apa ha scritto:..partito e già tornato, adesso tutto diventa più complicato per me, perchè stasera devo ripartire e credo non riuscirò a partecipare al dibattito prima della fine della settimana (per questo chiedo un po' di pazienza per successivi ampliamenti della discussione). Provo a rispondere all'interessante considerazione di Arnaldo: l'uso di descrittori quali capperi ed olive indicava la presenza di un frutto ancora percepibile nel contesto aromatico e gustativo di un vino integro in cui la sapidità salmastra era molto evidente. Si è trattato di un bel vino, senza evidenti tracce di contaminazione, così come ho cercato di descriverlo, e, forse, nel pieno della sua maturità appare improbabile che potesse migliorare ancora. Pur con tutti gli apprezzamenti espressi, è senz'altro un vino meno ricco, elegante e complesso dei collina rionda che ho assaggiato.
A questo punto, mi sono chiesto quanto fosse appropriato ed insolito l'uso dei descrittori evidenziati da Arnaldo. Sono andato a vedere i miei appunti di degustazione e, rispetto allo stesso vino ho annotato i commenti di chi ha portato la bottiglia sul corredo aromatico: " alghe, metallo, nafta, pungenza del cappero, pietre rosa macinate, iodio, nucleo fruttato con oliva al forno, ginepro, macchia mediterranea..."
Inoltre, ecco le prime note sintetiche che mi ritrovo, sull'analisi olfattiva di qualche altro barolo:
Barolo Vigna Rionda 2008, Luigi Pira: ruggine, catrame vegetale, corteccia, oliva, erbe aromatiche..
Monfortino 2004: carciofo, cardo, fumo di camino, potpourri di fiori macerati, cappero, colatura di alici, iodio...
Barolo Le Rocche del Falletto ris 2001: ferro, ruggine, olive, ciliegia acida, fiori di nespolo, tè bianco, fiori rosa...
Potrei citare altri esempi ma la mancanza di tempo ed il desiderio di esprimermi anche su altri temi connessi mi fa fermare quì su questo punto, per concludere che l'uso dei descrittori in questione non è del tutto insolito.
La questione della pulizia e della gestione della cantina: chi ha avuto conoscenza diretta della dei Canale ed un numero molto maggiore di assaggi, rispetto all'unico mio, già si è espresso riguardo le loro caratteristiche di produttori. Ma la questione della contaminazione dei vini assume parecchi aspetti e mi voglio soffermare brevemente su alcuni di essi.
In linea generale la contaminazione di un vino lo rende poco giudicabile in sede di assaggio e di valutazione. Gli anglosassoni ed in generale i "master of wine" (ed anche dei "comuni mortali" come si leggerà tra poco) non giudicano i vini se c'è anche un lieve sentore di contaminazione. La contaminazione può avere varie caratteristiche e può essere collegata ad una o più bottiglie di un produttore oppure caratterizzare tutto un periodo della sua produzione. Nel primo caso sarà la bottiglia ad essere ingiudicabile (ad esempio, mi è capitato di non poter valutare il Margaux 1996 in una orizzontale di Bordeaux 1996, perchè avvertivo dei sentori estranei al corredo aromatico del vino, mentra altri miei amici forumisti, pur riscontrando la contaminazione, riuscivano ad assegnargli un punteggio. A questo proposito potrei fare numerosi altri esempi ma preferisco fermarmi).
Diversa è la questione se la modalità di conduzione della cantina, di norma, produce dei vini "sporchi". In questo caso è in questione il produttore e non la singola bottiglia. Si è parlato dei Roagna e c'è stato un forumista, da tutti stimato per la sua sincerità e le sue qualità umane, che si è espresso in termini molto forti contro la loro tecnica produttiva. Non c'è motivo di dubitare della sua esperienza anche se, come dirò, non è la stessa che ho avuto io. A dire il vero anche Antonio (un esperto del settore che, nonostante le sue promesse, non mi è ancora riuscito di far scrivere sul forum) pur essendo un appassionato dei vini di Roagna, ritiene che in passato ci sia stato qualche problema nella gestione della cantina in termini di controllo della pulizia e possibili fonti di contaminazione. La mia esperienza è diversa e ne ho anche dato conto sul forum (vedi la mia descrizione dell'assaggio dei Chichet Paje 1998 e 1999 alla Nebbiolo Story del 2012 e del 2013). Inoltre ho fatto diversi altri assaggi dei vini di Roagna sia in cantina da loro che in numerose altre situazioni (l'ultima il 23 gennaio, sempre con Armando, del Crichet-Paje 2001) e ne ho sempre apprezzato la pulizia e la precisione. Quindi, pur accettando le esperienze che altri hanno avuto, diverse dalle mie e me ne dispiace, devo dire che non le posso confermare. A questo punto un breve cenno sulle vigne (anch'esso già proposto nelle mie note sulla degustazione di Marco del 2013). La vigna del Crichet-Paje che ho visto, con piante vecchissime e tenute con cura, è una delle meraviglie della Langa, fa onore al produttore ed a tutti gli amanti del Nebbiolo.
Prendo spunto da questo intervento di apa per ampliare la discussione sull’approccio alla degustazione e sulla comunicazione della stessa; avrei voluto metterci anche la descrizione del vigna rionda di Canale, che è molto pertinente con l’argomento, ma non mi riesce.
Per prima cosa sgombriamo subito il campo da un dubbio che io stesso avevo avanzato a suo tempo aprendo un altro 3ad: le ciliegie fresche non profumano di niente, con buona pace di vinogodi e dei suoi duroni di Vignola
. Questo è semplicemente un dato di fatto, quindi la nota di ciliegia fresca che spesso viene usata nella descrizione odorosa di un vino(la usiamo tutti, me compreso), non esiste; ci può stare in confettura, o sottospirito, ma non fresca. Quest’ultima può essere avvertita solo per via retronasale.
Ciliegie a parte, è da un po’ di tempo che rifletto sull’approccio alla degustazione di scuola AIS, o altre sigle(tanto penso che siano tutte più o meno uguali), in cui mi sembra che si riservi un’importanza esagerata non tanto all’esame olfattivo in quanto tale, quanto alla ricerca dei singoli descrittori, relegando la parte gustativa in un angolino. Questo fa parte secondo me, anche di un certo modo diffuso di comunicare il vino, in cui il degustatore professionista si trova costretto ad inventare descrittori improbabili e suggestivi per non sembrare scontato. Ve lo immaginate bere un Romanée-Conti e limitarsi a dire che ha un bel profumo di lampone e di violetta perché magari sono le uniche note che si distinguono per davvero? Ti leverebbero l’abilitazione e ti radierebbero dall’albo
.
Chi ha fatto l’esame da degustatore ufficiale, sa bene che in quel contesto, le note dell’analisi olfattiva si inventano di sana pianata, e poi si cerca di mantenere una certa dignitosa coerenza fino in fondo. Ammettiamolo, quanto volte ci siamo sentiti frustrati davanti ad un bicchiere di un vino importante perché non riuscivamo a distillare un numero “congruo” di descrittori?
Personalmente sto cercando di cambiare approccio, comincio ad essere interessato ad una degustazione un po’ più tecnica, diciamo da enologo, in cui si presta maggiore attenzione ad eventuali difetti, e a come si possono legare certe sensazioni olfattive e gustative all’agronomia e alla vinificazione. E poi mi piace dare più importanza all’aspetto affettivo della degustazione, esempio: “questo vino mi piace perché è rustico e autentico e mi ricorda il Chianti di una volta”.
Ps. Prima che qualcuno si offenda, tengo a precisare che credo sinceramente che non tutti i nasi siano uguali, quindi lungi da me voler sminuire la bravura ed il talento, però mi piacerebbe sapere anche i vostri pareri sull’argomento.