marcolandia ha scritto:il chiaro ha scritto:davidef ha scritto:pippuz ha scritto:Eh già, poi pare ci sia una lieve differenza tra i costi di gestione di un ristorante a Milano e uno a Selvazzano Dentro.
me li indichi nel dettaglio i costi differenti ?
Affitto a parte ?...perché poi anche il volume di lavoro è diverso. ...
Davide, la differenza vera la fa l'affitto: a Selvazzano Dentro 100 mq si portano via con 30000 euro all'anno, a Milano 150000 può essere che non bastino. E con 100 mq a Milano, se fai una ristorazione di qualità media, ovvero a cena non giri i tavoli e a pranzo neanche, fai gli stessi coperti che a Selvazzano Dentro.
Ma anche se fai più coperti non è che riesci a farne 5 volte tanti. Non solo, fare tanti coperti significa anche avere più personale.
I veri costi di un ristorante sono i costi fissi, non le materie prime.
Bravo Marco, hai capito tutto. Inoltre una cena in una cucina media a Milano costa (vino escluso) 40-45€ a testa.
A Selvazzano Dentro costa 40-45€ a testa. Perché alla favola del "mangio in campagna, da dio, e non spendo un cazzo" non ci crede più nessuno veramente. nebbiolino ha scritto:Ragazzi, la differenza vera la fanno i costi del personale.
Anche. Poi ripeto, se il ristorante a Selvazzano ha i muri di proprietà e fa il 99.9% dell'incasso in nero OVVIAMENTE gli è più facile essere competitivo rispetto a un locale a Milano.
premessa, per la parte evidenziata, solo per amore di precisione...ti posso assicurare che i prezzi praticati nella ristorazione "nella mia campagna" sono più a buon mercato di quelli praticati nella tua metropoli, ballano sulla cena che citi buoni 8-10 €, quando sono a Milano mangio discretamente maluccio spendendo quello che citi e sicuramente meno di quello che a pari spesa consumo in provincia di Treviso, di Padova, di Vucenza, di Verona...e di Selvazzano Dentro (che tra l'altro vede Le Calandre dall'altra parte della strada

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per quanto riguarda il concetto cardine invece capisco le vostre proporzioni solo nella misura che sono finalizzate a portare acqua alla sponda desiderata, sono conscio che un affitto a Milano è più alto di un affitto a Selvazzano Dentro, o meglio a MIlano centro è più alto, poi spostiamoci un filo e ragioniamoci meglio, ma detto ciò non è nemmeno spostato enlla proporzione 1:5 indicata dal Chiaro, inoltre altro aspetto non secondario proprio per i costi di affitto elevato nel Milanese i locali hanno una superficie nettamente minore di quelli presenti nelle zone periferiche e quindi la proporzione si abbassa ancora...io stimo che alla fine dei conti tra zona abbastanza centrale di Milano (non Cracco Peck ovviamente) e zona periferica giusta di altre città interessanti la proporzione sia di 1:2 o 1:2,5
questa differenza di costo è sostanzialmente la sola voce differente, il personale costa uguale, le materie prime pure, i costi collegati all'attività idem, la pressione fiscale pure....però, e non è un aspetto secondario, un ristorante nel famoso centro di MIlano ha probabilmente un giro di lavoro più ampio e continuo del ristorante periferico dove si fanno 2 serate buone, una forse da accontentarsi e 3 che ci si guarda negli occhi, quindi alla fine dei conti tante disparità non credo ci siano, mi dispiace ma finche non me lo dimostrate conti alla mano non credo molto a sproporzioni vistose
provo comunque a spiegare la mia visione già sapendo che sarà bollata con sorrisini ma tant'è...proviamoci

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nel contesto, fissati comunque i costi di attività, tutti, si comincia a ragionare di budget minimo per rientrare dai costi e si cominciano ad impostare i margini relativi spalmandoli sulle varie voci di potenziale reddito, dalle voci fisse più o meno occulte ed imposte (copero, pane, acqua, caffè, servizio ecc.ecc.)
una attività quindi avendo noti i suoi costi si porrà un obbiettivo di fatturato per sopravvivere ed uno per guadagnare, ritengo che la parte principe del fatturato dovrebbe essere comunque il focus dell'attività, ovvero preparare e vendere cibo dove si comperano materie prima, si trasformano, ci si mette il proprio saper fare e si offre un prodotto completo (ne più ne meno quello che si fa con un pezzo di ferro in altri ambienti), su questo ramo dell'attività si può fare la differenza e creare profitto grazie alla propria capacità di essere diversi o superiori ad altri, quà c'è l'essenza del ristorante
la voce vino è un accompagnamento del cibo, è un prodotto che non subisce trasformazione, è un prodotto non indispendabile, ha oggi limitati costi di stoccaggio, facilità di reperimento ed agevolazioni sui pagamenti; è giusto vedere questa voce come una fonte di reddito ma non è il focus dell'attività, è un servizio aggiunto e come tale secondo me va parametrizzato nella creazione di un budget di arrivo finale
ritengo abbastanza logico pensare che in una cena di due portate, un primo ed un secondo piatto (dove c'è lavoro fisico, costo delle materie, costo di lavorazione, costo energetico, costo di gestione per la preperazione) debbano avere più margine lordo di una bottiglia di vino da 12€ portata a 30€ dove il solo sforzo è stata tirarla fuori da un cartone e stapparla/servirla...se fossi un cuoco per lo meno troverei più logico che fosse il mio lavoro la voce che genera più ricarico perchè è la voce che rende unico il ristorante
al contempo la voce vino può diventare fonte di reddito giocando sulla quantità servita durante la cena e quà scatta il corretto proporzionamento dei costi, se un vino viene offerta ad una cifra adeguata sicuramente il cliente è portato all'acquisto più liberamente, all'abbinare vini diversi alla cena, al concumare maggiormente, ecco che a questo punto nel mio guadagno lordo la voce vino che vede un ricarico inferiore vedrà portare un incremento della sua quota di giro affari e compessivamente un ricavo lordo maggiore per i maggiori numeri spostati rispetto alla vendita striminzita e forzosa di poche bottiglie a ricarico elevato...inoltre il cliente è contento e parametrizza la sua cena in modo più amichevole perchè su un bene comunque ad altre parti (la bottiglia di vino che viene servita su molti ristoranti) ha un indice chiaro della convenienza del ristorante anche se magari sui piatti ci sono i 2-3 € in più, ritorna più spesso e consuma più liberamente senza che la cena abbia un retrogusto fastidioso ad ogni sorsata di vino e senza doversi far durare la bottiglia all'infinito per non dover affrontare un'altra lettura della carta vini
se mi guardo in giro i ristoranti che adottano questa formulazione dei ricarichi stanno lavorando, quelli che viaggiano con il ricarico spalmato a pioggia e con l'idea che il vino serve a far guadagno soffrono e tanto pure....magari svecchiare un pochino certi concetti di gestione economica, fare una piccola analisi di dove si vuole andare a parare e riparametrizzare il tutto può portare ad una offerta globale più appetibile e forse anche più reddizia anche se impostata con una visione diversa...provate per lo meno a pensarci, poi se son cazzate ognuno resta del suo parere
il focus, lo ricordo, era se per far marciare una attività sia indispendabile ricaricare una bottiglia di vino del 170% oltre il costo di acquisto e se questo ricarico dia la sensazione di produrre un prezzo giusto al tavolo, io ritengo che una analisi seria di un bilancio (fiscale, reale, non ipotetico) può dare letture su alcune voci rimodulabili...basta leggerlo con un occhio imprenditoriale meno statico
p.s., è un ragionamento da campagnolo e non da metropolitano, ma io il bilancio della mia piccola attività lo analizzo trimestralmente con il commercialista, a volte gli evidenzio spunti, idee e correzioni e sopratutto lo considero attivo nella sua formulazione, da ventanni (1993 anno di apertura della mia attività) seppure il settore non sia facile non ho mai chiuso un esercizio in perdita