C’è stato un periodo in cui, preso dalla malattia per la Borgogna, non compravo praticamente altro. Sinceramente, non ho mai approfondito Bordeaux, a parte qualche sporadica bevuta di grandi nomi, mentre non è mai scoccata la scintilla per i vini del sud della Francia, pur avendoci provato, per cui ho continuato a spendere tanto (almeno per le mie tasche) sempre e solo in Borgogna (oltre ovviamente allo Champagne). Non che sia “guarito” (mi sono arrivate 9 bottiglie di vini di Borgogna anche pochi minuti fa...), ma ammetto che, soprattutto per quanto riguarda i rossi, sono tornato a comprare molto in Italia. E mi rendo conto che:
1)ci sono tantissimi produttori e tantissime denominazioni da scoprire ogni giorno, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, passando praticamente per tutte le regioni italiane e spendendo molto spesso infinitamente meno di quanto si spenda in Francia;
2)per quanto riguarda i rossi, sulla fascia di prezzo 10/30 (ma direi anche 40) euro, è molto difficile trovare (almeno comprando dall’Italia) vini borgognoni all’altezza dei nostri.
Sono convinto che loro abbiano più eccellenze di noi, che paghi una fortuna (ci si scandalizza del migliaio di euro per Monfortino 2010, ma quanti vini ci sono in Francia ben oltre quella valutazione?), ma sui “pesi medi” rossi abbiamo tantissimo da dire. Sui bianchi, purtroppo, a mio avviso non ce n’è: certo, non posso bere Ramonet tutti i giorni, per cui mi rifugio anche in qualche fiano, verdicchio e via dicendo (compresi i misconosciuti bianchi romagnoli), ma, volendo alzare un pochino l’asticella, oltre confine si trovano cose fantastiche, che io in Italia non ho mai trovato.
Concludendo, trovo logico che ciascuno provi un po’ tutto quello da cui è attirato (tra l’altro, la Borgogna per me va ben al di là di quanto si trova nel bicchiere e la recente opera enciclopedica di Armando Castagno lo spiega molto bene, per cui se ci si avvicina seriamente è molto facile innamorarsene incurabilmente), ma resto dell’idea che, a causa di una speculazione mondiale, sia diventata una zona in cui ci si comincia a divertire quasi unicamente (e purtroppo non sempre) spendendo un bel po’ di soldi. Nel caso si sia decisi ad affrontare la (bellissima) fatica, io partirei proprio dal libro di Castagno: non si potrà bere (e dubito che sia piacevole anche da mangiare), ma racconta molto bene la Côte d’Or, compresa un’ampia sezione sulle annate (che in una zona tanto settentrionale spesso sono determinanti) e dà tante dritte anche sui produttori da provare. Poi passerei a qualche serata sul tema, condotta da chi conosce bene l’argomento: lo stesso Castagno ne fa per tutta Italia, ma ci sono tanti altri in giro (per esempio, dalle mie parti, in Romagna, ho seguito con piacere diverse serate di Falcone). Infine, dopo essermi fatto un’idea più chiara, arriverei all’acquisto un po’ più mirato di bottiglie.
NB: non sono un P.R. di Castagno o di Falcone...