Più passa il tempo, più mi convinco che i vini vanno assaggiati, riassaggiati, bevuti. Che la scheda significativa su un vino non è quella relativa a un singolo assaggio, ma quella (spesso virtuale e talvolta purtroppo impossibile) relativa a una molteplicità di riassaggi, svolti in condizioni diverse, possibilmente sempre alla cieca e comunque con un approccio che ostacoli il ciclostilaggio magari inconsapevole della scheda n. 1.
Ovviamente non è un sistema indolore: a parte la fatica si può anche arrivare a intorbidare l’acqua limpida del primo assaggio in modo irrimediabile, per una varietà di motivi, tra cui la variabilità da lotto a lotto o addirittura da bottiglia a bottiglia e le diverse fasi evolutive. Però secondo me vale la pena.
Il metodo dell’assaggio multiplo diventa fondamentale quando l’assaggio singolo si svolge in condizioni troppo lontane da quelle ideali: cioè per esempio non alla cieca, in una disposizione o in un ambiente non neutrali (come in genere succede negli assaggi in cantina), con un solo bicchiere per una molteplicità di vini, su un numero eccessivo di “campioni”. In questi casi, già è un progresso il riassaggio dalla stessa bottiglia a una certa distanza di tempo: una parte della critica sembra utilizzare più di prima questo sistema (vedi l’introduzione alla guida L’Espresso). Però ci vuole di più.
Del Tralivio 2010 (lotto 11/256) finora ho assaggiato una sola bottiglia, anche se sull’arco di due sere e iniziando alla cieca. Come già detto in precedenti post, sono tra quelli che lo hanno apprezzato: noto però che anche chi non l’ha apprezzato ne dà una descrizione fondamentalmente compatibile con un vino di struttura (vedi davidef). Interpretando, nella tua scheda questo aspetto viene colto con il termine “conforto”. Sulla sapidità abbiamo concordato in parecchi (quantomeno io a pag. 54 e Francvino a pag. 56).
Quello su cui invece non mi ritrovo è il naso, in particolare non ricordo affatto la “mela verde”, descrittore oltretutto strano nel contesto di un vino non giovane, maturo e strutturato, affinato verosimilmente sui lieviti, a meno che non sia frutto del blend di uve vendemmiate a stadi di maturazione molto diversi (come la riserva Gli Eremi de La Distesa). Quello che ho trovato io è una certa grevità con note leggermente rancide, accanto ad aspetti più positivi di natura minerale in senso lato (iodio) e non.
Vedrò cosa succede al prossimo assaggio, intanto magari qualcun altro ha da pronunciarsi su questo punto, sulla scorta di una scheda singola o magari multipla.