Con un
musetto artigianale (faccio ammenda per l'abbinamento sulla carta un po' svilente per il vino, ma era veramente un gran musetto

):
Venegazzù Riserva di Casa, Loredan Gasparini, 1971 (13%)
Azzardo il cavatappi a verme, e sebbene in due pezzi, il tappo viene via senza patire troppo. Colore granato con ancora ampie sfumature rubino, limpido, vivace, molto invitante.
Vino-macchina del tempo, proveniente da un pianeta climaticamente diverso dall'attuale, quando si finiva di vendemmiare davvero con le prime brume (e quando le nebbie eran nebbie...), splendente di colori d'autunno purissimi, vividi e delicati assieme; esile in tutto, eppure perfettamente compiuto in sé, e ancora, soprattutto, terribilmente fresco: tanto al naso, dove tra i terziari bordolesi classici (tabacco, l'avito "cassettone", pure del goudron) si affaccia perfino il frutto, quanto in bocca, acidità dritta dritta che non sborda di un mm ed un finale di media lunghezza, ancora con ritorni di ribes e lampone, in cui il ricordo dei tannini, oramai polverizzati, è come una carezza di un fazzoletto di seta. Anche arancia rossa a bicchiere vuoto, splendida.
Al di là dei descrittori specifici, ribadisco comunque l'integrità e l'assenza di declinazioni ossidative ad un livello che reputo, per un vino di 50 anni suonati, assolutamente notevole. Nettamente meglio della gemella bevuta un paio di anni fa, a conforto del vecchio adagio per cui dopo una certa età non esistono più grandi vini, ma solo grandi bottiglie.