caratteri dei millesimi, e non sono d'accordo con chi lo vuole ridurre ad uno che ha cambiato strada facendo per fare vini con meno carattere e più internazionali.
Non so se sono stato chiaro, magari integro. :D

magari, passo.
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda de magistris » 23 mar 2010 14:19

Deruj ha scritto:
magari, passo.


Non è da te arrenderti così... :lol:
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda Deruj » 23 mar 2010 14:23

de magistris ha scritto:
Deruj ha scritto:
magari, passo.


Non è da te arrenderti così... :lol:


è che sono impegnato a pensare a come nazionalizzare nuovamente le banche e a sconfiggere la fame nel mondo.

:mrgreen:

ps
merdaccia!
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda de magistris » 23 mar 2010 14:25

Deruj ha scritto:
de magistris ha scritto:
Deruj ha scritto:
magari, passo.


Non è da te arrenderti così... :lol:


è che sono impegnato a pensare a come nazionalizzare nuovamente le banche e a sconfiggere la fame nel mondo.

:mrgreen:

ps
merdaccia!


sì, ma anche voi con 365 giorni da poter scegliere... :twisted: :twisted:
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda Deruj » 23 mar 2010 14:30

de magistris ha scritto:
Deruj ha scritto:
de magistris ha scritto:
Deruj ha scritto:
magari, passo.


Non è da te arrenderti così... :lol:


è che sono impegnato a pensare a come nazionalizzare nuovamente le banche e a sconfiggere la fame nel mondo.

:mrgreen:

ps
merdaccia!


sì, ma anche voi con 365 giorni da poter scegliere... :twisted: :twisted:


tranquillo non credo che la platea apprezzi macle e forse te lo riservo montemarano è troppo duro per i tuoi gusti la borgogna del secolo scorso ha perso il frutto e quindi della convergenza o meno col nebbiolo e il sangiovese importa sega penso e di quello dopo la gelata del 91 i vini non sono più gli stessi nulla di che insomma
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda paolo7505 » 23 mar 2010 15:49

Deruj ha scritto:tranquillo non credo che la platea apprezzi macle e forse te lo riservo montemarano è troppo duro per i tuoi gusti la borgogna del secolo scorso ha perso il frutto e quindi della convergenza o meno col nebbiolo e il sangiovese importa sega penso e di quello dopo la gelata del 91 i vini non sono più gli stessi nulla di che insomma


:?: :shock:.................... :lol:

Aldo crisi d'astinenza o overdose di Camillo Donati????? :mrgreen:
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda Deruj » 23 mar 2010 15:51

paolo7505 ha scritto:
Deruj ha scritto:tranquillo non credo che la platea apprezzi macle e forse te lo riservo montemarano è troppo duro per i tuoi gusti la borgogna del secolo scorso ha perso il frutto e quindi della convergenza o meno col nebbiolo e il sangiovese importa sega penso e di quello dopo la gelata del 91 i vini non sono più gli stessi nulla di che insomma


:?: :shock:.................... :lol:

Aldo crisi d'astinenza o overdose di Camillo Donati????? :mrgreen:


un pinot bianco di donati non c'è stato male su un risotto agli scampi finito con una julienne di coppa del po di mezzadri detto questo ho preso un'infatuazione per graziano
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda de magistris » 23 mar 2010 16:50

Deruj ha scritto:
tranquillo non credo che la platea apprezzi macle e forse te lo riservo montemarano è troppo duro per i tuoi gusti la borgogna del secolo scorso ha perso il frutto e quindi della convergenza o meno col nebbiolo e il sangiovese importa sega penso e di quello dopo la gelata del 91 i vini non sono più gli stessi nulla di che insomma


arivafangulo. :twisted:
Paolo De Cristofaro

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Ci si può divertire anche senza alcool. Ma perché correre il rischio? (Roy Hodgson)

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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda Deruj » 23 mar 2010 17:09

de magistris ha scritto:
Deruj ha scritto:
tranquillo non credo che la platea apprezzi macle e forse te lo riservo montemarano è troppo duro per i tuoi gusti la borgogna del secolo scorso ha perso il frutto e quindi della convergenza o meno col nebbiolo e il sangiovese importa sega penso e di quello dopo la gelata del 91 i vini non sono più gli stessi nulla di che insomma


arivafangulo. :twisted:


mica è colpa mia se sei un assaggiatore da vinitaly.

:twisted:
Jadis, si je me souviens bien, ma vie était un festin où s’ouvraient tous les cœurs, où tous les vins coulaient.Un soir, j’ai assis la Beauté sur mes genoux. — Et je l’ai trouvée amère. — Et je l’ai injuriée...
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda paolo7505 » 23 mar 2010 17:20

Deruj ha scritto: ho preso un'infatuazione per graziano


Conosco il suo lambrusco solo di nome, mai provato.................provvederò, :wink:
Anche se non sono molto affine a tutto ciò che frizza........
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda mbrown » 23 mar 2010 17:30

paolo7505 ha scritto:
Deruj ha scritto: ho preso un'infatuazione per graziano


Conosco il suo lambrusco solo di nome, mai provato.................provvederò, :wink:
Anche se non sono molto affine a tutto ciò che frizza........


Fosse facile trovarlo... :?
Forse ho sbagliato a giudicare Stromberg. Un uomo che beve Dom Perignon del '52 non può essere cattivo. (Bond)
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda Deruj » 23 mar 2010 17:36

mbrown ha scritto:
paolo7505 ha scritto:
Deruj ha scritto: ho preso un'infatuazione per graziano


Conosco il suo lambrusco solo di nome, mai provato.................provvederò, :wink:
Anche se non sono molto affine a tutto ciò che frizza........


Fosse facile trovarlo... :?


vedo cosa riesco a fare.
Jadis, si je me souviens bien, ma vie était un festin où s’ouvraient tous les cœurs, où tous les vins coulaient.Un soir, j’ai assis la Beauté sur mes genoux. — Et je l’ai trouvée amère. — Et je l’ai injuriée...
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda COOMBE » 23 mar 2010 22:59

di ritorno a casa (aggiungo finalmente... :roll: dopo quasi 4000km in poco più di una settimana) mi aggiungo al coro dei ringraziamenti… chiaramente in primis a Marco che come al solito è stato di un ospitalità squisita nonchè, as usual, di una precisione formidabile nella scelta delle bottiglie... di seguito un bel grazie a Paolino che si è sparato tutto il viaggio alla guida, voto: tre volanti... :lol: e, last but not least, grazie anche alla compagnia… è sempre bello passare una giornata come quella di domenica con compagni di bevute di siffatta qualità.

venendo ai vini un po di considerazioni generali maturate in viaggio con grandi chiacchiere con il De Magistris su questo splendido vitigno, l'aglianico, di cui secondo me si sa ancora troppo poco ed è uno dei vitigni con il quale ho più difficoltà a rapportarmi nonostante una certa ampiezza di bevute.

finalmente la giornata di ieri ha messo un punto fermo sulla questione longevità, l'aglianico può tranquillamente sedersi al tavolo con i vini più longevi dell'orbe terracqueo e dare lezioni di evoluzione a tutti i più grandi.

è indubbio che la pulizia al naso e la freschezza di beva delle bottiglie più vecchie stappate - piano dell'angelo a parte, che fa storia a se e ne spiegherò quando troverò il tempo il perchè e l'idea che mi sono fatto... – sono semplicemente straordinarie.

negli ultimi anni ho stappato molti, ma molti "cadaveri squisiti" come li chiamo io (per la surreale capacità del vino di invecchiare meglio e più dell’essere umano), bottiglie a cavallo degli anni '60/80 delle più diverse zone storiche del vino italiano, da grandi manici a misconosciuti produttori ormai scomparsi, ed ho sempre riconosciuto - anche tra i migliori e più grandi in alcuni casi - i segni del tempo, seppur nobili come un filo bianco tra i capelli di una gran bella donna un po agè...

con i taurasi di mastro, e ne ho bevuti un bel po, no.

Niente capelli bianchi.

Dal colore sempre vivo, rubino limpido (domani metto mano al RAL nella speranza di trovare quella punta di colore comune a tutti i loro vini, un marchio di fabbrica come il rosso Ferrari, detto da uno che al colore da il peso delle due figure al tressette…), l’unghia sottile che raramente cede all’aranciato, al limite un lieve mattone, passando per il naso forse un po debole ma raramente brodoso, alla bocca sempre fresca, scalpitante che andando indietro con gli anni presenta tannini sempre più levigati e setosi.

Nel particolare, ‘91/’89/’77/70 (sti cazzi Paolo, se la ’70 è evoluta innaffiamo pure allegramente i nostri giardini con grande parte dei vini che conserviamo in cantina, oppure beviamoli a breve…) incedono uno dietro l’altro coerenti come pochi vini da me bevuti, annate deboli, annate forti, ognuna con la sua severa espressività, ognuna con la sua storia da raccontare (credo che sarebbe stato altrettanto emozionante avere avuto anche l’80 per chiudere il cerchio), ognuna diversa dall’altra e pure legata alle altre da un file rouge grande quanto una gomena.

In ultimo vengo alla riserva ’68, per dire solo che è uno di quei vini irreali che sembra non possano essere toccati dal tempo, ho sentito Marco metterla sullo stesso piano dei vini più grandi da lui bevuti e, pur avendone bevuti molti (ma molti meno…), non posso che essere pienamente d’accordo con lui.

In conclusione però vengo alle note dolenti (a qualcuno che non mi conosce la mia può essere sembrata un inverconda marchetta…) perché la tripletta dei cru del ’68 è allo stesso tempo una fortuna ed uno dei danni più grandi che siano mai stati fatti all’aglianico di taurasi.

Se la scelta quanto meno miope (se non tristemente commerciale) di non vinificare le diverse vigne più vocate fosse stata invece la regola, di che vino staremmo parlando adesso?

Quali effetti avrebbe potuto avere su di un territorio che da meno di 20 anni sta cercando la sua strada?

Il mio parere è che oggi si parlerebbe di taurasi in maniera diversa, ed il ritardo storico con altre zone di produzione ben più quotate sarebbe come meno nullo.

Ma a quanto pare la storia del meridione si specchia nel particolare in maniera più evidente e rivelatrice che nei libri di storia, la storia di un minuscolo comune irpino che aveva un solo pregio che al tempo si potesse pesare sulla bilancia dell’economia, il passaggio della ferrovia (ferrovia che ha portato per anni ad inizio secolo quel vino, l’aglianico di taurasi, a fare grandi i vini dal nome e la storia pesante del nord italia e delle migliori zone di produzione francesi) spiega tanto, ma questa è storia, e Paolo De Cristofaro può dire molto di più e molto meglio di me.

Ps: a breve (anche se credo che non interessi molto… :D ) un po di considerazioni su quanto altro bevuto domenica.
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda de magistris » 23 mar 2010 23:15

COOMBE ha scritto:In conclusione però vengo alle note dolenti (a qualcuno che non mi conosce la mia può essere sembrata un inverconda marchetta…) perché la tripletta dei cru del ’68 è allo stesso tempo una fortuna ed uno dei danni più grandi che siano mai stati fatti all’aglianico di taurasi.

Se la scelta quanto meno miope (se non tristemente commerciale) di non vinificare le diverse vigne più vocate fosse stata invece la regola, di che vino staremmo parlando adesso?

Quali effetti avrebbe potuto avere su di un territorio che da meno di 20 anni sta cercando la sua strada?

Il mio parere è che oggi si parlerebbe di taurasi in maniera diversa, ed il ritardo storico con altre zone di produzione ben più quotate sarebbe come meno nullo.

Ma a quanto pare la storia del meridione si specchia nel particolare in maniera più evidente e rivelatrice che nei libri di storia, la storia di un minuscolo comune irpino che aveva un solo pregio che al tempo si potesse pesare sulla bilancia dell’economia, il passaggio della ferrovia (ferrovia che ha portato per anni ad inizio secolo quel vino, l’aglianico di taurasi, a fare grandi i vini dal nome e la storia pesante del nord italia e delle migliori zone di produzione francesi) spiega tanto, ma questa è storia, e Paolo De Cristofaro può dire molto di più e molto meglio di me.

Ps: a breve (anche se credo che non interessi molto… :D ) un po di considerazioni su quanto altro bevuto domenica.


Pico, sai quanto sono contrario ai vicendevoli spompinamenti ma non posso fare a meno di farti i complimenti per la tua lucida e chiara analisi, roba che per scriverla io avrei utilizzato un'ottantina di post... :lol:

E' proprio vero, quella tripletta dei '68 è la fortuna e il danno del Taurasi e dell'aglianico di oggi. Niente di strano, però, per un mondo del vino come quello campano che ha come principale filo conduttore una catena di storie interrotte.
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Re: Aglianico Story - il racconto a pag. 15

Messaggioda COOMBE » 23 mar 2010 23:32

de magistris ha scritto:
COOMBE ha scritto:In conclusione però vengo alle note dolenti (a qualcuno che non mi conosce la mia può essere sembrata un inverconda marchetta…) perché la tripletta dei cru del ’68 è allo stesso tempo una fortuna ed uno dei danni più grandi che siano mai stati fatti all’aglianico di taurasi.

Se la scelta quanto meno miope (se non tristemente commerciale) di non vinificare le diverse vigne più vocate fosse stata invece la regola, di che vino staremmo parlando adesso?

Quali effetti avrebbe potuto avere su di un territorio che da meno di 20 anni sta cercando la sua strada?

Il mio parere è che oggi si parlerebbe di taurasi in maniera diversa, ed il ritardo storico con altre zone di produzione ben più quotate sarebbe come meno nullo.

Ma a quanto pare la storia del meridione si specchia nel particolare in maniera più evidente e rivelatrice che nei libri di storia, la storia di un minuscolo comune irpino che aveva un solo pregio che al tempo si potesse pesare sulla bilancia dell’economia, il passaggio della ferrovia (ferrovia che ha portato per anni ad inizio secolo quel vino, l’aglianico di taurasi, a fare grandi i vini dal nome e la storia pesante del nord italia e delle migliori zone di produzione francesi) spiega tanto, ma questa è storia, e Paolo De Cristofaro può dire molto di più e molto meglio di me.

Ps: a breve (anche se credo che non interessi molto… :D ) un po di considerazioni su quanto altro bevuto domenica.


Pico, sai quanto sono contrario ai vicendevoli spompinamenti ma non posso fare a meno di farti i complimenti per la tua lucida e chiara analisi, roba che per scriverla io avrei utilizzato un'ottantina di post... :lol:

E' proprio vero, quella tripletta dei '68 è la fortuna e il danno del Taurasi e dell'aglianico di oggi. Niente di strano, però, per un mondo del vino come quello campano che ha come principale filo conduttore una catena di storie interrotte.


guarda che non ho mica finito... :lol:
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