Bel sabato a pranzo con amici in esplorazione di Meursault.
Questa è la prima di una serie di degustazioni dedicate a tutti i comuni della Borgogna.
Il Poggerino Metodo Classico, Millesimo 2013
Iniziamo con una bolla a dir poco inusuale. 100% sangiovese, da vigne a Radda in Chianti, affinato 8 anni sui lieviti.
Il colore è buccia di cipolla dorato, i profumi sono subito spiazzanti. Alla cieca disorienta tutti: ci sono note di petali di rosa, mandarino, poi un accenno di arancia sanguinella. Il naso è intenso, voluttuoso e persistente.
In bocca sorprende per lunghezza e sapidità. È un vino molto goloso, ampio e persistente.
Gli sono stati rimproverati un lieve eccesso di alcol e una bolla non finissima. Per il resto, chapeau a questo produttore che è stato capace di vinificare il sangiovese in questo modo.
Da notare che tutto il processo di spumantizzazione è interamente effettuato in azienda.
Prima batteria: village
Una batteria di ingresso che stupisce tutti per l’altissimo livello qualitativo e per la spiccata territorialità di tutti e tre i vini, che pur in stili diversi parlano in modo inequivocabile del luogo da cui provengono. Tre Meursault eleganti e slanciati.
Domaine Bernard Millot, Meursault Cuvée Augustin, 2017
Complice l’annata abbastanza fresca e i tre anni in bottiglia è un vino di grandissima piacevolezza. Alla cieca ricorda più Puligny che Meursault. La lunghezza in bocca lascia forse un po’ a desiderare, ma il naso è tutto un susseguirsi di agrumi e roccia.
Domaine Boyer-Martenot, Meursault Cuvée Fernand Boyer, 2019
Il colore è giallo oro brillante, il naso evoca agrumi canditi e frutti a pasta gialla. L’élevage non è ancora perfettamente integrato.
In bocca è straordinariamente lungo, intenso, persistente, dominato da una matrice profondamente salina e minerale. Esprime in modo coerente l’annata solare. C’è un’energia che ancora non si è del tutto stabilizzata ma che anticipa un futuro tutto in crescita. Un vino che ha bisogno di ancora un po’ di tempo per poter essere apprezzato in pieno.
Domaine Fabien Coche, Meursault, 2019
E’ senza dubbio il vino della batteria che ha convinto di più. Prontissimo da bere, coniuga la finezza del primo con la potenza del secondo. Il legno è perfettamente integrato, la bocca e il naso parlano la stessa lingua. È slanciato, fine, complesso. Semplicemente una bellissima bottiglia.
Seconda batteria: En la Barre
Una batteria sfortunata, con due bottiglie non in forma, e che è dunque giusto non valutare. Peccato perché sulla carta le aspettative erano molte.
Terza batteria: Les Narvaux
Les Narvaux è uno dei lieux-dits più prestigiosi di Meursault e la batteria non ha deluso.
Domaine Rémi Jobard, Maursault, Les Narvaux, 2018
Colore giallo paglierino brillante, profumi di agrumi e leggera pietra focaia, è il più fine e tenue della batteria. Anche in bocca rimane delicato, quasi sussurrato. Molto preciso, ben fatto, fine. Senza diluizione.
Domaine Ballot Millot & Fils, Meursault, Les Narvaux, 2019
Colore giallo oro chiaro, i profumi virano più decisamente verso agrumi maturi, la bocca si ispessisce appena ma resta sempre ben sorretta da una trama acida adeguata.
Domaine Boyer-Martenot, Meursault, Les Narvaux, 2019
Colore giallo oro brillante, nello stile del Village bevuto all’inizio ma con una stoffa leggermente più complessa. Élevage integrato meglio rispetto al primo, naso non particolarmente espressivo che denota una bottiglia non del tutto performante rispetto ad altre della stessa annata bevute da poco.
Quarta batteria: fuoriclasse
Michel Bouzereau et fils, Meursault Les Tessons, 2016.
Un eccesso di legno al naso all’apertura svanisce poco dopo lasciando emergere un vino raffinatissimo in cui iniziano a sentirsi le prime note di terziarizzazione (burro, noccioline). La trama è fitta e fine, in bocca è lungo pur senza essere particolarmente intenso.
Verrebbe da dire: eleganza, eleganza, eleganza.
Domaine Boyer-Martenot, Meursault-Perrière 1er cru, 2018
La conclusione perfetta di questa bellissima degustazione. Un premier cru che non delude per complessità, finezza, ricchezza, eleganza.
Una riconferma non solo del grande livello qualitativo di questo produttore, ma anche dell’annata 2018. Malgrado non abbia l’energia e la materia della 2019 o della 2020, dove i produttori hanno lavorato bene c’è tanta tanta eleganza e finezza.
Sono vini la cui cifra stilistica sono la precisione e il dettaglio. Vicino ad un 2018 possono forse sfigurare, ma presi da soli ammaliano per finezza.
Due conclusioni generali a valle di questa degustazione:
la prima batteria ha mostrato che anche in zone così prestigiose si può bere straordinariamente bene a cifre che restano tutto sommato accettabili;
l’effetto annata emerge in modo prepotente. È stato notato da molti che soprattutto la 2019 tende ad imporre in modo netto la sua impronta. Forse anche a causa del fatto che sono vini relativamente giovani, forse troppo giovani;
due anni sono il tempo minimo di attesa per poter davvero apprezzare vini di questo tipo. Con l’eccezione di Fabien Coche, tutti gli altri 2019 erano decisamente troppo giovani, mentre i 2018 e 2017 hanno chiaramente mostrato che basta un po’ di pazienza perché le caratteristiche più tipiche che rendono il Meursault celebre nel mondo si esprimano.