Miiiiii... ho dimenticato di postare la foto.... mo' rivo... (ero convinto che finiti i bianchi, finito tutto

samuyahu ha scritto:Rossese Galeae 2012 Ka' Mancinè: una apparente maggiore apertura e godibilità olfattiva non deve metter fretta: è un vino tutto da aspettare, aromaticamente in fasce e tattilmente, in bocca, carismatico come pochi.
Il naso è portato avanti dal fiato alcolico che ancora spinge vigoroso, e veicola sentori di frutti rossi molto maturi, abbondanti, e rosolio, rosmarino, salgemma, canniccio, un accenno fungino, una profonda stratificazione difficile da capire in questo momento, con una nota agrumata presente in sordina che guadagna peso con la lunga sosta nel bicchiere. Bocca con attacco dal bell'equilibrio e che scorre rapida verso un centro nel quale si ferma, si amplifica, prende la carica, e, nonostante il calore non indifferente, si fa sentire in ogni suo lato aderendo perfettamente al cavo orale, amplificando il frutto, gli echi balsamici, il tannino, la spezia, e lo scroscio inesausto di sale che accompagna la lunghissima persistenza. Per come si presenta ora, si sarebbe desiderato solo un briciolo di quota acida in più nel finale, ma è certo che questo calore è soprattutto giovanile, accentuato dall'imbottigliamento certamente recente, e dalla solforosa ancora molto libera, come accade anche nel vino precedente: questione di aspettare ancora un poco e far riposare i vini. Una cosa è certa: la bocca ha nel finale un passo serio, importante, inusitato per un vino in genere percepito come 'semplice e beverino' da chi non conosce la capacità del Rossese di esprimersi perfettamente come ragazza al primo appuntamento, signora in abito da sera, donna misteriosa e/o compagna per una vita. Pochi vini possono essere tutto questo con la stessa capacità di riuscire ugualmente autentici.
Il confronto con i 2010: appena aperti, a casa, Beragna e Galeae 2010 si sono presentati impressionanti per finezza olfattiva: nessuna nota di riduzione, assolutamente aperti. Messi in frigo, portati al ristorante, versati a un certo punto della serata, erano entrambi divenuti puro fungo, quasi in una apparente ossidazione; ma chi conosce anche poco le evoluzioni del Rossese non si spaventa: girando i calici per qualche minuto, e attendendo ancora, ecco riaprirsi il ventaglio olfattivo, ecco emergere il mare su tutto con i frutti e le note diverse dei due vini, dei due vigneti voglio dire, con le bocche che confermano la grazia esemplare dell'annata. Galeae 2010 ha un finale di bocca da brividi reiterati. A chi si sia fermato alle riduzioni di due anni fa o dell'anno scorso, e non li ha apprezzati, va il mio sorriso sadico e compiaciuto: peggio per voi, io ne ho la cantina stipata, grazie a Dio.
Kalosartipos ha scritto:- LEFLAIVE ottimo, ma con note piriche latitanti....
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videodrome ha scritto:Kalosartipos ha scritto:- LEFLAIVE ottimo, ma con note piriche latitanti....
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Perchè le note piriche sarebbero un migliorativo al naso??
videodrome ha scritto:Kalosartipos ha scritto:- LEFLAIVE ottimo, ma con note piriche latitanti....
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Perchè le note piriche sarebbero un migliorativo al naso??
zampaflex ha scritto:samuyahu ha scritto:Rossese Galeae 2012 Ka' Mancinè: una apparente maggiore apertura e godibilità olfattiva non deve metter fretta: è un vino tutto da aspettare, aromaticamente in fasce e tattilmente, in bocca, carismatico come pochi.
Il naso è portato avanti dal fiato alcolico che ancora spinge vigoroso, e veicola sentori di frutti rossi molto maturi, abbondanti, e rosolio, rosmarino, salgemma, canniccio, un accenno fungino, una profonda stratificazione difficile da capire in questo momento, con una nota agrumata presente in sordina che guadagna peso con la lunga sosta nel bicchiere. Bocca con attacco dal bell'equilibrio e che scorre rapida verso un centro nel quale si ferma, si amplifica, prende la carica, e, nonostante il calore non indifferente, si fa sentire in ogni suo lato aderendo perfettamente al cavo orale, amplificando il frutto, gli echi balsamici, il tannino, la spezia, e lo scroscio inesausto di sale che accompagna la lunghissima persistenza. Per come si presenta ora, si sarebbe desiderato solo un briciolo di quota acida in più nel finale, ma è certo che questo calore è soprattutto giovanile, accentuato dall'imbottigliamento certamente recente, e dalla solforosa ancora molto libera, come accade anche nel vino precedente: questione di aspettare ancora un poco e far riposare i vini. Una cosa è certa: la bocca ha nel finale un passo serio, importante, inusitato per un vino in genere percepito come 'semplice e beverino' da chi non conosce la capacità del Rossese di esprimersi perfettamente come ragazza al primo appuntamento, signora in abito da sera, donna misteriosa e/o compagna per una vita. Pochi vini possono essere tutto questo con la stessa capacità di riuscire ugualmente autentici.
Il confronto con i 2010: appena aperti, a casa, Beragna e Galeae 2010 si sono presentati impressionanti per finezza olfattiva: nessuna nota di riduzione, assolutamente aperti. Messi in frigo, portati al ristorante, versati a un certo punto della serata, erano entrambi divenuti puro fungo, quasi in una apparente ossidazione; ma chi conosce anche poco le evoluzioni del Rossese non si spaventa: girando i calici per qualche minuto, e attendendo ancora, ecco riaprirsi il ventaglio olfattivo, ecco emergere il mare su tutto con i frutti e le note diverse dei due vini, dei due vigneti voglio dire, con le bocche che confermano la grazia esemplare dell'annata. Galeae 2010 ha un finale di bocca da brividi reiterati. A chi si sia fermato alle riduzioni di due anni fa o dell'anno scorso, e non li ha apprezzati, va il mio sorriso sadico e compiaciuto: peggio per voi, io ne ho la cantina stipata, grazie a Dio.
Galeae 2010 bevuto a gennaio 2012 mi era piaciuto parecchio, in effetti ne avrei volentieri messo in cantina un po', se avessi avuto posto. Peraltro è, ditemi se mi sbaglio, il più muscolare e concentrato dei Rossese, n'est-ce pas?
videodrome ha scritto:La descrizione dei vini, molto coinvolgente, invoglia molto all'acquisto di questi rossese 2012, peccato che quando ho aperto qualche 2010 non ho trovato tutto questo popò di sensazioni, forse erano ancora in chiusura? Dai tuoi giudizi sembrano tutti vini over 90 punti...
hansen ha scritto:
paperofranco ha scritto:Bandol 1990 Chateau de Pibarnon.
Sarà che in questi giorni mi sto leggendo la trilogia marsigliese di Jean Claude Izzo
paperofranco ha scritto:Ieri pomeriggio, una merenda da un vecchio amico, dove era più importante quello che avevamo da dirci, quindi non ho prestato una concentrazione particolare ai vini. Comunque.
Champagne extra-brut Jacquesson 736.
Vado a memoria, non avendo la bottiglia davanti mentre scrivo: 53 CH, 29 PN, 18 PM; dosage 1,5 gr/l.
Poca panetteria e tanto agrume(limone) al naso; freschezza agrumata a caratterizzare anche il sorso, con adeguato sostegno salino. Buoni l’equilibrio complessivo e la tensione gustativa, nella mia memoria più verticale dei due numeri precedenti e secondo me con più prospettiva.
Ad oggi, davvero un ottimo aperitivo.
Bourgogne rouge 1999 Leroy.
Chapeau, trattandosi di un “bourgogne” di 14 anni. Terziari da pinot nero, con fieno falciato e sentori animali non troppo forti su un leggero tono fumé, ma anche fiori secchi ed un accenno mentolato. Elegantino e morbido in bocca, dove avrei voluto un po’ più di frutto e un pochina più di acidità. Secondo me sarebbe stato meglio da giovane.
Ripeto, tanto di cappello per quello che è forse il miglior “bourgogne” in circolazione, una quarta categoria con quasi quindici anni che si presenta con integrità invidiabile. Detto questo, a mio modesto parere, non si va in Borgogna per questi vini e non è per questi vini che ci si innamora della Borgogna.
Lascio la parola a rotellone, se vuole.
paperofranco ha scritto:Bandol 1990 Chateau de Pibarnon.
Sarà che in questi giorni mi sto leggendo la trilogia marsigliese di Jean Claude Izzo, dove il buon mangiare e il buon bere, insieme alle belle donne e al blues, accompagnano il racconto; e spesso, il vino è un Bandol, dei tre colori. Sarà per questo e perché non avevo mai bevuto un Bandol, ma ero davvero molto curioso.
Si presenta perfettamente integro, già dal colore, un granato trasparente con riflesso aranciato, vivo, senza tracce di opacità. Terziarizzazione elegante su note fumé, da Bordeaux maturo, liquirizia, ed una certa austera terrosità che richiama la Langa, ma il tartufo non è il bianco di Alba, piuttosto il nero pregiato di Norcia o del Perigord, come preferite. Bocca pregevole per setosità e gradevole asciuttezza, con quel calore alcolico contenuto che rimanda ancora una volta ai vecchi Bordeaux, perfettamente corrispondente con il naso; un fine cesello di sali minerali nobilita il finale da vino di classe.
Gran bella boccia, superiore alle mie aspettative. Grazie Claudio.
diamonddave ha scritto:Barolo Cannubi Boschis 2003 - Sandrone![]()
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Ha retto benissimo il confronto con il Sassicaia. Un naso che non avrei detto di barolo (è il mio primo barolo di Sandrone) molto giocato sulla frutta, molto molto gradevole, quasi ruffiano. Qui mi aiuteranno i barolisti del forum a capire se è caratteristica del Cannubi Boschis o di Sandrone fare dei baroli così piacevoli, tanto che azzardo un attimo nel definire “meno cerebrali” di altri. Ad esempio se avessi avuto un Cascina Francia la differenza con il Sassicaia sarebbe stata assolutamente netta, inconfondibili. Invece il Sandrone mi ha sorpreso per la piacevolezza immediata, quasi da “bordolese”.
...gran bevuta; le sintesi descrittive , tra l'altro, mi sono sufficientemente esaustive. Solo un dato "di curiosità" : in quanti eravate?Ludi ha scritto:Approfittando della presenza di tanti amici appassionati, questo weekend si è bevuto bene....
N. Feuillatte, Palmes d'Or 1998: buono anche se non esaltante; molto cremoso, minerale, classico nell'impostazione.
Chapoutier, de l'Orée 1996: da magnum, vino straordinario. Grasso, intensissimo, di una sapidità imbarazzante, eppure mai scomposto ma sempre giocato sul filo di una esuberante eleganza. Siamo rimasti con il naso incolato al bicchiere senza avere il coraggio di separarcene, pur essendo solo all'inizio della degustazione.
Joly, Coulée de Serrant 1995: versione decisamente ossidativa, sin dal colore mogano chiaro. Al naso sembrava uno sherry, mentre in bocca le note assolutamente salate ed i sentori di erbe amaricanti gli davano un certo carattere. Non giudicabile.
Biondi Santi, BdM Riserva 1982: che dire? E' un vino che aperto due-tre anni fà sarebbe stato decisamente troppo giovane, ma che ora inizia impetuosamente ad offrirsi. Incredibile l'integrità fruttata al naso, incredibili la freschezza ed i tannini in bocca. Vino assoluto, inimitabile.
Borgogno, Barolo Riserva 1961: piccolo miracolo di integrità ed attaccamento alla vita. Non è un giovincello come il BS, ma dietro le note decisamente terziarizzate di tabacco, goudron, incenso e cera d'api si travedono struggenti richiami di ciliegia matura e rosa. BS vino della testa, questo vino del cuore.
Da Silva, Dalva Porto Colheita 1966: un carattere inimitabile, una freschezza indomita e un frutto croccante e maturo. Grande Porto.
Guy de Forez, Champagne Rosé Les Riceys NV: piuttosto buono per un rosé, elegante e mai sfacciatamente giocato sul frutto.
Chateau de Fonplegade, Fleur de Fonplegade Rosé 2012: prima annata prodotta di questo rosé. Ci è molto piaciuto, aveva carattere, personalità ed era giocato più sulle note austere delle erbe che sul frutto.
Valentini, Cerasuolo d'Abruzzo 2007: straordinario, come sempre, il naso di carne arrosto, erbe officinali, sottobosco e sentori animali. In bocca, però, è una mezza delusione per la troppo evidente nota alcolica (15°) che lo rende un filo scomposto.
Sine Qua Non, The Pontiff 2008: e questo sarebbe un rosé? Il colore è un rubino chiaro ma intenso, le note sono decisamente da vino rosso, ricordano molto la Borgogna anche se le caratteristiche speziature del syrah non faticano ad emergere. Al contrario del precedente, l'alcol (15.7°) non si sente affatto, e nell'insieme l'assaggio risulta spiazzante ed esaltante al tempo stesso. Forse il miglior rasato mai bevuto.
Bellavista, Franciacorta Cuvée NV: la Franciacorta con tutti i suoi limiti. Per carità, non è cattivo, ma il dosaggio è eccessivo rispetto alla freschezza, e nell'insieme risulta un pò faticoso alla beva.
Colle Capretta, Vigna Vecchia 2011: vino naturale, e non solo di nome. Essendo partita in primavera una rifermentazione spontanea in bottiglia, è petillant (peraltro gradevolmente), e l'effervescenza contribuisce a riequilibrare una materia piuttosto possente e non del tutto composta, non tanto nelle note alcoliche quanto in quelle gliceriche.
Monastero di Vitorchiano, Coenobium 2011: curioso vino che Giampiero Bea "imposta" per le monache trappiste di clausura di Vitorchiano. Classico vino del contadino, ma in versione gradevole e beverina, molto giocata sulle erbe officinali.
Drouhin, Beaune 1er Cru Clos des Mouches 2007: sarebbe scontato parlare di salto di qualità. Il vino è splendido, appena un pò giovane ma perfetto nella compostezza acida, nella mineralità fumé, nel frutto che asseconda e completa entrambe. In pochi minuti abbiamo finito la bottiglia.
Bodegas Aalto, Aalto PS 2000: grandissimo tempranillo, molto tipico nell'austerità delle note di tabacco, sangue, sottobosco, macchia mediterranea contrastata da una prugna fresca ed amarena che invitano al riassaggio. Per chi ancora non conosceva i vini spagnoli è stata una rivelazione.
Tenute Dettori, Dettori Rosso 2004: si sa che sono appassionato dei vini di Alessandro, e con questo gli ho conquistato non pochi altri fans. Al di là delle note tipiche di mirto, ginepro, salsedine marina, mineralità ferrosa, ci siamo stupiti tutti per come riusciva ad assorbire e non far sentire i 17° alcolici. Ha degnamente seguito l'Aalto.
Barberani, Calcaia 2004: per essere un Orvieto, tutt'altro che malvagio nelle sue note di albicocca e mela cotogna, accompagnate da mineralità salina. Strapazzato, ma non era colpa sua, da ciò che l'ha seguito.
Chateau Climens 2000: pur in annata non esaltante, ci ha stregato tutti con le note di zafferano, iodio, caramella d'orzo, albicocca e mela cotogna fresca. Non dolcissimo, ed anche per questo bevibilissimo.
Ludi ha scritto:Borgogno, Barolo Riserva 1961: piccolo miracolo di integrità ed attaccamento alla vita. Non è un giovincello come il BS, ma dietro le note decisamente terziarizzate di tabacco, goudron, incenso e cera d'api si travedono struggenti richiami di ciliegia matura e rosa. BS vino della testa, questo vino del cuore.
vinogodi ha scritto:...gran bevuta; le sintesi descrittive , tra l'altro, mi sono sufficientemente esaustive. Solo un dato "di curiosità" : in quanti eravate?
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