Dedalus ha scritto:Il naso di un vitigno neutro che raggiunge, con i propri descrittori tipici, la nettezza e definizione, la perentoria capacità di evocare la diretta presenza degli oggetti nel bicchierie che è propria dei vitigni aromatici. Ma da vitigno neutro è sfumato, cangiante, mobile, in continua e progressiva evoluzione nel bicchiere: sorprende anziché accattivarsi, affabula anziché sedurti, affascina anziché attizzare. Eppure non trapassa mai nella poetica dell'indistinto, dell'evocativo, rimane sempre sobrio, nitido, materialmente presente.
Aramis ha scritto:"E allora, accertato che davanti a “vini di terroir” certamente ci trovavamo, la domanda “cosa c’è di particolare in questo vino?” si è trasformata in un’altra. Ci siamo chiesti: “cosa manca?”. Non abbiamo trovato dunque altra risposta che questa: che un “vino di terroir” sia destinato a premiare chi approcci il bicchiere alla ricerca di ciò che non c’è rispetto alla maggioranza dei casi, quando il profumo e il carattere varietale del vino ci vengono addosso quasi con foga; al loro posto, brilla una latitanza inattesa, uno spazio vuoto, che niente riempie [...] Un vero “vin de terroir” ha una neutralità che sconforta, e agli occhi del consumatore il suo portamento gustativo regale, tenace, talvolta straripante, non lo redime; quando espressa in maniera radicale, la ricetta è risultata idonea a non recare alcun successo da quasi trent’anni a questa parte né sul mercato né presso la stampa specializzata. Perché un vino di terroir è “solo” di terroir, non “anche”; è una strada impervia.
E ancora:
Dedalus ha scritto:La bocca scorre lieve e precisa, dall'attacco al centro bocca, senza perdere un millimetro di palato e senza lasciare una striatura di troppo, pennellando le curve del gusto come fanno i grandi piloti, che più vanno forte e più sembra che la macchina vada sempre alla stessa velocità, senza il minimo sbandamento - ed è proprio per quello che vanno sempre più forte. A tre quarti bocca il vino schiocca, si apre alla sapidità misurata che infiltra inesorabile tutta la bocca, senza per questo dover sloggiare la dolcezza del frutto, la carezza del tannino maturo e finissimo. E' qui che si ripete crepitante e misurato lo spettacolo aromatico del naso, che il vino diviene gioia sensoriale, che ti piglia alla gola non mentre il sorso scende, ma mentre sale quel piccolo groppo di felicità di cui può essere capace il vino.
Aramis ha scritto:All’assaggio, parte dove gli altri esauriscono il loro abbrivio, cioè a metà strada nel percorso che conduce dalle labbra al fondo della bocca, dove i recettori umani si specializzano nel cogliere le sfumature dell’acido, dell’amaro, del salato, laggiù dove si sviluppa la persistenza, dove si perfeziona il senso di coinvolgimento che un vino può regalare a chi lo degusta; e là dove è necessario porre la maggiore attenzione alla dinamica dell’assaggio per imbroccare anche un singolo abbinamento con il cibo".