Eccola qua, la perfetta dimostrazione che il reddito di cittadinanza è una chiacchiera da bar e che non riusciranno mai a realizzarla.
http://www.corriere.it/politica/17_maggio_20/m5s-rebus-venti-miliardi-ridurre-poverta-0b698a86-3cc8-11e7-bc08-57e58a61572b.shtmlCon una platea più ampia la misura si riduce a un bonus
Oggi con la marcia Perugia-Assisi la proposta del reddito di cittadinanza avanzata dai Cinquestelle fa un passo in avanti, quantomeno in termini di comunicazione. In realtà in Parlamento esiste dal 2013 una proposta di disegno di legge — prima firmataria la senatrice Nunzia Catalfo — piuttosto articolata e che è considerata ancora il testo di riferimento in materia. Di recente però Beppe Grillo è intervenuto sull’argomento nell’intervista al Corriere e ha rettificato in qualche passaggio quell’ipotesi. È probabile che oggi avremo ulteriori elementi di valutazione e forse anche un allineamento tra l’ipotesi Catalfo e le correzioni estemporanee di Grillo. Una considerazione però va premessa: l’idea del Movimento di finanziare il reddito di cittadinanza è stata finora interpretata dalla stampa e dagli avversari come una proposta diretta a combattere la disoccupazione giovanile, tanto è vero che Matteo Renzi polemizzando con loro ha sempre contrapposto l’etica del lavoro al sussidio della disoccupazione e volendo coniare una parola d’ordine concorrente ha parlato di «lavoro di cittadinanza». Ma la realtà è diversa, sia la versione Catalfo sia le ultime sortite di Grillo indicano come obiettivo la lotta alla povertà e non direttamente alla disoccupazione.
Il disegno di legge parlamentare però parla di povertà relativa e quindi di un reddito minimo (è più giusto definirlo così) che dovrebbe interessare — seguendo la classificazione Istat — 8,3 milioni di individui oppure 2,7 milioni di famiglie. Prendendo alla lettera, invece, le dichiarazioni di Grillo nel mirino c’è la povertà assoluta e di conseguenza la platea si restringe a 4,6 milioni di persone, come da lui stesso precisato. È evidente che a differenti platee corrisponde una «spalmatura» diversa e una differente consistenza dell’assegno erogato. Nella proposta Grillo — che parla di un costo per lo Stato di 17 miliardi di euro (o 20 a seconda delle versioni date di M5S) — si arriva all’incirca a un assegno di 300-360 euro al mese. Mentre l’ipotesi Catalfo prevede di erogare il sussidio alle famiglie e non agli individui e modula la somma: si può arrivare a un massimo di 780 euro per chi non percepisce alcun reddito, per gli altri si sottrarre da 780 quanto già percepito. C’è da aggiungere che la platea di Grillo privilegia di fatto gli immigrati regolari che in proporzione sono maggiormente presenti rispetto agli italiani nella categoria «poveri assoluti». L’opinione degli esperti, poi, è che più si concentra l’intervento più si può pensare di «risolvere il problema», più lo si allarga più il reddito erogato finisce per assomigliare a un bonus (che tutt’al più accorcia le distanze). Infine vale la pena ricordare come quando si parla di assorbire voci già erogate ci sarebbe bisogno di un casellario unico delle prestazioni sociali, che ancora non c’è e senza il quale l’implementazione di misure così complesse risulta aleatoria.
Per validare la loro proposta i Cinquestelle hanno anche reso noto il riepilogo delle coperture di un eventuale reddito anti-povertà e il Sole 24 Ore ha pubblicato nei giorni scorsi una tabella riassuntiva. Le voci più significative riguardano aumento di imposte a banche e assicurazioni, tagli alla pubblica amministrazione, aumenti dei costi delle trivellazioni, una misura di tax expenditure basata sulla riduzione delle detrazioni fiscali ai redditi più alti, il divieto di cumulo pensionistico e il taglio dei dividendi della Banca d’Italia. Il Foglio polemicamente le ha definite «coperture farlocche che affogano le banche e asfaltano le istituzioni». Sulla Rete il blogger Mario Seminerio ha parlato di «una stangata fiscale per i ricchi» e subito dopo ha messo in luce una serie di contraddizioni: il rischio che l’aumento della tassazione su banche e assicurazioni venga scaricato sui clienti, il fatto che i dividendi di Banca d’Italia già vengono versati al Tesoro e che l’insieme delle misure avrebbe l’effetto di un incremento ulteriore della pressione fiscale e contributiva pericolosa che avrebbe un effetto depressivo sull’attività economica. Ma al di là delle critiche, per altro puntuali, il dibattito sulle coperture è solo all’inizio. Del resto anche il governo che con la recente istituzione del Reddito di inclusione ha introdotto nella legislazione italiana misure anti-povertà per ora si è limitato a stanziamenti ridotti ma, se come annunciato, dovesse portare questa voce di spesa fino a 7 miliardi comunque dovrebbe porsi un problema di coperture.