Domenica ho detto a Marco che si è veramente superato nel senso che, giocando sulle differenze di tipologia, impostazione, stile, è riuscito a rendere una degustazione quasi monotematica davvero variegata e divertente.
Provo allora a buttar giù due note.
Tra i solera elegante e lineare ma a mio gusto un po' carente in intensità Goulin Roualet; più appagante e strutturato, con un che di salmastro che mi è davvero piaciuto Gerbais. Ancora meglio, per complessità e tenuta nel bicchiere, Mouzon-Leroux.
Tra gli artigiani Egly-Ouriet monolitico: la materia c'è senz'altro ma ha fatto un po' fatica ad aprirsi e soprattutto a evolvere nel bicchiere. Jacquesson (basato sull'annata 2012) tutto giocato sull'eleganza e sulla misura: al naso ci ho trovato soprattutto biscotti scozzesi, lievito e gesso, mentre il limone è arrivato alla bocca, tesa il giusto. Ho preferito però Béreche per l'esuberanza del frutto, comunque ben bilanciato dall'acidità.
Per quanto riguarda le grandi maisons, beh, Belle Epoque chiaramente vino della giornata per tutti e non ne parliamo più

. Cristal aveva qualcosa in più in termini di complessità e gittata e probabilmente gli abbiamo tirato il collo troppo presto ma in tutta onestà e tenuto conto del blasone mi aspettavo decisamente di più. Bollinger e Dom Perignon sugli scudi: secondo me più pronto il primo, più da farsi il secondo, con un che di verde al naso e una bella nota anisata a rinfrescare. Per tutti dosaggi da altini a improponibili (indovinate quale). Krug parte piano ma ben presto mette la freccia e per un po' è tutto un rincorrersi di sentori delicatamente mielati e ossidativi, di fiori gialli, agrumi, pasticceria. Qui il dosaggio è perfetto e il vino appare indubbiamente più strutturato e profondo degli altri.
Sezione vintage interessante: di Lini avevo già bevuto qualcosa con qualche annetto sulle spalle, sempre grazie a Marco. Il MC di domenica era molto intrigante ed espressivo e, come già detto da lui, fresco al naso; in bocca ha naturalmente ceduto il passo, ma comunque una bella sorpresa. Nel Dumenil ho trovato profumi molto classici di mela golden infornata e disidratata, con una bella speziatura e qualche sentore di torrefazione a corredo. Bocca seria, con una bella tensione acida e molto secca. Per certi versi l'opposto speculare di Lini.
Graditissimo l'intermezzo con Dönnhoff, che aveva davvero tutto quello che si richiede a un riesling che si rispetti: dolcezza di frutto, aromaticità, un pizzico di idrocarburo, grande acidità a pulire.
Tra i rossi Ester Canale mi è piaciuto per il naso accattivante e articolato, dal frutto pieno di sfumature e a tratti ancora primario. C'erano però anche dei sentori di roccia bagnata e un che di vegetale che ho ritrovato pure al sorso assieme a un tannino più serrato di quanto il naso sembrasse suggerire. Mancava forse un po' di profondità ma per quella c'era già Roagna. Naso sui fruttini: maturi, concentrati, accompagnati da una leggera nota di spirito. Però non erano dominanti e lasciavano il giusto spazio a un bel corredo scuro che mi ha riportato ai profumi di un sottobosco umido. Serio e strutturato, ma anche di grande finezza e con una bella acidità che contribuisce a renderlo scorrevole al sorso.
Abbiamo chiuso in gloria con l'Ambonnay Rouge che, non appena si sono dissipate le note tostate, mi ha davvero incantato con una bellissima e ordinata successione di fruttini scuri, fiori e menta secchi, un che di fungino e terroso. Appena un accenno di vaniglia e cafffè in fondo al bicchiere. Finissimi e maturi i tannini, leggermente asciuganti solo sul finale e perfettamente bilanciati con acidità, frutto e alcool (che si ferma al 12,5%). Gran vino e per me sicuramente sul primo gradino del podio con accanto Krug e Roagna