Patatasd ha scritto:flavio ha scritto:Siamo d’accordo che il concetto di Cru è legato al terroir ma qual’è il parametro per definire che un terroir sia Cru ed un altro no?
A parte che posta così la domanda ha poco senso, cerco di interpretarla in qualcosa tipo: "qual’è il parametro per definire che un terroir sia Grand Cru ed un altro no?"
In questo caso si potrebbe parlare all'infinito su quali parametri usare.
Possiamo solo vedere gli esempi francesi, come a Champagne che hanno usato il prezzo di acquisto dell'uva di quella zona (Attenzione, al prezzo dell'uva e non al prezzo del vino che ne deriva) a Borgogna sono stati delimitati dai monaci cistercensi nel medio evo e classificati nel secolo scorso in base alla qualità (quindi soggettiva) dei vini che se ne produce e alle caratteristiche dei climat, esposizione favorevole, pendenza, terreno etc.
Bordeaux invece come detto era appunto legato agli Chateaux e non al terreno in se, una cosa più simile a quel che dici te.
Da ciò capiamo che ogni zona di Francia ha il suo criterio più o meno simile per stabilire un livello qualitativo, e la cosa funziona perché? Perché ogni criterio é circoscritto ad una regione omogenea per cultura/tradizione, uvaggi usati e vini prodotti, non si sognerebbe mai nessuno di mettere tutte le regioni allo stesso livello in una scala qualitativa (Se non le varie riviste con le loro classifiche, ma questa é un'altra storia).
Quindi se vogliamo facciamo una classificazione dei cru di Barolo e Barbaresco, e qualcuno ci ha già pensato facendo un lavoro secondo me serio:
http://www.intravino.com/primo-piano/le ... snaghetti/Facciamone una di Montalcino, una del Chianti, della Valpolicella (Così si risolve il problema dei vigneti in pianura) e così via... Ma usiamo parametri seri e non solo il prezzo all'asta
flavio ha scritto:Noi abbiamo utilizzato il prezzo pagato sul mercato secondario(che non è solo quello Asiatico) quale metro di giudizio oggettivo per indicare a quale terroir,
che è sottostante a ciascuna etichetta (come nel caso di Bordeaux), il pubblico riconosce lo status di Grand Cru.
Per me il prezzo che il pubblico riconosce ha lo stesso valore di un televoto, cioé 0... Tanto vale allora chiedere a Parker, Suckling e compagnia bella di farla direttamente loro la classificazione visto che i prezzi, specie in certi mercati, sono sempre molto legati agli umori di questa gente piuttosto che ad una qualità intrinseca del terreno/vino.
flavio ha scritto:Tu quale metro di giudizio utilizzeresti, tenendo presente che il “gusto” è soggettivo?
La classificazione per me deve essere fatta da un pool di persone che hanno competenze in materia come agronomi, geologi, storici, enologi, produttori, critici e così via... tenendo in considerazione i climat e quindi l'esposizione, il terreno e anche la storia, se da un cru si produce vino da centinaia d'anni e un'altro é stato impiantato l'altro ieri non possono essere messi a pari livello, e volendo ci può stare anche il prezzo che viene riconosciuto ma come parametro pesato non come scala unica.
Poi per carità in zone come bolgheri meno legate al vigneto e basata su blend di uvaggi diversi che richiedono terreni diversi ci può anche stare una classificazione diversa più simile a bordeaux se si vuole, ma solo circoscritta a quest'area.
flavio ha scritto:riterresti più affidabile una commissione interministeriale di saggi per
redigere una Classificazione dei Grand Cru d’Italia? Oppure l’autocandidatura delle aziende come nel caso
del Comitato
http://www.grandicruditalia.com ?
Di certo non mi fiderei di un'azienda il cui core business é la vendita di vini, alla fine voi stabilite che i vini che vendete di più e meglio sono i migliori... non mi sembrate certo i paladini che salveranno il vino Italiano.
Per non parlare del sito che citi te in cui trovi gente come Zonin che ha 2000ha di vigne sparse per l'Italia... é un pò ridicolo che gente del genere venga a parlare di Grand Cru secondo me.
Se si vuole una classificazione ufficiale per forza di cose ci vuole una commissione interministeriale, non dico che sia la soluzione migliore per carità, anzi, ma visto che l'Italia é una democrazia se si vuole un qualcosa di ufficiale é l'unica strada percorribile.
Se si vuole invece un qualcosa di ufficioso (e quindi non menzionabile in etichetta) allora preferisco affidarmi a gruppi che dimostrino una certa competenza che si basino su criteri eterogenei, e che non dimostrino un chiaro conflitto di interessi nell'effettuare questa valutazione, come ad esempio il lavoro fatto dai ragazzi di Enogea.
Caro Patatasd,
scusa per il ritardo nella risposta ma mi è appena nata una figlia e come puoi immaginare sono abbastanza preso
Intanto grazie per il tuo post, completo ed approfondito.
Teniamo però a ribadire che avere una Classificazione Ufficiale dei Grand Cru d’Italia, a nostro avviso,
è una necessità impellente per promuovere i nostri vini nel mondo e per competere con i Francesi.
Oggi, promuovere i nostri vini all’estero è indispensabile alla sopravvivenza del settore visto che
il mercato che si prospetta per i prossimi anni sarà sempre più dipendente dall’export.
In questo senso, anche in considerazione dei dazi che molti paesi applicano perchè
il vino “quotidiano” se lo vogliono produrre da soli – oggi rispetto a pochi anni fa
si produce vino quasi ovunque nel mondo: dal Brasile alla Cina per capirci –
pertanto solo gli “Icon Wine” possono fare breccia in quei mercati dove
il vino non è un alimento quotidiano, ma un lusso per i più, e dove manca
quella cultura del vino che anche noi speriamo possa globalizzarsi presto.
Ma oggi solo gli “Icon Wine” assieme all’alta moda, ai gioielli, alle auto
ed in generale ai prodotti del lusso possono essere gli strumenti per far
conoscere e far “innamorare” dell’Italia popolazioni lontane che del
nostro paese non sanno quasi nulla, ma che sognano “La Dolce Vita”
mentre non sono affatto interessati alla nostra storia ed alla cultura...
E’ gente che ha lavorato fino a ieri a testa bassa e che oggi si vuole
godere le cose semplici della vita e mostrare la propria ascesa sociale
ed è a loro che dobbiamo parlare. A quelli che stanno all’asilo, rispetto
al vino, e non a chi come te ha già fatto l’università e dispone degli
strumenti per orientarsi da solo.
A questo tipo di pubblico servono poche informazioni e chiare, il tuo
suggerimento di classificare ogni zona, peraltro con criteri diversi
va nella direzione opposta, duplicando le attuali denominazioni.
Quanto alla tua critica sul prezzo quale metro di giudizio: non è assolutamente convincente quando tu
stesso confermi che il prezzo determina la qualità nello Champagne (anche se si tratta del prezzo delle
uve) e che la Classificazione di Bordeaux è stata basata proprio sul prezzo. La Borgogna fa storia a sè
ma appunto è una storia millenaria documentata, che non ci si può inventare dall’oggi al domani.
La classificazione di Bordeaux invece è l’esempio calzante perchè anche un Imperatore
– Napoleone III – sapendo di non poter mettere d’accordo i diversi attori deputati a
valutare quali vini fossero Grand Cru, ma cosciente dell’importanza di classificare i
Bordeuaux, che ricordiamo erano destinati principalmente al mercato inglese, quindi
all’export, decise di classificarli in base al prezzo pagato proprio nel principale
mercato ovvero l’Inghilterra.
Anche se vado un po’ OT vorrei ricordare che sono stati aspetti commerciali a trasformare la
produzione del vino come la conosciamo oggi, a partire dall’uso delle barriques che sono nate
per trasportare i bordeaux dalla Francia all’Inghilterra dove venivano imbottigliati e che solo
in un secondo tempo ci si rese conto degli effetti positivi delle barriques sull’invecchiamento...
quindi sarei molto cauto a svilire il lato commerciale, compreso il prezzo, nel mondo-vino.
D’altra parte sembra che la nostra classificazione rispecchi i gusti anche
qui sul forum, certamente con alcune eccezioni, ovviamente non è
pensabile che una lista di 30 o anche 50 etichette possa mettere
d’accordo tutti, ma prendendo ad esempio i primi 3 classificati:
Brunello Riserva Biondi Santi
Masseto
Monfortino
l’analisi dei prezzi ha messo sul podio i 3 vini simbolo delle
3 denominazioni italiane più apprezzate dai più e questo
a nostro avviso è una conferma importante che il metodo
è corretto, anche se ovviamente tutto è perfettibile.
Dal punto di vista semantico, forse sarebbe stato più “esatto” chiamarla:
Classificazione degli Icon Wine d’Italia, ma visto che l’obiettivo è la
promozione, il termine Grand Cru fa sicuramente più presa.
In merito ai punteggi delle guide: Parker, Tanzer, Suckling a meno di non
voler immaginare l’esistenza di una Spectre del vino va riconosciuto che
le critiche, in particolare di questi tre, raramente si discostano molto
l’una dall’altra e pertanto una certa attendibilità gli va riconosciuta.
D’altra parte non è che tutti gli appassionati possono degustare
tutti i vini che escono ogni anno, per cui mi sembra lecito che il
pubblico, che magari ha anche altro da fare nella vita, si
affidi ai loro giudizi per la scelta di un vino.
In conclusione ci spiace che tu sollevi la questione di un presunto conflitto di interessi da parte nostra
quando ci siamo limitati ad analizzare il nostro database di aggiudicazioni d’asta che siamo pronti a
mettere a disposizione delle autorità qualora servisse a contribuire alla creazione di una
classificazione Ufficiale dei Grand Cru d’Italia. E speriamo sinceramente che tu e chi oggi
la pensa come te, si renda conto che SE: “La classificazione (...) deve essere fatta da un
pool di persone che hanno competenze in materia come agronomi, geologi, storici, enologi,
produttori, critici e così via...” L’Italia non avrà MAI una Classificazione Ufficiale.
E’ un sogno impossibile nell’Italia di oggi, come lo era nella Francia del 1855
dove comunque basando la classificazione sul prezzo è stata fatta una scelta
più democratica di quella che suggerisci tu, che definirei “oligarchica”
Saluti
Flavio