Messaggioda Alberto Piede » 03 dic 2012 12:46
Qualche nota sui vini
Valpolicella Classico Superiore Campo Morar, Viviani - 2001
Subito un bel naso nitido di ciliegia sotto spirito, molto tipico, qualche spezia, lo metti in bocca e sorprende per la freschezza, l'acidità, le note agrumate di arancia sanguinella, sembra chiudere un po'velocemente, un altro sorso per verificare, un altro perchè è veramante buono e allora sì che chiude velocemente nel senso che il bicchiere è già vuoto. Da vigne in alta collina (sui 400m) ha nella freschezza e nella finezza le sue doti migliori, non molla di un centimetro col passare del tempo. Se non sbaglio è stato il primo Valpolicella ad essere premiato con i tre bicchieri.
IGT Rosso Veronese La Poja, Allegrini - 2000
Qui il registro è un altro, legno, tanto legno, troppo legno, la materia c'è, c'è la frutta surmatura, il cioccolato, ma manca la piacevolezza, il sorso è un po'difficoltoso, astringente. Il vino che mi è piaciuto meno della giornata. Non è un vino fatto male, ma al di là del gusto "internazionale" potrebbe essere un vino di qualsiasi parte del mondo, ed è paradossale per un'etichetta che fa della vigna La Poja (splendida tra l'altro, in cima alla Grola) e dell'uso della sola Corvina, un motivo di caratterizzazione territoriale e tipicità. Sorpassato
Valpolicella Classico Superiore, Quintarelli - 2000
Questo è un diesel (non turbo, solo diesel), parte piano, non particolarmente espressivo, un po'cupo su note surmature in bocca molto carico, un po'caldo per l'alcool. Ho sempre pensato che negli ultimi anni (dal 1997) questo vino fosse un po'troppo carico (il 1995 aveva 13.5%, il 2000 15% alcool), e non ho mai capito perchè mentre gli altri Valpolicella vengono bastonati per il troppo alcool, la troppa concentrazione (speso giustamente) Quintarelli avesse una specie di "lasciapassare" per cui nelle note risultava sempre mobile, sfaccettato, bevibilissimo etc.. Conoscendo la freschezza e bevibilità di Viviani Campo Morar 2001 ero pronto a prendermi una bella rivincita, ma quando ero lì per sentenziarne la disfatta, sto maledetto comicia una progressione "alla Bolt" davvero impressionante, il frutto surmaturo si fa più delineato, arrivano le spezie, le erbe aromatiche, rimane più strutturato di Viviani, ma anche più completo al sorso, e anche lui continua a crescere per tutta la giornata senza mai mollare. Diabolico
Purpureus, Cantine Ferri – 2007
Un intruso non facilmente confondibile col resto, ma avevo piacere a proporre un vino molto buono per ringraziare la generosità di Nicola Ferri. Marzio ha riconosciuto il Primitivo in poche snasate, e altri al tavolo avevano già bevuto il Purpureus con soddisfazione. Spiccata speziatura al naso, frutta matura, prugna, non si avverte nessun eccesso alcolico fastidioso, anzi il quadro complessivo è di bella freschezza ed il vino si beve senza fatica.
Amarone Classico, Bertani – 1995
Parte non pulitissimo al naso, un po’sfuocato. In bocca è un peso medio con una spiccata acidità a tratti anche scomposta che comunque gli dona grande facilità di beva. Nel tempo si pulisce e viene fuori un tratto fumè ed una spiccata mineralità scura, c’è anche la frutta surmatura, ma più in sottofondo, è un vino che gioca su piccole sfaccettaure. Rimane l’Amarone più tradizionale, con i suoi lati positivi e negativi, non cerca l’integrità del frutto la sfrontatezza, ma è lì sul filo dell’ossidazione su registri quasi “autunnali”, con questa mineralità e acidità che ti invitano a berne ancora e che ne fanno il migliore compagno per il cibo. Fascino retrò
Valpolicella Superiore, Dal Forno – 1995
Alla mattina lo stappo e mi attendo un esplosione di alcool, frutta, rovere.. invece niente, ne verso in un bicchiere, lo porto al naso.. zero, nulla eccetto qualche nota medicinale.. mi preparo al peggio, ma lascio comunque il vino nel bicchiere e la bottiglia leggermente scolma per qualche ora, senza riassaggiare fino alla degustazione. Qui ancora niente esplosioni, ma un bel profilo maturo, il legno ormai digerito lascia dei bei ricordi speziati, una nota vegetale che ho sempre trovato nel suo Amarone, nessun alcool disturbante, in bocca un acidità da paura, inattesa, lo bilancia perfettamente. La frutta surmatura si sente, il profilo è decisamente amaroneggiante, ma molto diverso da altre Valpolicella di Dal Forno che ho bevuto, molto più composto, più affascinante e con questa acidità rinfrescante davvero spiazzante, perché dal naso ti aspetteresti un vino un po’morbido, rotondo ed invece sono sferzate sulla lingua. Credo che nel 1995 Dal Forno fosse ancora in una fase di “sperimentazione”, fatto normale per un produttore sempre alla ricerca maniacale della perfezione e del raggiungimento del suo ideale di vino. Forse questo 1995 non rappresenta questo ideale, ma oggi è un gran bel vino.
Amarone Classico, Quintarelli – 2003
L’abbiamo presa alla larga, ma alla fine si arriva alla sfida “clou” della giornata, come sarà questa nuova uscita di Quintarelli? Basta avvicinare il naso al bicchiere: intenso, sfacciato, disponibile, note di frutta surmatura, sembra di assaggiare l’uva dal fruttaio, cenni floreali, spezie, in bocca è un nettare, non c’è niente fuori posto, nessun eccesso, nessuna mancanza, un’apparente semplicità che nasconde un equilibrio davvero perfetto. Non ha la profondità del 2000? Forse, ma chissenefrega, è talmente buono! Mi impressiona la facilità di beva, la suadenza, poco cerebrale e molto carnale, lo bevo e me lo godo, ma proprio tanto.
Amarone Classico Riserva La Mattonara, Zymè – 2001
Il naso è molto intenso, il rovere la fa un po’da padrone, ma ci sono anche spezie, e una ciliegia surmatura ad arricchire il quadro, la bocca è monumentale, concentrata, dalla straordinaria intensità, la percezione è ce ci sia un pochino più di dolcezza, ma il tutto è sorretto da un’acidità che riesce a mantenere tutto in perfetto equilibrio, vino di una lunghezza incredibile, ricchissimo, ma mai stancante, di straordinaria fattura. Ad oggi il vino risulta ancora un po’compresso, non così sfrontatamente disponibile come Quintarelli, inoltre la nota del rovere ad oggi è un po’invadente, ma non ho dubbi che verrà digerita da tutta quella straordinaria materia. La magia dell’amarone risiede proprio nel riuscire a dare equilibrio ad un vino che è a fondo scala in tanti parametri, ed è la straordinaria difficoltà dell’appassimento che solo i migliori produttori riescono a maneggiare con destrezza e Celestino Gaspari è sicuramente uno di questi eccezionali artigiani.
In teoria la bevuta si doveva concludere con i due “sfidanti” poi Marwine si è lamentato che voleva più amarone e onestamente dopo la doppia batosta calcistica non me la sono sentita di dargli un’ulteriore delusione, così ho aggiunto un paio di bottiglie che potessero in qualche modo riuscire nel difficile compito di confrontarsi con i due big
Amarone Classico, Monte dei Ragni – 2006
Il mondo del vino è bello perché non finisce mai di sorprenderti, come questo Amarone, lo stappi e non sembra neanche amarone: fiori, frutta in un quadro di straordinaria freschezza, una leggera nota animale.. mai sentito niente di simile. Col tempo si distende ulteriormente, un vortice che ti rapisce, ancora fiori, frutta, spezie, per fare un paragone mi ricorda Rayas più che un amarone, non c’entra niente con i suoi predecessori, ma è bello, originale e bellissimo. In bocca è strutturato, ma freschissimo, secchissimo, di grande piacevolezza ed equilibrio, alla cieca non sarei mai riuscito a collocarlo in Valpolicella. Lascia tutti di stucco.
Amarone Classico Casa dei Bepi, Viviani – 2001
Viviani è uno dei miei produttori preferiti (si era capito?) e questo vino si conferma una bella riuscita: naso intenso, fruttato, ciliegia sotto spirito, note di uva passa. Il quadro olfattivo sembra un po’stanco se confrontato con i precedenti, ma anche questo si distende e migliora col passare dei minuti. In bocca è scalpitante, strutturato, di peso ma non stancante, più scuro, più “maschio” anche lui connotato da un bell’equilibrio.
Recioto Classico S.Ulderico, Monte dall’ora – 2007
Chiudiamo in bellezza con un recioto, tutto giocato sulla freschezza, senza ricercare concentrazione e impatto a tutti i costi. Ne guadagna la piacevolezza di beva, di polpa ce n’è comunque tanta, tanto frutto surmaturo, una nota pepata, dolcezza perfettamente misurata e anche un fine tannino, cosa vuoi di più? La complessità arriverà col tempo, il Recioto fatto bene come questo si giova come pochi vini dell’invecchiamento, oggi è più immediatamente godibile, e con la pasta frolla della Lessinia è matrimonio d’amore. Domani potrà arrivare ad accompagnare anche piatti come una bel salmì di lepre (io ho provato qualche anno fa con un Pal Sun 1997 di Villa Monteleone e ho goduto parecchio).
un bel piatt de busecca con dent i borlott
un oss buss cont intorna el risott
un litrott de quel bon cont'on bel minestron
fan content ogni milaneson