Ieri sera nuovo appuntamento periodico con il team alcolico toscano (avevamo uno Special Guest: Gianni il "resident wi-jay" della Casa del Vino di Firenze
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Abbiamo bevuto:
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Champagne Brut Grande Cuvée Krug: sboccatura non nota ma la bottiglia è rimasta in cantina per almeno tre anni. La cremosità si sentiva tutta, la bolla non era finissima ma la "potenza controllata" di Krug lo faceva splodere sul palato in modo inusuale per un prodotto "base" (se così si può chiamare una cuvée che costa 4 volte un vero base); con il panino al Lampredotto preparato dalla premiata ditta hag-paperofranco ti portava direttamente e rapidamente all'eiuculazione precoce...
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Ruino 1994 Gravner: bottiglia perfettamente conservata che ha permesso al vino di esprimersi in tutta la sua sottile mineralità scura. Luminoso nei suoi toni granato, fragrante di rovo e di erbe aromatiche dolci, in bocca ha fatto la sua porca figura malgrado fosse in compagnia di vini di altissimo calibro. E' un vino che non comprerei ma me lo sono goduto alla grande.
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Clos de Béze 2006 Domaine Prieuré Roch: una bomba al naso con una gamma floreale che andava dalla rosa all'incenso finissimo, dalla ciliegia appena matura alla pietra bagnata ed un sottilissimo terriccio, fra i più nobili e soffici che si possa immaginare. Colore scarichissimo, grandissima mobilità olfattiva e bocca ...quasi coerente con il naso, nel senso che delude un filino per una progressione non del tutto in linea con le aspettative. Forse l'annata, forse i tannini finissimi non ancora del tutto svolti ma la bocca non è esattamente al livello del naso. Intendiamoci: parliamo di dettagli in un quadro che nel complesso è veramente alto, quasi altissimo. Classico vino da "potenza senza peso" che abbiamo prosciugato fino all'ultima goccia.
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Chateauneuf du Pape Cuvée Marie Beurrier 2005 H. Bonneau: parte compresso e un filino "animale" ma si capisce subito che prenderà un'altra piega... infatti dopo meno di mezz'oretta esplode in un rosmarino provenzale che sembrava tridimensionale; in bocca è ancora più compatto ma con un tannino già da urlo per la definizione e la infinitesima e fittissima sfericità. Da lì in poi una progressione di miglioramento che porta al naso i profumi di tutto l'arco mediterraneo (il cappero finissimo, l'odore lontano della migliore carne alla brace, il frutto rosso di amarene colte belle mature ed un cacao leggerissimo e solo leggerissimamente "spolverato") e che lo fa diventare in bocca sempre più "sottile", leggibile, fresco (adicità da manuale) e con un finale lunghissimo, più lungo della voglia di contare i secondi che infatti diventano minuti. Naturalmente lo stacco dal suo "fratellone" Cuvée de Celestins si sente ancora ma non certo per i demeriti di questo vino (che in sostanza non ha), quanto per la capacità dell'altro (nelle annate migliori) di assurgere a vino di livello olimpico. L'annata è ottima, lo dimostra soprattutto la finezza magistrale dei tannini, e per questo consiglio di non aprirlo per altri 3-5 anni quando dovrebbe giungere a vette ancora più alte.
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Saint Julien Leoville Las Cases 2006: un piccolo mostricciattolo color blu-inchiostro che abbiamo immolato all'altare degli infanti in modo abbastanza sconsiderato. Ancora totalmente prigioniero dei sentori di cedro, china e vaniglia (buona però) anche dopo 3 ore dalla scaraffatura. In bocca non puoi dire che non faccia percepire la qualità dei suoi tannini e della sua freschezza ma è ancora troppo avvolto nelle spire della sua giovanile serratezza per poterlo giudicare adeguatamente (ma soprattutto godere).
Lasciatelo ululare imprigionato dentro il suo sarcofago di vetro e non liberatelo prima di 10-15 anni (IMHO naturalmente).