michelep ha scritto:Alla fine scelto come visite serie Staffa, Nannì, San Lorenzo. Purtroppo Gatti aveva finito il vino quindi niente Matelica.
Questi tre li conoscevo da vecchie bevute qua e là.
Sono rimasto stupito dalla varietà di rossi che fa San Lorenzo, soprattutto i più base hanno una bocca che collega dritta ai suoi verdicchio. Mano? Territorio? boh, questo è. Sui bianchi ovviamente niente da dire, buonissimi, la mano più pesante dei tre (in senso buono).
Nannì lavora molto in riduzione, no ossigeno, freddo, eccetera. Unito all'affaccio sulla montagna/bosco tira fuori dei vini molto fini e verticali, forse un po' di larghezza farebbe bene ma forse anche no, è il suo vino in fondo. Posto incredibile.
La Staffa fa i vini più eleganti del gruppo, dicendola brutta me lo immagino come un verdicchio fatto in francia, spero si capisca (per dirla bella chiedete a uno bravo e non a me). Notevole il selva di sotto, proveniente dalla vigna più lontana e alta in mezzo al bosco, certo a un prezzo che si fa sentire e ci sta anche, ma il godimento del base e del rincrocca è sempre tanto.
Purtroppo il sabato c'era cantine aperte, quindi siamo andati a sentire Bisci e Borgo Paglianetto per soddisfare un po' di voglia di Matelica: c'erano ovviamente solo i base, in condizioni ambientali fighe ma non proprio adatte a capire i vini. Ho preferito Paglianetto, ma vale come tirare i dadi. Da verificare.
Per coincidenza, anch’io di recente ho messo a confronto due Verdicchi di due delle stesse aziende visitate da michelep, cioè La Staffa e Fattoria Nannì:
• Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. 2023 La Staffa, doc 12,5° (Staffolo, AN)
• Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Cl. Origini 2022 Fattoria Nannì, docg 13° (Apiro, MC)
Confronto decisamente asimmetrico, perché avevo presente la differenza di annata ma non di tipologia, cioè che Origini fosse Riserva.
Sta di fatto che come in altre annate il Verdicchio di La Staffa non mi ha convinto, soprattutto per la sua spiccata vegetalità: mi è sembrato un vino cadetto, quello che le aziende che usano questa tipologia per articolare la propria gamma fanno uscire come “classico” e basta (senza superiore). Vino certamente rinfrescante e di piacevolezza immediata (almeno per chi tollera le note verdi), nonché dal prezzo abbastanza corretto (intorno ai 13 euro a scaffale), ma per me troppo in debito di complessità. Può darsi che tutto ciò sia da attribuire principalmente all’annata che è stata difficile in Italia centrale, ma come dico non è la prima volta che ritrovo questo assetto -- inclusa la gradazione ormai rara a Jesi (12,5°) che sulla carta trovo interessante, ma non se associata a note vegetali spiccate (da vendemmia precoce?).
Tutt’altra musica Origini, con le note varietali di mandorla e pera in evidenza e una buona maturità sorretta dall’acidità al palato, e con pregevoli cenni iodati credo marca Apiro (ricordo ancora il fantastico Cantico della Figura di Felici, che non trovo più da anni nella mia zona, forse anche per l’aumento vertiginoso di prezzo a partire da una certa annata, che pure ci stava tutto!). Alcol tutt’altro che pesante come può invece succedere a Jesi, l’annata si ritrova forse in una solarità un po’ ingenua, ma probabilmente è solo una pecca di gioventù. Prezzo giustamente diverso dal vino precedente (intorno ai 23 euro a scaffale), ma del tutto ragionevole, anzi in una prospettiva “piramidale” quasi regalato.