Diario economico

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harmattan
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 09 gen 2017 11:30

zampaflex ha scritto:Questa sinistra tendenza degli oligarchi occidentali ad essere affascinati dai dittatori orientali. ...


Più che fascino dei dittatori orientali, è il fascino der cash. I ducetti ci sono anche in centro e sud america ma li girano meno soldi e opportunità
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zampaflex
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 14 gen 2017 17:37

Visto che c'è gente che si diverte a fare eco-voyeurismo, il Sole pubblica un elenco degli incagli del Monte dei Paschi, e io riporto. Soprattutto perchè si vede quello che quel disgraziato di Brunetta in primis, e molti come lui, non vorrebbe trovare: cioè un elenco bipartisan, multi settoriale, che svaria negli anni e nei modi. Cioè quello che si vedrebbe in OGNI grande banca italiana, alla faccia della pretesa della cattiva politica di politicizzare il caso MPS. "It's the economy, stupid...".

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2017-01-10/ecco-lista-grandi-debitori-morosi-mps-203935.shtml?uuid=ADI10OUC

Nella lista nera dei grandi debitori morosi, che hanno affossato Mps portandola a cumulare 47 miliardi di prestiti malati, ci sono nomi eccellenti dell’Italia che conta. Dai grandi imprenditori, agli immobiliaristi, al sistema delle coop rosse fino alla giungla delle partecipate pubbliche della Toscana. Il parterre è ecumenico sul piano politico. Centro-sinistra, Centro-destra pari sono. Del resto per una banca guidata per decenni da una Fondazione espressione della politica era quasi naturale l’arma del credito come strumento di consenso e di scambio.

Tra i protagonisti di spicco più emblematici, come ha ricostruito Il Sole24Ore, figura sicuramente la famiglia De Benedetti e la sua Sorgenia. Emblematica per dimensioni e per quel ruolo innaturale che ha svolto Mps. La Sorgenia si è indebitata per 1,8 miliardi con il sistema bancario. La sola Mps, chissà come, si è caricata di ben un terzo di quel fardello. Seicento milioni erano appannaggio del solo istituto senese che ha fatto lo sforzo più ingente rispetto al pool di 15 istituti che avevano finanziato la società elettrica finita a gambe all’aria. I De Benedetti capita l’antifona della crisi irreversibile non si sono resi disponibili a ricapitalizzare come da richiesta delle banche. Alla fine il «pacco» Sorgenia è finito tutto in mano alle banche che hanno convertito l'esposizione creditizia in azioni. E Mps si ritrova ora azionista della Nuova Sorgenia con il 17% del capitale. Per rientrare dal credito prima o poi, occorrerà risanare la società e venderla. Oggi Sorgenia è tra gli incagli di Mps. Non solo, nel 2015 la banca ha svalutato i titoli Sorgenia per 36 milioni di euro.

Ma Mps da anni si porta dietro (insieme ad altre banche) anche la fiducia accordata a Luigi Zunino. L’ex immobiliarista rampante cumulò debito con il sistema bancario per 3 miliardi. Tuttora la sua ex Risanamento è inadempiente con Mps che ha, sempre nel 2015, svalutato titoli in portafoglio per 11,6 milioni. Tra i grandi incagli di Siena ecco spuntare anche un altro nome di spicco.

È Gianni Punzo azionista di peso di Ntv e patron e ideatore dell’interporto di Nola, la grande infrastruttura logistica del meridione. Da tempo la Cisfi, la finanziaria che sta in cima al complesso reticolo societario è in affanno per l’ingente peso debitorio. Anche qui le banche Mps in testa hanno convertito parte dei prestiti in azioni. Mps è oggi il primo socio della Cisfi sopra il 7% (con Punzo al 6,1%).

Anche la Cisfi Spa che recepisce la crisi dell’interporto di Nola è un incaglio per Mps che ha titoli in pegno svalutati anch’essi per 11 milioni a fine del 2015. Ed ancora la ex banca di Mussari deve tuttora metabolizzare il disastro della BTp, il general contractor della ditta Bartolomei-Fusi, che aveva in Verdini un grande sponsor, protagonista più delle cronache giudiziarie recenti che di quelle economiche.

Dal dissesto del contractor delle grandi opere toscano è rinata la Fenice Holding. Anche qui Mps se la ritrova in portafoglio in virtù dei prestiti non ripagati. Tra gli immobiliaristi come non citare Statuto che ha visto pignorato il suo Danieli di Venezia su cui Mps (con altri) aveva ingenti finanziamenti.

E c’è il capitolo amaro della Impreme della famiglia di costruttori romani Mezzaroma che hanno portato i loro guai in casa Mps. E poi residua a bilancio dal 2007 il disastroso progetto immobiliare abortito di Casalboccone a Roma eredità dei Ligresti che vede Mps azionista (in cambio dei crediti non pagati) con il 22% del capitale. Il capitolo Coop vede Mps protagonista della ristrutturazione del debito di Unieco.

Tra i dossier immobiliari c’è il finanziamento di alcuni fondi andati in default: come un veicolo gestito da Cordea Savills, finanziato con eccessiva leva da Mps, che aveva in portafoglio gli ex-immobili del fondo dei pensionati Comit. Ma Mps ha finanziato anche alcuni dei fondi di Est Capital, società finita in liquidazione che gestiva il progetto del Lido di Venezia.

E infine c’è il capitolo della partecipate pubbliche. Mps è inguaiata con pegni o titoli in Scarlino Energia; Fidi Toscana; Bonifiche di Arezzo; l’Aeroporto di Siena e persino le Terme di Chianciano. La banca si ritrova a fare l’imprenditore di società in crisi quando avrebbe dovuto solo fare la banca.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 14 gen 2017 17:41

Riporto alcuni passi di un editoriale del Sole, che contiene spunti che dovrebbero fare riflettere i professionisti del cialtronismo che in Italia abbondano.

Perché il mondo, ovviamente in modo diseguale, è tornato a crescere e l’Italia, al massimo, cammina?
Gazzella e bradipo, questa è l’Italia che mette insieme il dinamismo delle nostre imprese esportatrici manifatturiere e di servizi (non tutte: una parte di esse non ha retto alla recessione, altre hanno scelto la scorciatoia della rendita, sono decedute o arrancano) e la lentezza di un sistema Paese che “zavorra” la produttività e la capacità di fare investimenti sotto il peso di fardelli burocratico-politici, mille incapacità tecniche e gestionali, il vizio ricorrente di una mentalità corruttiva diffusa. Con occhi liberi si può vedere e riconoscere la fotografia dell’Italia di oggi: è quella di un Paese che si avvia a raggiungere il livello di produttività pari a 100, segnalato dall’indice 2008 Ocse/Istat, mentre gli Stati Uniti si avvicinano a toccare i 108 punti, la Francia i 106, la Germania i 105. Come dire: il divario di produttività, negli anni della grande crisi, si è allargato ancora. La mini-ripresa degli investimenti in Italia del 2015 e del 2016 (rispettivamente +1,2 e +1,8%) si confronta con una crescita dell’intera area euro del 3% e un obiettivo del 5,3% nel 2018 per gli Stati Uniti, e fa i conti con l’eredità di cadute verticali negli anni dell’austerità mai compensate.

Questi sono i numeri che misurano l’efficacia dell’azione di governo passata e presente e dell’intero sistema Paese alle voci impresa, banche e sindacato. Ognuno deve fare di più e scommettere con intelligenza su una seria politica di fattori: rimuovere lacci e lacciuoli alla concorrenza e alla capacità di alimentare spesa produttiva pubblica e privata, assicurare una normalità fiscale di favore che aiuti a sprigionare il potenziale di ricerca e di innovazione di quel Made in Italy-gazzella che ancora resiste e dà soddisfazioni. Il disagio sociale diffuso, il divario strutturale tra Nord e Sud del Paese che si è ulteriormente allargato, richiedono conoscenza della realtà, consapevolezza dei problemi, un disegno strategico riformista in continuità e elevate capacità esecutive. Questo tocca a noi, fuori o dentro i cosiddetti populismi, a dieci anni dall’inizio della grande crisi, mentre la globalizzazione è messa a dura prova dal risorgere di troppi nazionalismi. Può aiutare mettere a confronto, prima e dopo, le due Italie e le due Germanie, le due più importanti manifatture europee tra di loro, ma anche vizi e virtù di industria pubblica/finanza francese con quelli del Made in Italy e della finanza italiani, il duello tra Usa e Europa con in mezzo gli investimenti pubblici e il nostro debito, la competizione industriale, fatta di hi tech e di manualità, tra Cina e Italia, e così via. Sono tutte tappe di un viaggio del Sole che inizia oggi e si propone di aiutare noi e i lettori a chiarirci ancora di più le idee e a capire la dimensione e la qualità delle sfide che abbiamo davanti.

Ce ne è una, però, fuori casa che tocca il rapporto tra l’Italia e il club franco-tedesco, sulla questione bancaria europea, che viene prima di tutto e sulla quale non si possono fare compromessi: è il frutto amaro delle colpe della politica (scarso peso in Europa e “suicidio referendario” dell’ex governo Renzi) e di una debolezza tecnico-negoziale più allargata dalla quale siamo usciti troppo lentamente. Morya Longo documenta l’abnorme differenza del peso dei level 3 assets (derivati e titoli complessi privi di un prezzo di mercato e di un meccanismo per determinarlo) nei bilanci delle banche francesi e tedesche rispetto a quelli delle banche italiane, ma la Vigilanza europea della Bce continua a chiedere aumenti di capitale alle nostre banche usando il parametro pressoché esclusivo delle sofferenze e ignorando quello relativo a questa specie di “Zombie bank”, che custodisce assets illiquidi e di difficile valutazione, nella pancia dei colossi creditizi francesi e tedeschi. Il rapporto Glaser e di altri ricercatori, su 737 banche americane e europee, segnala che l’incremento della quota dei titoli Livello 3 aumenta direttamente il rischio di default.

Come fa la Nouy, presidente del Supervisory board della Vigilanza Bce, a ignorare tutto ciò? Come fa l’Europa a continuare a girarsi dall’altra parte? Perché si è consentito alle banche spagnole l’acquisto degli immobili dati in garanzia dai loro clienti con partite incagliate, di collocarle in un’altra posta di bilancio (Repossessed assets) e di pulire così il monte-sofferenze mentre noi, di opacità in opacità, rischiamo di pagare un conto ancora più salato di quello che le nostre colpe ci impongono di onorare? Il cammino della nazionalizzazione temporanea del Monte dei Paschi è pieno di insidie, ma può essere percorso fino in fondo, la strada di un aumento di capitale monstre imboccata da UniCredit riflette la cifra e l’ambizione di una grande banca internazionale, l’intervento di Ubi per le tre good-banks (Marche, Chieti, Etruria) apre scenari positivi di mercato, da seguire con estrema attenzione. Resta il fatto, però, che se vogliamo che la gazzella si liberi dal suo bradipo, dobbiamo dire in casa come stanno le cose e dobbiamo pretendere, in Europa, che le regole siano uguali per tutti. Gli altri, chi più chi meno, quasi tutti, sono usciti dal tunnel della grande crisi, noi siamo sul crinale più delicato e non ci possiamo consentire il “lusso” di continuare a “camminare” mentre gli altri hanno cominciato a correre.
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Re: Diario economico

Messaggioda Timoteo » 14 gen 2017 17:44

mi scusi zampa, che ci fossero tutti me lo sentivo.
ma chi ha autorizzato sto ambaradam dentro alla banca lo sapremo?
magari lei lo sa e ce lo dice.
peccuriosità.
poi pensare che vengano incolpati di qualcosa è da stranieri.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 15 gen 2017 10:32

Timoteo ha scritto:mi scusi zampa, che ci fossero tutti me lo sentivo.
ma chi ha autorizzato sto ambaradam dentro alla banca lo sapremo?
magari lei lo sa e ce lo dice.
peccuriosità.
poi pensare che vengano incolpati di qualcosa è da stranieri.


Mi dissero che la dirigenza alta, media e bassa della banca non controllava gli affidamenti concessi, in cambio ovviamente di un po' di marmellata rimasta attaccata alle dita....
Tant'è che quando recentemente gli organi esterni hanno dovuto compiere dei controlli accurati sul parco crediti incagliati, hanno dovuto costituire in fretta e furia una struttura apposita. Pare che prima ci fossero solo 60 persone al controllo fidi, e questa cifra da sola ti dice tutto.
Mala gestio insomma, e smania di raggiungere le dimensioni delle due più grandi (intesa e unicredit ).
Film già visto in molti crac passati e recenti, nostrani e non (Enron? Worldcom? Glencore? Hai voglia a contare...).

E chiaramente finché c'erano utili da versare agli azionisti, Fondazione in primis, tutti tranquilli.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 18 gen 2017 19:02

I dati di novembre sul credito mostrano un’impennata dei prestiti a medio termine, possibile segnale di una ripresa degli investimenti aziendali. Trend in atto ormai da qualche mese, che a novembre si rafforza in modo evidente.

Il totale dei prestiti tra 1 e 5 anni per le società non finanziarie lievita infatti a 160,8 miliardi, il valore più alto dal novembre del 2008. Stock alimentati da nuovi flussi, in aumento esplosivo nel mese.

Per le operazioni di taglio inferiore al milione di euro i volumi sono stati pari a 800 milioni di euro, più del doppio rispetto allo stesso mese del 2015, il massimo di sempre nella serie storica mensile di Bankitalia.

Balzo analogo per i prestiti tra 1 e 5 anni di oltre un milione di euro, con volumi lievitati a 1,45 miliardi, dai 255 milioni del novembre 2015: per trovare un valore più alto occorre tornare all’aprile del 2008.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 02 feb 2017 00:11

I dati sull'occupazione sono da esaminare con attenzione, cosa impossibile per qualunque telegiornale, sia che abbia voglia di farlo sia che non ne abbia.

In parallelo negli ultimi tre mesi del 2016 cresce ancora il numero dei disoccupati (+2,6%, pari a +78 mila) cui però fa da contraltare un calo delle persone inattive (-0,6%, pari a -78 mila). A conferma di una tendenza in atto da tempo in base alla quale il progressivo aumento della fiducia fa si che molti scoraggiati, giovani ma non solo, si rimettano in cerca di occupazione ingrossando quindi le fila dei disoccupati e riducendo lo stock di inattivi. Insomma, nonostante la disoccupazione sia ferma, su livelli particolarmente alti (12%), il mercato del lavoro è certamente in movimento.

Tant’è che su base annua dicembre conferma la tendenza all’aumento del numero di occupati saliti dell’1,1% su dicembre 2015, dato che corrisponde a 242 mila persone che hanno trovato lavoro. La crescita è attribuibile ai lavoratori dipendenti (+266 mila, di cui +111 mila i permanenti, +155 mila quelli a termine) e coinvolge sia le donne sia gli uomini, concentrandosi ancora una volta tra gli ultracinquantenni (+410 mila). Nello stesso periodo - è vero - aumentano i disoccupati (+4,9%, pari a +144 mila) ma gli inattivi in termini assoluti calano molto di più (-478 mila, -3,4%).

L’analisi dell’Istat aiuta a chiarire la reale dinamica del lavoro giovani/over50 sfatando uno dei luoghi comuni degli ultimi tempi. Prendendo infatti in considerazione l’effetto della componente demografica sull’andamento tendenziale dell’occupazione si scopre che sul calo degli occupati nella fascia 15-49 anni (-168 mila unità) “influisce in modo decisivo la diminuzione della popolazione in questa classe di età, mentre al netto della dinamica demografica la performance occupazionale risulta positiva (+76 mila unità), con un aumento del tasso di occupazione. Tra i 50-64enni, al contrario – precisa l’istituto di statistica - la crescita demografica contribuisce ad accentuare la crescita dell’occupazione determinata dalla sempre più ampia partecipazione al lavoro”.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 04 feb 2017 16:02

Non contento di cercare da anni di convincere gli Italiani che la sua bislacca idea sulla salvezza mediante uscita dall'Euro possa funzionare, alla fine Claudio Borghi ha fatto breccia in uno dei più ignoranti interlocutori che si possano trovare: Salvini.

https://it.businessinsider.com/ecco-il-piano-della-lega-senza-costi-per-uscire-dalleuro/

Quante sono le castronerie? Tante...
Per cominciare, dato che ogni emissione di debito pubblico italiano avvenuta dal 2013 deve obbligatoriamente essere rimborsata in euro, uscirne per svalutare la nuova lira causerebbe un drammatico aumento del debito (Mediobanca stima che ci sia un modesto guadagno se uscissimo ora, per arrivare ad un maggior costo di circa 400 miliardi (di euro) tra cinque anni). E visto che abbiamo già un debito enorme...
Poi, l'idea che lo Stato debba in quel momento rimborsare i debiti della PA in BTP di piccolo taglio, fatti apposta: a parte che si parla di meno di 80 miliardi su una massa monetaria molte volte superiore, ma se usciamo dall'euro, perchè emettere debito in euro e non in lire?
"Le colpe della decennale crisi italiana non sono certo solo dell’euro, ma i dati sono sotto gli occhi di tutti: dallo scoppio della crisi l’Istat ha certificato un crollo del 22% della produzione industriale. Negli ultimi 10 anni – ad eccezione di una volta – lo Stato ha sempre speso meno di quanto ha incassato, eppure i conti restano in rosso per la mole di interessi che si pagano sul debito pubblico che – così – continua a crescere senza sosta."
No, non sono dell'euro bensì dell'insufficiente livello di investimenti privati nell'industria, nella scarsa competitività di una gran parte dell'industria nazionale, della sua dipendenza dalla domanda interna (crollata con le due crisi gemelle 2008 e 2011), dalla politica spendacciona dell'era CAF che ci ha caricato di un debito raddoppiato...andiamo avanti?
Poi, attaccare il divorzio da Bankitalia...il debito pubblico italiano pagava tassi del 20% ad inizio anni 80 non per colpa del divorzio, ma perchè a causa della moneta libera di fluttuare e della "scala mobile" ogni tensione si scaricava sui prezzi con una inflazione che, vista oggi, appare sudamericana (1980: VENTUNO VIRGOLA DUE per cento) e contemporaneamente si andava allegramente allo sbaraglio con un deficit pubblico altissimo (dal 1981 al 1993 costantemente sopra al 10%). Colpa dell'euro? Ma proprio proprio?

BAH!
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Re: Diario economico

Messaggioda Timoteo » 04 feb 2017 16:52

Zampa, vedi che qui è pieno de fica.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 05 feb 2017 12:05

Timoteo ha scritto:Zampa, vedi che qui è pieno de fica.


L'hanno già fatta scappa' tutta! :lol:
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 06 feb 2017 13:06

Quello che fino ad un pò di tempo fa era solo una teoria di visionari e pressapochisti è stato ripreso dalla Merkel al recente vertice di Malta come uno dei punti cardine della nuova agenda europea: un Europa a due velocità!

Merkel insiste sull’Europa a diverse velocità

Abbiamo imparato dalla storia degli ultimi anni – ha detto il cancelliere al termine della sua conferenza stampa a Malta - che ci potrebbe essere un’Unione europea con differenti velocità e che non tutti parteciperebbero ogni volta a tutti i passaggi dell’integrazione. Penso che questo potrebbe essere inserito nella Dichiarazione di Roma».

http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-02-05/merkel-insiste-sull-europa-diverse-velocita-120523.shtml?uuid=AEugpgO

Chissà l'Itajetta a quale velocità andrà!!??!
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 18 feb 2017 09:32

Gli emeriti imbecilli albionici, doppiamente resi idioti dalle pretese isolazioniste che tanto vanno di moda anche da noi, si accorgono ora che hanno sbagliato i conti. Di brutto.
http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/mondo/2017-02-16/manca-personale-primi-allarmi-brexit--220151?fn=swipefeed&id=N_PRPAMAIN/AEEjYUX&p=12
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Re: Diario economico

Messaggioda tricky123 » 19 feb 2017 13:15

Ecco un esempio del modo di fare finanza creativa dello stato italiano, " merito" di un paio di ministri delle Finanze e dei loro relativi primi ministri.
http://espresso.repubblica.it/affari/2017/02/19/news/lo-scandalo-derivati-nuovi-contratti-segreti-debiti-italia-1.295622?ref=HEF_RULLO


Chiaramente tutti i costi di questa finanza creativa sono a nostro carico.
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 19 feb 2017 19:32

tricky123 ha scritto:Ecco un esempio del modo di fare finanza creativa dello stato italiano, " merito" di un paio di ministri delle Finanze e dei loro relativi primi ministri.
http://espresso.repubblica.it/affari/2017/02/19/news/lo-scandalo-derivati-nuovi-contratti-segreti-debiti-italia-1.295622?ref=HEF_RULLO


Chiaramente tutti i costi di questa finanza creativa sono a nostro carico.


Ma che dici, i conti correnti bancari, come del resto anche le pensioni, sono garantiti dallo Stato :mrgreen:
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Re: Diario economico

Messaggioda tricky123 » 19 feb 2017 21:49

Si ma gli oneri finanziari sui derivati fatti dalla P.A. li paghiamo noi.............
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 19 feb 2017 23:15

Gli oneri finanziari sui derivati, che sono poi dei banalissimi interest rate swap*, saremmo ben felici di pagarli se i tassi di interesse fossero al di sopra di quel 5% fisso riconosciuto alle banche controparte.
Perchè diciamolo, visto che i media non fanno per nulla il loro lavoro di informare, diciamo tutto.
Quando i tassi di interesse, grazie all'entrata nell'euro, erano appena scesi al 4% dopo due decenni a pestare duro tra il 10% e il 20%, pagare solo il 5% sembrava una grande opportunità. E se tornassero sopra a quel livello in futuro saremo già falliti visto l'attuale debito, ma per assurdo su questa operazione ci guadagneremmo.

* con tale contratto io, debitore di un titolo che paga una cedola variabile (esempio, i CCT), scambio il flusso di interessi derivante da tale debito con uno di uguale ammontare e scadenza che paga però un tasso fisso (come i BTP)
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 20 feb 2017 13:59

"Il 40% dei contratti dei giovani tra i 25 e i 35 anni sono a tempo. Non può essere la nostra offerta per i giovani."

Chi lo ha detto?
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Re: Diario economico

Messaggioda vinogodi » 20 feb 2017 17:20

zampaflex ha scritto:"Il 40% dei contratti dei giovani tra i 25 e i 35 anni sono a tempo. Non può essere la nostra offerta per i giovani."

Chi lo ha detto?
...Donatien-Alphonse-François de Sade...
Ente Nazionale Tutela dei Bevitori Capiscitori (EnTuBeCa) - Ministero della Cultura Enologica Popolare (MinCulEnPop)
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 20 feb 2017 21:02

vinogodi ha scritto:
zampaflex ha scritto:"Il 40% dei contratti dei giovani tra i 25 e i 35 anni sono a tempo. Non può essere la nostra offerta per i giovani."

Chi lo ha detto?
...Donatien-Alphonse-François de Sade...


Il candidato cancelliere Schultz, parlando della Germania.
Tuttoil mondo è paese...
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 22 feb 2017 19:10

Si allungano le scadenze, fatta scorta di liquidità. Non tutto dell'andamento del debito pubblico italiano è poi da buttare via. Che ci siano aspetti positivi è riassunto anche da un'analisi della società di ricerca e consulenza Prometeia, pubblicata dopo che Bankitalia ha ufficializzato il nono anno di crescita dello stock di debito: il 2016 si è chiuso con un maggior fardello di 45 miliardi, a quota 2.218 miliardi. Ma ci sono elementi che fanno ben sperare: il fabbisogno vero e proprio è calato al livello più basso dal 2008. Sono invece cresciute di 7 miliardi le disponibilità liquide del Tesoro: un cuscinetto di risorse che si potrà spendere in futuro. Di contro, le dismissioni hanno portato benefici per soli 900 milioni contro i 6,6 miliardi del 2015 e una media sopra 4 miliardi nell'ultimo quinquennio: nel 2017 non potranno che fare meglio. Anche la struttura del debito è solida: la vita media si è allungata a 7,3 anni e la quota di Bot sul totale è scesa sotto il 6 per cento, ai minimi storici. La fetta dei titoli a cedola variabile non è mai stata così bassa, sotto il 15%, e il Tesoro ha così maggiore visibilità su quelli che saranno i costi del debito nel futuro.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 22 feb 2017 19:12

https://it.businessinsider.com/gli-italiani-stanno-investendo-soldi-fuori-dalla-penisola-per-paura-che-leuro-si-spacchi/

Professor Minenna, è cambiato qualcosa nel dibattito sull’euro dopo il 20 gennaio 2017, che cosa significa la frase di Draghi?

“Sì, qualcosa è decisamente cambiato nel dibattito sull’euro dopo l’affermazione di Draghi che in risposta ad alcuni europarlamentari italiani ha dichiarato per la prima volta che in caso di ipotetica uscita di un Paese dall’Eurozona, i saldi Target2 della banca centrale uscente dovrebbero essere regolati in pieno. Per capire che cosa significhi questa affermazione occorre sapere che secondo i dati più aggiornati la Banca d’Italia deve all’Eurosistema 363 miliardi di euro. Tra i grandi debitori, oltre all’Italia, ci sono la Spagna (-330 miliardi), il Portogallo (-72 miliardi) e la Grecia (-72 miliardi). La Germania è invece manco a dirlo il più grande creditore d’Europa, con la Bundesbank che vanta un credito di 720 miliardi”.

Che cosa sono i saldi Target2, spiegati in parole semplici?

“Target2 è il sistema europeo che registra i pagamenti fra banche private. Semplificando, ogni pagamento tra Italia ed estero diviene un rapporto di debito/credito contabile tra Banca d’Italia e le altre banche centrali dell’Eurozona. Ogni banca centrale insomma si preoccupa di gestire le transazioni con il proprio sistema bancario ma non c’è regolamento per cassa tra Banca d’Italia ed Eurosistema. Si prende buona nota e finisce lì”.

Dunque il Target2 fornisce una stima dell’interscambio di capitali da e per l’Italia?

“Se una banca italiana investe all’estero, se per esempio compra un titolo di Stato che una banca estera sta vendendo o chiude una linea di credito, questo significa che i capitali stanno abbandonando il Paese transitando per Banca d’Italia. Questa non paga materialmente, ma ne lascia traccia nel conto Target2 che diventa sempre più negativo. Quindi il record assoluto del saldo negativo di Target2 dell’Italia è solo un sintomo di una moderata ma persistente fuga di capitali dal paese. In quale direzione? Nord-Europa”.

E perché questo saldo diventa rilevante nel caso che un paese decidesse di uscire dall’euro?

“In una situazione normale queste cifre restano sotto forma di scritture contabili tra succursali della Banca Centrale Europea. Se però ci dovesse essere un’uscita unilaterale da parte di una delle banche centrali appartenenti all’Eurosistema, grosso modo ciò che succederebbe somiglia ad una scissione di un ramo d’azienda (la Banca d’Italia) dalla società capogruppo (la Bce). I prestiti intra-gruppo, come per esempio i fondi erogati dalla Bce a Banca d’Italia con il Quantitative Easing, dovrebbero essere restituiti in Euro alla capogruppo. Tutto legalmente ineccepibile”.

Ma come farebbe l’Italia a restituire alla Bce 358 miliardi di euro? Sarebbe materialmente impossibile.

“Questi enormi costi (circa il 22% del Pil per l’Italia) non possono essere sottovalutati nel bilancio complessivo costi/benefici di una scelta di abbandono dell’euro. La grandezza proibitiva delle somme accresce paradossalmente i rischi di una rottura disordinata dell’unione monetaria, incentivando il default sulle somme dovute alla Bce (perché non sarebbero onestamente pagabili). In questo caso all’uscita unilaterale si affiancherebbero altri eventi traumatici per il sistema finanziario globale”.

Ma aldilà di un’uscita dall’euro quali sono gli operatori italiani che stanno portando valuta fuori dall’Italia?

“La speculazione sugli scenari estremi rischia di far passare sottotraccia il ruolo che la Bce ha avuto nell’esplosione dei saldi Target2. Per l’Italia si è superato addirittura il picco negativo del 2012 (-284 miliardi), ma per ragioni diverse. Allora le banche estere (tedesche e francesi in primis) si liberavano del rischio dei Btp vendendoli alle banche italiane, che ricevevano a loro volta i fondi dalla Bce tramite i prestiti LTRO (Long Term Refinancing Operations) a tasso agevolato. Si parla di almeno 150 miliardi tra il luglio 2011 ed il dicembre 2012. Ora invece è la Banca d’Italia che riceve i fondi dalla Bce ed acquista titoli di Stato da banche ed imprese. Questa nuova moneta (altri 220 miliardi dal 2015) non resta però nel circuito finanziario nazionale ma mese dopo mese defluisce con regolarità verso fondi comuni ed azioni del Nord-Europa. Di sicuro gli investitori cercano rendimenti più alti e ritengono il sistema bancario nostrano molto rischioso. C’è infatti una caratteristica comune tra 2012 ed oggi: la sofferenza delle banche italiane che non si vedono rinnovare prestiti e linee di credito dalle banche estere, mentre queste stanno nuovamente riducendo i propri rischi”.

Qualcuno sta portando fuori i capitali poiché teme una disgregazione dell’euro?

“Questa è la ragione più profonda di questa fuga di capitali. Tutti gli operatori stanno oramai considerando ampiamente il rischio di ridenominazione delle attività finanziarie dell’Eurozona (il cosiddetto redenomination risk) in future valute nazionali che risulterebbero parecchio svalutate. La discreta fuga verso le banche tedesche, olandesi e del Lussemburgo è una strategia di mitigazione del rischio, che prosegue dal 2014 ed ha accelerato negli ultimi mesi. Dunque Draghi può aver ammesso solo ora che un’uscita dall’Euro è tra gli eventi possibili. Ma il mercato vede un rischio crescente già da un pezzo”.

Ma per un italiano aprire un conto in dollari o in sterline presso una banca estera o una filiale di una banca italiana, mette veramente al riparo da ipotesi di ridenominazione delle attività finanziarie?

“Non v’è dubbio che potrebbe essere una strategia di copertura da simili rischi; ma chi può escludere che poi il Governo non possa prevedere apposite soluzioni fiscali per colpire i capitali così “protetti” all’estero?”

E cosa succederebbe a chi ha comprato titoli di stato tedeschi, i Bund, nel caso di ritorno alla lira?

“Un Bund quota tassi negativi. In finanza stocastica si può sostenere che in realtà il tasso negativo esprime la probabilità che il titolo venga rimborsato in una valuta più forte dell’euro, e cioè il nuovo marco. In uno scenario di break-up è assai probabile che assisteremmo ad una lira assai svalutata e ad un marco rivalutato. Stime che vedono la distanza tra le due valute ben oltre il 30% non sono irrealistiche. Comprare un Bund comporterebbe quindi perdite nel breve (dovute alle cedole negative) ed un possibile rimborso del capitale ben sopra l’investimento iniziale”.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 25 feb 2017 15:29

Più di 4 miliardi di tasse non dovute nel 2016 in Svezia. Una notizia che ha dell'incredibile, considerato che nel Paese del Nord Europa la quota di reddito che va al Fisco è già notevolmente elevata, intorno al 44% in media, ma per i più abbienti si arriva anche al 57%. Eppure, gli svedesi pagano di più: la notizia è nell'ultimo numero dell'Economist. Che ne dà anche una spiegazione poco edificante. Non si tratta del consueto (e autentico!) senso civico dei popoli del Nord Europa, della loro proverbiale onestà unita a una concezione sociale dello Stato, inteso non come un mero regolatore ma come un generoso erogatore di servizi pubblici di prima qualità, dalle scuole alla sanità all'assistenza per chi è in una situazione di svantaggio.

E non si tratta neanche di un errore di calcolo, dovuto al fatto che dal 2000 a oggi la pressione fiscale in Svezia è scesa notevolmente: secondo le rilevazioni della Cgia di Mestre nel 2000 era al 49 ,6%, nel 2005 è passata al 47,2% ma dal 2010 a oggi è passata al 44%. Un percorso inverso rispetto all'Italia che è passata dal 40,1% del 2000 al 43,4% del 2015.

Gli svedesi pagherebbero di più perché in questo modo effettuano un collocamento poco rischioso e moderatamente redditizio del loro risparmio, invece. Con i tassi d'interesse bassi, il rendimento del danaro è ormai azzerato, persino negativo. Chi non ama rischiare ha poche alternative. Ebbene, pagare tasse non dovute è una di queste: lo Stato ha rimborsato puntualmente il danaro non dovuto, con un tasso d'interesse modesto ma positivo, lo 0,56%. In seguito questo tasso d'interesse è sceso, avvicinandosi allo zero, ma va sempre meglio che ai risparmi depositati nelle banche, che vengono erodi dai tassi negativi. Non è una trovata nuova: secondo il Financial Times nel 2015 è successo anche in Svizzera.

Insomma, anche gli onesti svizzeri e gli onesti svedesi possono essere un po' "furbetti". Però nonostante l'ironia dell'Economist, è innegabile che un surplus di tasse sia meno dannoso dell'evasione fiscale, che sottrae risorse ingenti al bilancio pubblico. Mentre il bilancio svedese l'anno scorso era in avanzo di 85 miliardi di corone, ben oltre le previsioni, l'equivalente di quasi otto miliardi e mezzo di euro. Certo circa la metà vanno restituiti ai contribuenti. Però all'erario ne rimangono più di 40.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 01 mar 2017 11:48

ROMA, 1 marzo (Reuters) - ROMA, 1 marzo (Reuters) - L'Italia chiude il 2016 con un indebitamento netto pari al 2,4% del Pil in linea con le stime del governo, a fronte del 2,7% (rivisto) registrato nel 2015.

Lo rende noto l'Istat fornendo il bilancio consolidato di tutte le amministrazioni pubbliche valido ai fini di Maastricht.

Il debito pubblico è salito nel 2016 al 132,6% del Pil (132,0% rivisto nel 2015), il livello più alto dal 1995, anno di inizio della serie storica, poco sotto al 132,8% stimato dal governo.

Il Pil italiano (dati grezzi) ha mostrato un aumento dello 0,9% a fronte del +0,8% (rivisto) registrato nel 2015. Il governo puntava a chiudere a +0,8%.

"I dati disponibili per i maggiori paesi sviluppati indicano un aumento del Pil in volume in Germania (1,9%), nel Regno Unito (1,8%), negli Stati Uniti (1,6%) e in Francia (1,1%)", fa notare Istat nel comunicato.

L'avanzo primario (indebitamento netto meno la spesa per interessi) misurato in rapporto al Pil, è stato pari all'1,5% (1,4% del 2015). La pressione fiscale è scesa al 42,9% dal 43,3 del 2015.

Le entrate totali si attestano al 47,2% del Pil dal 47,8% del 2015. Le uscite totali scendono al 49,6% dal 50,4% dell'anno precedente.

Istat afferma che dal lato della domanda interna nel 2016 si registra, in termini di volume, una crescita dell'1,2% dei consumi finali nazionali e del 2,9% negli investimenti fissi lordi. Per quel che riguarda i flussi con l'estero, le esportazioni di beni e servizi sono aumentate del 2,4% e le importazioni del 2,9%.

La domanda interna ha contribuito positivamente alla crescita del Pil per 1,4 punti percentuali (0,9 al lordo della variazione delle scorte) mentre la domanda estera netta ha fornito un apporto negativo (-0,1 punti).
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 01 mar 2017 13:17

Altri dati nostrani, questa volta sull'inflazione e un piccolo (si fa per dire!) dato sulla cattifa cermania!

L'STAT ci illumina sulla stima dei prezzi al consumo di febbraio, che saranno pure provvisori, ma intanto ci dicono che su base annua sono saliti dell'1,5%, rispetto all'1% di gennaio, mentre su base mensile dello 0,3%.
Quisquilie? Mah...a parte che è un indice generale, il problema è che da una parte il (caro)petrolio, dall’altra il rincaro delle verdure (si, si la cicoria, le zucchine, i broccoletti...magari ripassati aio e oio!) sono aumentati del 37% su base annua a fronte del +20% di gennaio, e hanno contributo in larga parte a questa stima, che se fosse depurata da energia e broccoletti salirebbe comunque, ma dello 0,6% rispetto allo 0,5% di gennaio, mentre quella al netto della sola energia decolla dal +0,8 all’1,3%. Un momentaccio insomma!!!!

http://www.istat.it/it/archivio/197298

Riguardo la cermania, il bilancio del settore pubblico è in attivo per il terzo anno consecutivo per un importo che sfiora i 24 miliardi di dollari, lo 0,8% del pil, al livello degli utili di JP Morgan del 2015.
I tedeschi, bontà loro, stanno lentamente avvicinandosi al target programmato, ossia portare il debito pubblico al 60% del Pil.
Un pò come noi, del resto.
Qualche polemico dirà che l'avanzo di bilancio pubblico è una forma di austerità che sottrae risorse alla collettività senza restituirle. E da un punto di vista contabile è vero. Rimane il fatto che nel 2016, anno in cui il surplus ha battuto ogni record i tedeschi hanno risparmiato di più spendendo insieme di più. Mettetece 'na pezza! Deutschland über Alles!

https://www.investireoggi.it/economia/germania-avanzo-bilancio-record-debito-scende-gia-70-del-pil/
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 03 mar 2017 22:50

PIL 2016 ufficialmente stabilito all'1%.

Adesso esigo che quel viscido e infame essere che risponde al cognome Brunetta si scusi per le valanghe di insulti pronunciate qualche mese fa nei confronti del governo, di Renzi e soprattutto di Padoan (che è uno che al FMI c'è stato con incarichi di rilievo, mica come Fassina stagista a fare fotocopie ), nel momento in cui il ritmo della crescita era lievemente rallentato.
Ma so che non lo farà.
Buffone miserabile.
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