Messaggioda apa » 15 giu 2014 22:27
cerco di mantenere quanto avevo detto, in ritardo... innanzitutto, complimenti sinceri a Zel, la sua battuta mi ha strappato veramente un sorriso di divertimento. Prima di qualche riflessione sul rapporto tra analisi olfattiva e gustativa (lettura che sconsiglio vivamente a chi non è in vena di leggere elucubrazioni) parliamo di ciliege: "appurato che le ciliege non sanno di nulla" (cit. dal post "tempo di ciliege..." nella sezione abbinamento cibo/vino) ed affermato in precedenza anche in questo post; l'appuramento è stato effettuato da chi è partito (in perfetta buona fede ma a suo uso e consumo) dal criterio che le ciliege vanno annusate integre e non aperte o recise (come gli hanno fatto notare meglio di me Pippuz e Marco). Se le ciliege sono aperte, di qualcosa profumano (noto per inciso che nelle mie brevi descrizioni della sola analisi olfattiva di alcuni vini, comparivano i termini ciliegia acida che non è esattamente la stessa cosa della ciliegia, come, ad esempio, la panna acida non è esattamente la stessa cosa della panna) e, quindi, è disconfermato che annusando una ciliegia aperta non si percepisce nulla. Basta intendersi sui criteri di riferimento e le contrapposizioni ed i non accordi, spesso, vengono meno.
Vorrei raccogliere l'invito ad un ampliamento del discorso sconsigliando però (come sopra accennato) la lettura delle note che seguiranno a chi non si vuole annoiare troppo.
L'esame olfattivo è la parte più variabile nella valutazione del vino, su questo punto, mi sembra, ci sia un consenso generale. Per alcuni è anche la parte che fornisce le informazioni meno attendibili e quelle superficiali, altri (autorevoli esperti, riconosciuti come tali a livello internazionale, come ad esempio Jaquì Rigaux) propongono addirittura di trascurarla utilizzando altri parametri di valutazione. Se ci soffermiamo per un attimo su Rigaux (che ho avuto modo di conoscere recentemente e con il quale si è stabilito un rapporto di simpatia, tanto che ci rivedremo il mese prossimo; forse verrà anche Giancarlo a cui ho esteso l'invito, visto che nel forum ormai latita), nella sua proposta di revisione dei criteri di valutazione di un vino, l'esame olfattivo non viene eliminato, ma gli elementi aromatici essenziali da considerare sono quelli percepiti per via retro olfattiva. Pur non concordando pienamente con la metodologia di Rigaux, come tra poco dirò, per onestà intellettuale devo riconoscere che avendo degustato insieme a lui qualche vino, seguendo il suo metodo di degustazione "geosensoriale" (che riprende alcuni concetti degli antichi gourmet, i quali valutavano il vino e ne riconoscevano la provenienza con il "taste-vin", apprezzando gli aromi prevalentemente per via retro olfattiva), mi sono ritrovato in accordo con molti dei giudizi espressi da Jaquì. Quindi c'è stata una convergenza empirica sui giudizi, che è quella che più conta (da notare che la stessa concordanza non è stata registrata dal sodale del papero, yayo 85, anche lui presente in quell'occasione).
Detto questo, ancora qualche osservazione molto semplice sulla valutazione olfattiva di un vino: le informazioni e le sensazioni che fornisce il corredo aromatico di un vino vanno colte e valutate, mi sembrerebbe riduttivo non considerarle, anche se sono la parte forse più variabile e superficiale del processo valutativo. Variabile perchè esposta ad un insieme di fattori che ne possono influenzare le percezioni e le relative interpretazioni. Mai come per l'analisi olfattiva, le interpretazioni fanno registrare la più forte discordanza tra degustatori. La fase olfattiva, quindi, non può essere la parte della valutazione di un vino su cui può poggiare il giudizio complessivo sullo stesso. Le informazioni che l'analisi olfattiva fornisce, però, non sono facilmente eliminabili, se non a prezzo di una riduzione nella conoscenza di un vino. A questo proposito si possono anche citare le numerosissime documentazioni di degustazioni (svolte in più paesi, con degustatori, quindi, appartenenti a culture diverse) in cui gli esperti, assaggiando bottiglie coperte, hanno saputo riconoscere tipologia dei vini, produttore ed annata. Quì stiamo parlando di dare il giusto valore all'analisi olfattiva e questa operazione va di pari passo con un chiarimento del valore delle altre fasi della degustazione, sopratutto della fase gustativa. Chi intende circoscrivere o ridurre il peso dell'analisi olfattiva, potrebbe interrogarsi (con il grado di complessità ed approfondimento che considererà opportuno) su come conduce l'analisi gustativa di un vino e su quali categorie articola il suo giudizio. Su questo punto critico si è mosso coerentemente Rigaux riformulando le fasi e le categorie del processo valutativo del vino, in cui non solo ha ridimensionato l'apporto dell'analisi aromatica ma ha anche rivisto le categorie dell'analisi gustativa. Tale operazione, pur non essendo da me del tutto condivisa per i motivi che ho sopra, in parte, accennato, ha il vantaggio della coerenza logica e formale e si fonda su una grande e profonda conoscenza storica ed analitica della materia.
A questo punto mi fermo perchè ho già scritto troppo esaurendo la pazienza del lettore ed il poco tempo a disposizione; entrare anche nell'esame delle categorie dell'analisi gustativa non mi è ora possibile (e poi... a ben guardare, nella proposta di "ampliare" il discorso, c'era, forse, indicato implicitamente un altro punto su cui riflettere, i rapporti tra la fisiologia della percezione e la sua interpretazione cognitiva. Si tratta di un punto critico che potrebbe contribuire a dirimere i nodi teorici su soggettività/oggettività, ma anche questo tema porterebbe troppo lontano rispetto alla mia disponibilità attuale ed inoltre, come scriveva un francese tanti anni fa, "..lo avevo lasciato per i buongustai.")