Qualche nota sui vini di Giovedì scorso, ma niente punteggi (per lo sconforto di Vinogodi
):
Veneto Bianco Cassiara, Monteforche, 2010 (13%)
Glicine e mandorla cruda al naso, leggermente pungente all'inizio, con l'aria si ingentilisce; attacca al palato con una suggestione di residuo zuccherino, il frutto bianco si mescola ad una banana non troppo matura, si asciuga verso il finale di una corsa non troppo lunga in bocca, ed esce pure un gran bel sale. Già in beva, gustoso.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva Villa Bucci, Bucci, 2007 (13,5%)
Più espressivo in gioventù, soprattutto nel registro fruttato, rispetto ad altre annate: un bonus di prontezza che gli fa stemperare un po' dell'aura sempre così compassata e "british" di questo ottimo vino. Per il resto, la solita finezza della tostatura, soprattutto al naso, ed il solito ottimo controllo dei toni amari, pur presenti nella nota saliente di pompelmo che lo contraddistingue in bocca.
Trebbiano d'Abruzzo, Valentini, 2009 (12%)
Prima bottiglia indecifrabile, al naso bloccata per tutto il tempo su note di matita bagnata, ed in bocca chiusa a riccio su una marinità iodata quasi sferzante; seconda bottiglia "carbonata" invece più aperta al naso sul melone bianco e sul pepe (sempre bianco), e sensazioni nel complesso meno scorbutiche. Non disturbare.
Venezia Giulia Ribolla Gialla, Il Carpino, 2008 (13%)
Bel naso dalla balsamicità sottile, molto garbato (al limite del "pettinato", a dirla tutta) nel suo profilo macerativo, poi anche toni cerosi, meno bene al palato dove soffre un passaggio a vuoto a centro bocca, sembrando come a corto di energia e spinta; finale marcato da una nota di cocco ceduta forse dai legni da 20hl ancora non completamente neutri. Una ribolla discreta, ma non eccezionale: preferisco in genere altri vini di questa cantina, malvasia in primis.
Veneto Cabernet Franc, Monteforche, 2010 (13,5%)
Frutto rosso pulito, ed anche di una certa maturità e golosità, lascia trasparire solo in bocca la sua dimensione erbacea intrinseca (c'è pur sempre un po' di carmenère dentro); i tannini non sono verdi però, e c'è anche una bella nota di cenere sul finale, che riconduce abbastanza chiaramente al territorio. Un piccolo vino vispo.
Colli Orientali del Friuli Merlot, Le Due Terre, 2009 (13,5%)
Questo è una bomba, senza mezzi termini. Intensissimo il naso di lampone, mora, prugna, ma anche humus, tabacco, cemento bagnato; il frutto al palato è onnipresente quasi, ma come in un gioco di rimpalli è sempre contrastato e rintuzzato da una mineralità vivida, irradiante, davvero splendida. Estrazione tannica molto misurata, cosa che rende non complicata la beva nonostante la massa di frutto, gran freschezza complessiva e legno dosato davvero bene: la mano in cantina è tutta lì da apprezzare. Bravi!
Colli Euganei Rossi Calaone, Ca' Orologio, 2009 (15%)
Lavanda e rosmarino, alcol e più di un cenno di bruciacchiatura del frutto; la materia in bocca per "coprire" certamente c'è, ma la beva onestamente non è priva di spigoli alcolici. Il momento (è stato appena imbottigliato, quindi una certa disarmonia complessiva è da mettere in preventivo) e la gioventù certo non aiutano, mi sembra però che in vigna sia forse un po' scappata la mano con le maturazioni, in quest'annata.
Dogliani, San Fereolo, 2006 (14,5%)
Frutto scuro privo di grandi caratterizzazioni al naso, sembra molto molto giovane ancora; bocca a cui non mancano di certo estratti, acidità e tannini, mi è parso però un vino che, oltre all'ambizione materica, non cercasse particolari finezze o sfaccettature. Considerata la fama dell'azienda, mi aspettavo qualcosa di diverso, ed invece mi pare sia un etichetta che si possa inserire nella categoria dei "dolcettoni", anche se per quanto riguarda la gestione del legno, va detto che si tratta di un vino ineccepibile. Ma a me il dolcetto non piace a prescindere, per cui non faccio testo...
Barbaresco Pajè, Roagna, 2005 (13,5%)
Chez Roagna, la lettura dell'annata del loro Barbaresco più di base ha dato vita ad un'interpretazione tutta in punta di fioretto: frutto dai toni chiari (spicca un durone croccante, non troppo maturo), una rosa molto pulita e precisa (assieme ad una nota di paglia...sarà forse la suggestione del nome?), una tannicità sottile e sfumata, ed una sensazione generale di immediata fruibilità. Durerà lo stesso certamente, ma non sembra un vino particolarmente bisognoso di altro tempo di bottiglia.
Veneto Rosso Vigna del Vento, Monteforche, 2008 (14,5%)
Caratterizzazioni fumé e resinose al naso, gran corpo ed estratti ma anche ottimo equilibrio nonostante la gioventù; la carica di frutto (amarena, mora) è notevole, ma oltre a non difettare della giusta acidità a contrasto, il vino nel complesso mantiene un coté quasi ombroso, boschivo, che lo rende davvero intrigante. Alfonso Soranzo qui ha fatto un gran lavoro di sicuro sulle rese, ma sopratutto sulla maturità delle uve; manca quel pizzico di allungo del campione, ma il risultato è comunque ottimo.