Uffa! Con il poco tempo che ho a disposizione mi tocca stare qui a riscrivere concetti già ribaditi mille volte...
Non si capisce come mai queste critiche ai Percarlo (soprattutto quelli degli anni '90) vengono quasi sempre da coloro che li bevono raramente e senza nessuna preparazione delle bottiglie. Ribadisco una regola ideata da Kira molti anni or sono: per capire la grandezza del Percarlo (almeno fino al 2004, con l'eccezione del 2003), la bottiglia deve essere aperta da 12 a 24 ore prima della degustazione. Pensate che sia un limite? Avete ragione. Se giudicate negativamente questo vino, vendetemi le vostre bottiglie e bevetevi altro.
Se però mettete delle note sul più grande sangiovese da zone calde del chianti classico, abbiate l'umiltà di trattarlo nel modo adeguato alla sua peculiarità.
Dopo alcune ore dall'apertura il vino trova il punto di incrocio perfetto fra la fittezza del tannino, l'acidità e la massa glicerica, con la rotondità e la dolcezza del tannino stesso, oltre che con la sua caratteristica succosità minerale che sarebbe capace di far sbavare come un Boxer anche chi ha lingua felpata come Fantocci dopo un colloquio con il super-mega capo galattico.
È una questione di chimica: sono necessarie molte ore d'aria, meglio se centellinate con gradualità e pazienza, dopodiché il vino mette la sesta e lascia indietro tutti gli altri (compreso PT che dopo tutte quelle ore ha normalmente già dato il suo meglio).
Il 97 ha una finezza di tannino esemplare: se lo avete trovato scontroso o amarognolo, era semplicemente nella sua versione Mr. Hyde.
Nelle ultime annate, complice il cambiamento climatico, è cambiata la politica di affinamento ed il vino sta diventando di anno in anno più elegante già in tempi brevi e senza ossigenazioni prolungate.
Ora faccio una copia del post, così da poterlo solo incollare la prossima volta che leggerò le solite inesattezze su questo campione dell'Italia enologica.