Diario economico

Dove discutere, confrontarsi o scherzare sempre in modo civile su argomenti attinenti al mondo del food&wine e non solo.

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l'oste
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Re: Diario economico

Messaggioda l'oste » 03 dic 2018 21:54

zampaflex ha scritto:
l'oste ha scritto:Del resto, il popolo è spesso espressione della classe politica che lo governa,


Mai come in Italia è vero il contrario: in un paese provinciale e anzianotto, quindi ignorante, epperciò reazionario, il politico è lo specchio del popolo.
Finché esisteva il voto per censo abbiamo avuto Cavour e Giolitti. Per via della guerra abbiamo visto, nonostante il suffragio universale, Einaudi, De Gasperi e Togliatti (che pur essendo un comunista duro e puro, sapeva scendere a compromessi utili per la nazione).

Oggi abbiamo il Truce e Dimail...

Infatti ho detto che i Grandi italiani del passato finiscono nel cesso della mediocritá attuale.

La vaca l'è di chi'l vüsa püsè (la vacca è di chi urla di più)
Non importa chi sarà l'ultimo a spegnere la luce. E' già buio.


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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 04 dic 2018 09:53

l'oste ha scritto:Darwin che fa la trottola sotto terra.


Per il mio punto di vista tutte le opzioni sul piatto sono simili: Berlusconi con il suo reddito di dignità, i stellini con il reddito di cittadinanza e il PD con reddito di inclusione + le varie mancette statali elargite a pioggia (Renzi docet!).
Tutti a promettere più rendite (statali) in uno Stato ormai fallito e sempre più insostenibile, con crescita minima rispetto ai competitors internazionali.
Siamo ostaggio di una maggioranza (l'italiano medio di cui scrivi!), fallita, parassitaria, bacata nel cervello, con mentalità assistenzialista statalista illiberale, contraria al progresso, al business, alla concorrenza, alla meritocrazia, alla produzione di ricchezza (considerata una colpa in Italia) invidiosa del successo (considerato anche questo una colpa!), dissociata dalla realtà, ferma ad idee anni '70 + qualche nuova puttanata radical chic da decrescita felice. Chi ha avuto la possibilità di girare il mondo e metter il naso fuori da questa realtà di dissociati sa bene di cosa parlo.
Ecco perchè Darwin farà il suo corso, inevitabilmente. L'unico cruccio è che questo avverrà troppo lentamente.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 06 dic 2018 12:15

"Secondo uno studio del World Economic Forum il 65% dei bambini che oggi sono alla scuola elementare “da grande” farà un lavoro che oggi non esiste nemmeno.
La società di consulenza aziendale Cognizant ha recentemente pubblicato il libro “What to do when machines do everything” nel quale prevede che nei prossimi 10/15 anni il 12% dei lavori negli Stati Uniti saranno sostituiti dall’automazione. Tuttavia, la stessa società stima che nello stesso periodo verranno creati 21 milioni di posti di lavoro come diretta conseguenza delle nuove tecnologie.
Come a dire che il lavoro c’è, ma troppo spesso a mancare sono le giuste competenze. Il divario tra domanda e offerta in Italia di specialisti Ict conferma che occorre intervenire rapidamente se si vogliono cogliere tutte le potenzialità del nuovo mercato: secondo i dati raccolti dall’Osservatorio, il fabbisogno di laureati per il 2018 oscilla fra i 12.800 e i 20.500, mentre l’Università dovrebbe laurearne poco più di 8.500: un gap che arriva al 58%. Tradotto: i laureati Ict crescono troppo lentamente."

Ecco, alla prossima informata di laureati in discipline umanistiche alla caccia di un posto da professore, magari vicino a casa (cioè al Sud), magari un calcio nei denti non sarebbe male darlo.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 07 dic 2018 20:01

https://www.google.it/amp/amp.ilsole24ore.com/pagina/AEW02PvG

Rapporto Censis 2018.
Dopo il rancore dello scorso anno, ora la delusione fomenta la rabbia.
Correlazione stretta tra quota di giovani e gradimento verso le istituzioni europee, per cui uno stato di vecchi come il nostro non può che stare in coda.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 07 dic 2018 20:54

Riporto Da un articolo di Sette, la oppressiva giungla burocratica italiana a quanto pare chiede:
- fino a 71 adempimenti in 26 uffici per aprire un bar
- fino a 86 adempimenti in 30 uffici per un autoriparatore
- fino a 78 adempimenti in 26 uffici per una falegnameria

E i cretini al governo si gingillano con clandestini (negri soltanto, perché gli asiatici o gli est europei a quanto pare non esistono ) e reddito di nullafacenza (per distribuire il quale si vorrebbe dividere l'Italia in 611 distretti; e quindi, le possibilità che un meridionale trovi lavoro nel microdistretto sono pari a zero: mancia assicurata).
Volete davvero rappresentare il cambiamento?
Disboscate la giungla.
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo 2 » 12 dic 2018 10:24

I comunisti mi trattavano da fascista, i fascisti da comunista.
Tutto questo ha aiutato il film.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 14 dic 2018 11:46

Nel mese di settembre il controvalore portafoglio di soggetti esteri in titoli di Stato italiani si è attestato a 656,2 miliardi poco variato dai 656,6 miliardi di agosto.

In base a calcoli Reuters sui dati di Via Nazionale, a settembre la quota dei titoli in mano ai non residenti sul totale di quelli in circolazione è scesa marginalmente al 33,4% dal 33,5% (rivisto) di agosto.

I dati odierni includono i titoli di Stato detenuti da investitori domestici attraverso soggetti non residenti (come gestioni patrimoniali e fondi) e quelli detenuti dall'Eurosistema direttamente (e non attraverso Bankitalia) e da banche centrali di altri Paesi.

Secondo le stime di Bankitalia al netto di queste voci, la quota in mano agli investitori esteri è calata al 24% del totale nel corso del secondo trimestre dell'anno, con una flessione di circa tre punti percentuali, la più ampia dal secondo trimestre del 2012.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 14 dic 2018 11:49

L'indice PMI di Markit sulle aspettative dei direttori degli acquisti delle aziende manifatturiere della zona euro, in dicembre scende a 51,4 da 51,8 di novembre, è il quarto mese consecutivo di arretramento. Il consensus si aspettava una conferma del livello del mese prima. Sotto le attese anche il PMI Composite, nel quale si tiene conto anche del settore servizi. Clamorosa la caduta dell'indice PMI composite della Francia, in dicembre scende a 49,0 da 54,2: è la discesa mese su mese più forte, da quando esiste questa rilevazione. La flessione è in parte da mettere in relazione alla rivolta delle giacchette gialle.
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 16 dic 2018 23:40

A proposito del mondo del lavoro che cambia, e con esso pian piano si fa strada una sottooccupazione strisciante, o un calo della paga effettiva, recupero questo passaggio di una lettera dello scorso anno:

"Between 2000 and 2015, the total paid hours of work by all American workers rose 4 percent. The prior 15-year period saw a 35-percent increase in work hours. That’s bad enough, but it gets worse. In that same 2000–2015 period, the adult civilian population grew almost 18 percent."

Poche ore lavorative in più, divise per più persone, fa paghe più basse.
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Re: Diario economico

Messaggioda maxer » 16 dic 2018 23:58

zampaflex ha scritto:"Between 2000 and 2015, the total paid hours of work by all American workers rose 4 percent. The prior 15-year period saw a 35-percent increase in work hours. That’s bad enough, but it gets worse. In that same 2000–2015 period, the adult civilian population grew almost 18 percent."

Ecco un limpido piccolo esempio della fastidiosa
incomunicabilità totale nella comunicazione dei piddini con il loro ex-elettorato popolare, che ha portato al crollo del quattro marzo e ai futuri fallimenti :mrgreen:
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 17 dic 2018 11:16

maxer ha scritto:
zampaflex ha scritto:"Between 2000 and 2015, the total paid hours of work by all American workers rose 4 percent. The prior 15-year period saw a 35-percent increase in work hours. That’s bad enough, but it gets worse. In that same 2000–2015 period, the adult civilian population grew almost 18 percent."

Ecco un limpido piccolo esempio della fastidiosa
incomunicabilità totale nella comunicazione dei piddini con il loro ex-elettorato popolare, che ha portato al crollo del quattro marzo e ai futuri fallimenti :mrgreen:


E' l'America, non l'Italia. Per la quale statistiche così approfondite sono raramente disponibili. Quindi non si può commentare con certezza ma al limite ipotizzare che un fenomeno analogo possa essere accaduto anche da noi (oltre al fatto fondamentale che in Italia nel periodo osservato ha agito non tanto la trasformazione del lavoro quanto la doppia profondissima crisi).
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Re: Diario economico

Messaggioda maxer » 17 dic 2018 15:10

[quote="zampaflex"][quote="maxer"][quote="zampaflex"]

"Between 2000 and 2015, the total paid hours of work by all American workers rose 4 percent. The prior 15-year period saw a 35-percent increase in work hours. That’s bad enough, but it gets worse. In that same 2000–2015 period, the adult civilian population grew almost 18 percent."[/quote]

Ecco un limpido piccolo esempio della fastidiosa
incomunicabilità totale nella comunicazione dei piddini con il loro ex-elettorato popolare, che ha portato al crollo del quattro marzo e ai futuri fallimenti :mrgreen:[/quote]

E' l'America, non l'Italia. Per la quale statistiche così approfondite sono raramente disponibili. Quindi non si può commentare con certezza ma al limite ipotizzare che un fenomeno analogo [b][u]possa[/u][/b] essere accaduto anche da noi (oltre al fatto fondamentale che in Italia nel periodo osservato ha agito non tanto la trasformazione del lavoro quanto la doppia profondissima crisi).[/quote]

Invero la mia era una critica sul frequente uso insistito e noioso (e, diciamo pure, un poco saccente) della lingua inglese nei tuoi post.
Nelle periferie (Trentino ..... 8), non tutti la conoscono :wink:
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 17 dic 2018 15:40

maxer ha scritto:
zampaflex ha scritto:
maxer ha scritto:
zampaflex ha scritto:
"Between 2000 and 2015, the total paid hours of work by all American workers rose 4 percent. The prior 15-year period saw a 35-percent increase in work hours. That’s bad enough, but it gets worse. In that same 2000–2015 period, the adult civilian population grew almost 18 percent."


Ecco un limpido piccolo esempio della fastidiosa
incomunicabilità totale nella comunicazione dei piddini con il loro ex-elettorato popolare, che ha portato al crollo del quattro marzo e ai futuri fallimenti :mrgreen:


E' l'America, non l'Italia. Per la quale statistiche così approfondite sono raramente disponibili. Quindi non si può commentare con certezza ma al limite ipotizzare che un fenomeno analogo possa essere accaduto anche da noi (oltre al fatto fondamentale che in Italia nel periodo osservato ha agito non tanto la trasformazione del lavoro quanto la doppia profondissima crisi).


Invero la mia era una critica sul frequente uso insistito e noioso (e, diciamo pure, un poco saccente) della lingua inglese nei tuoi post.
Nelle periferie (Trentino ..... 8), non tutti la conoscono :wink:


Era la busta due :mrgreen:

"Tra il 2000 e il 2015, le ore lavorative pagate totali di tutti gli americani sono cresciute del 4%.
Nei 15 anni precedenti invece erano cresciute del 35%. E' già abbastanza brutto così, ma in realtà è anche peggio: nello stesso periodo 2000-2015, la popolazione civile (cioè non militare) adulta (in grado di lavorare, statisticamente) è cresciuta del 18%."
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Re: Diario economico

Messaggioda Timoteo » 17 dic 2018 16:58

Quanto tempo.....
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 17 dic 2018 18:34

https://www.infodata.ilsole24ore.com/2018/12/05/i-sessantenni-di-oggi-sono-la-generazione-piu-ricchi-i-piu-poveri-i-post-1986/

Dove si vede che in realtà, a parità di età, il divario tra i nati prima del 1965 e quelli dei vent'anni successivi, non è incolmabile (ma è di certo significativo).
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo 2 » 17 dic 2018 18:53

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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 18 dic 2018 16:06

Il terzo trimestre del 2018, già segnato dallo scivolamento del Prodotto interno lordo in terreno negativo, va in archivio con un segnale di rallentamento anche per il mercato del lavoro. Lo certifica la rilevazione trimestrale prodotta dai maggiori osservatori di come si muove l'occupazione italiana: Istat, Inps, Inail e Ministero del Lavoro. "Nel terzo trimestre 2018 si osserva una lieve diminuzione dell'occupazione rispetto al secondo trimestre; gli effetti di trascinamento consentono comunque di registrare ancora una crescita a livello tendenziale, seppur rallentata rispetto al recente passato", dicono nel loro rapporto confermando dunque i numeri già diffusi dall'Istat.

Il numero di occupati nel trimestre risulta in calo dello 0,2%, con una perdita di 52mila persone al lavoro. In particolare, segnala la nota trimestrale, sono calati gli indipendenti (-0,5%).
Il tasso di occupazione destagionalizzato resta comunque, con il suo 58,7%, "stabile in confronto al trimestre precedente a sintesi di un lieve aumento per gli uomini e di un calo per le donne. L'indicatore supera di oltre tre punti il valore minimo del terzo trimestre 2013 (55,4%) tornando ai livelli pre-crisi e sfiorando il livello massimo del secondo trimestre del 2008 (58,8%)". Alla riduzione degli occupati si associa infatti la riduzione della disoccupazione e l’aumento dell’inattività in entrambi i confronti. Sempre restando ai dati destagionalizzati, il tasso di disoccupazione (10,2%) è il valore più basso dal primo trimestre 2012.

Nei dati di flusso diminuiscono le permanenze nell’occupazione, soprattutto per i giovani di 15-34 anni. Dalla disoccupazione aumentano principalmente le transizioni verso l’inattività, che più spesso coinvolgono i giovani di 15-24 anni e le donne.

Tra gli altri fattori, il rapporto annota che nel terzo trimestre l’aumento delle posizioni lavorative (+15 mila posizioni) è proseguito, seppur a ritmi molto meno intensi rispetto al trimestre precedente (+72 mila). Nel periodo dell'entrata in vigore del decreto dignità, si registra che "l'incremento è dovuto esclusivamente alle posizioni a tempo indeterminato (+42 mila), che proseguono la lieve crescita iniziata nel primo trimestre 2018 (+35 mila) e proseguita nel secondo (+51 mila) grazie anche all’aumento delle trasformazioni". Dopo nove trimestri, invece, ha invertito il segno il tempo determinato, scendendo di 27mila. Nel confronto annuo, l'aumento del lavoro a tempo determinato è proseguito "per il decimo trimestre consecutivo" segnando +256 mila posizioni "a ritmi via via meno intensi, mentre si registra la crescita del tempo indeterminato (+118 mila posizioni)".
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 21 dic 2018 14:12

Storia breve delle clausole di salvaguardia

Il debutto delle clausole di salvaguardia, con il governo Berlusconi, nel 2011, è collegato alla necessità di ottenere il via libera di Bruxelles (in fondo la storia si ripete). Il governo di allora si impegnò, con la legge Finanziaria, a coprire 20 miliardi di spese già in bilancio entro il 30 settembre 2012 con un taglio lineare a tutte le agevolazioni fiscali, o in alternativa con un aumento delle aliquote indirette (in primo luogo l'Iva sui beni e servizi, ma anche le accise sui carburanti).

Un tentativo di contenimento. La tempestosa estate del 2011 (la corsa dello spread, arrivato quasi a 400 punti) si chiude con un avvicendamento: il governo Monti, subentrato a metà novembre 2011, riesce a disinnescare (cioè a trovare coperture alternative) buona parte di queste clausole, fino a 13,4 miliardi. Rimane però la previsione di un aumento dell'Iva a partire dal primo luglio 2013, come salvaguardia nel caso in cui non si fosse proceduto a tagli delle agevolazioni fiscali o di prestazioni assistenziali per 6,6 miliardi di euro annui.

Un aumento. Con il governo Letta scatta una delle clausole di salvaguardia: nell'ottobre del 2013 arriva l'aumento dell'Iva ordinaria, che passa dal 21 al 22%. Con la legge di Stabilità 2014 si stabilisce una ulteriore clausola di salvaguardia con la quale si dispone che, qualora la spending review (il contenimento delle spese dello Stato) non raggiunga gli obiettivi previsti (3 miliardi di euro per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 dal 2017) scatti una diminuzione delle detrazioni e delle agevolazioni.

Sterilizzazione e rilancio. Nel 2015 il governo Renzi sterilizza la clausola di salvaguardia per l'anno in corso (trova cioè coperture alternative) e la riduce di 3 miliardi per gli anni successivi, ma introduce a copertura delle misure della manovra un incremento automatico delle aliquote Iva e delle accise (alternativo alla riduzione della spesa pubblica) di 12,8 miliardi nel 2016, 19,2 miliardi nel 2017 e 22 miliardi nel 2018. La posta poi si riduce, e il carico sul 2018 si limita a 19,6 miliardi.

Un tentativo di abrogazione. La riforma della legge di Bilancio vieta le clausole di salvaguardia, ma a disattendere la norma per primo è proprio il governo che vara la legge, il governo Renzi. E con la legge di Bilancio 2019 le clausole di salvaguardia tornano in campo con un consistente rilancio. Nonostante nella nota di aggiornamento al Def si fosse assicurato che il governo Conte riteneva "opportuno intervenire sulle clausole di salvaguardia contenute nella legge di Bilancio 2018, neutralizzando completamente quelle relative al 2019 e parzialmente quelle riguardanti il 2020 e 2021", si prevedono al contrario 9,4 miliardi di salvaguardie sull'Iva per il prossimo anno, cui si aggiungono 13,1 miliardi per la prossima legge di Bilancio (e che quindi scatteranno eventualmente nel 2021).
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 26 dic 2018 12:10

Dal Sole, statistiche contro la vulgata de "l'euro ci ha impoverito".

https://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2018-12-22/euro-l-italia-perde-potere-d-acquisto-ma-non-e-colpa-moneta-unica-112132.shtml?uuid=AED6XU2G
Se si guarda invece al portafogli, i redditi reali delle famiglie (al netto dell’inflazione) sono cresciuti dell’11,3% nell’area, con una forbice che tra i grandi va dal 21,2% della Francia all’11,8% della Germania. È qui che il destino di Italia e Spagna si separa e il nostro Paese è l’unico con il potere di acquisto in calo: -3,8% in 20 anni. In Spagna, invece, cresce del 15,2 per cento.
«A fronte di un evento comune a tutta l’area - spiega De Novellis - il problema appare, dunque, tutto italiano. L’euro poteva essere l’occasione per rilanciare l’economia, ma così non è stato. A pesare è stato un mix di fattori: la bassa crescita del Pil, la stagnazione della produttività e l’abbandono della politica industriale. Poi è subentrata la crisi. In Italia la politica fiscale è diventata restrittiva, mentre la Spagna è riuscita a evitare un rientro brusco del deficit, ha avuto più risorse per combattere gli effetti della recessione sui bilanci familiari e non ha dovuto aumentare la pressione fiscale sulle famiglie».

https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-02-27/cinque-luoghi-comuni-no-euro-sfatare-112318.shtml?uuid=AEwoNIe
Dove tra le altre informazioni si vede come l'inflazione media nel lungo periodo sia crollata dopo il famigerato divorzio tra Tesoro e Bankitalia.

https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-06-26/produttivita-italiana-l-impietosa-classifica-dell-ocse-174721.shtml?uuid=AE2owoCF
Perché alla fine, il problema vero è solo e soltanto la caduta della produttività delle nostre aziende (PRIVATE),
("tra il 2010 e il 2016 la produttività, intesa come Pil per ora lavorata, è aumentata solo dello 0,14% medio annuo, il dato peggiore dopo quello della Grecia (-1,09%). ").
In base allo studio dell'Ocse, in Italia l'incidenza degli investimenti in prodotti di proprietà intellettuale nel 2016 era pari solo al 16,6%, partendo nel 1995 dall'11,5%, dato che allora era superiore a quello irlandese (9,5%). L'Irlanda ha investito quasi il 39% del totale in R&D contro il 7,33% italiano, inferiore anche al dato del Portogallo (8,09%) e della Grecia (8,17%). Va meglio per gli investimenti in Ict che nel 2016 erano il 15,8% del totale, ma nel 1995 erano già il 13%. In questo caso il primato va alla Nuova Zelanda (25%), seguita dall'Olanda(23%) e dalla Francia 21%) e dagli Usa (20%). Se si considera la cosiddetta produttività multifattoriale - che prende in conto l'efficienza totale con cui lavoro e capitale sono utilizzati nel processo produttivo e che cattura tra gli altri aspetti anche l'evoluzione tecnologica- la situazione italiana è ancora peggiore e inanella solo segni negativi. Nell'insieme è -0,20% medio annuo dal 1995 al 2016, con un -0,49% tra il 2001 e il 2007 e -0,01% tra il 2010 e il 2016. Anche in questo caso maglia nera assicurata per la Penisola, con Corea al primo posto (+2,5% medio annuo) tra il 1995 e il 2016, seguita dall'Irlanda (+1,81%).
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 29 dic 2018 16:14

Nel 2016 l'evasione stimata in Italia è stata del 16 per cento. Ciò vuol dire che per ogni 100 euro di gettito incassato dal fisco, 16 rimangono illegalmente nelle tasche degli evasori. In termini assoluti, invece, sono 113,3 i miliardi di euro sottratti all'Erario. I dati sono forniti dall'Ufficio studi della Cgia, secondo cui, a livello territoriale, le realtà più a rischio sono quelle del Sud: in Calabria la stima di evasione è al 24,2%, in Campania al 23,2%, in Sicilia al 22,2% e in Puglia al 22%. La situazione migliora invece nelle regioni del Centro-Nord: in Veneto il tasso di evasione si attesta al 13,8%, nella Provincia autonoma di Trento e in Friuli Venezia Giulia scende al 13,3%, in Lombardia al 12,5% e nella Provincia autonoma di Bolzano al 12%. Negli ultimi anni, il peso dell'evasione risulta comunque leggermente in calo. Se nel 2016, l'infedelta' fiscale e' costata alle casse del fisco 113,3 miliardi di euro, l'anno prima ammontava a 114 miliardi (16,2 euro ogni 100) e nel 2014 a 118,8 miliardi (17,1 euro ogni 100).
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Re: Diario economico

Messaggioda tenente Drogo 2 » 29 dic 2018 18:08

"Die Mönche des „Heiligen Konvents“ der Franziskaner in Assisi pflegen gemeinhin nicht, von ihrem Hügel in die Niederungen der italienischen Steuerpolitik hinabzusteigen. Ebenso wenig wird man ihr Publikationsorgan „San Francesco“ als ein politisches Leitmedium des Landes bezeichnen können. Dennoch scheint das Kloster im Geburtsort des heiligen Franziskus, einer der meistbesuchten Pilgerstätten des Landes, etwas erreicht zu haben, was die Opposition im Parlament vergeblich versucht hatte: Eine Änderung am überarbeiteten Entwurf des Haushaltsplans für 2019, der am Freitag in der Abgeordnetenkammer in Rom beraten werden sollte und an diesem Samstag gebilligt werden soll."

non so cosa vuol dire, ma è un omaggio al compagno Maxer che non parla inglese ma tedesco
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Messaggioda beluga » 29 dic 2018 18:20

tenente Drogo 2 ha scritto:"Die Mönche des „Heiligen Konvents“ der Franziskaner in Assisi pflegen gemeinhin nicht, von ihrem Hügel in die Niederungen der italienischen Steuerpolitik hinabzusteigen. Ebenso wenig wird man ihr Publikationsorgan „San Francesco“ als ein politisches Leitmedium des Landes bezeichnen können. Dennoch scheint das Kloster im Geburtsort des heiligen Franziskus, einer der meistbesuchten Pilgerstätten des Landes, etwas erreicht zu haben, was die Opposition im Parlament vergeblich versucht hatte: Eine Änderung am überarbeiteten Entwurf des Haushaltsplans für 2019, der am Freitag in der Abgeordnetenkammer in Rom beraten werden sollte und an diesem Samstag gebilligt werden soll."

non so cosa vuol dire, ma è un omaggio al compagno Maxer che non parla inglese ma tedesco

E' una citazione dal Mein Kampf. Dice più o meno: State in campana brutti froci.
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Re: Diario economico

Messaggioda maxer » 29 dic 2018 21:03

tenente Drogo 2 ha scritto:" ? ......... ? ......... ? "

non so cosa vuol dire, ma è un omaggio al compagno Maxer che non parla inglese ma tedesco

Danke schön, mein lieber Freund ! :wink:

Purtroppo ultimamente riesco a tradurre a fatica solo l'opera omnia di Karl e di Rosa.
Su san Francesco mi trovi impreparato :|
carpe diem 8)
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zampaflex
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Re: Diario economico

Messaggioda zampaflex » 01 gen 2019 15:54

Quest’anno o, al più tardi, nel 2019 la Germania sarà capace di abbassare il suo rapporto debito/pil sotto il 60%, l’obiettivo principale contenuto nel Patto di stabilità e ribadito con il Fiscal Compact del 2012. E pensare che solo nel 2012, i tedeschi avevano raggiunto un debito dell’82%. Da allora, però, hanno chiuso il bilancio pubblico in pareggio per un anno e per i successivi cinque, addirittura, in attivo. Il 2018 dovrebbe esitare il surplus record dell’1,5% del pil, qualcosa come quasi 50 miliardi di euro di entrate in più rispetto al totale delle spese. Tra le grandi economie, nessuno può vantare nella sua storia moderna simili risultati e per così lungo tempo. Tant’è che nel quinquennio scorso, il debito pubblico tedesco non è soltanto diminuito in rapporto al pil dal 77,4% al 64%, ma persino in valore assoluto di 110 miliardi di euro.

Com’è stato possibile ottenere questi risultati? Aldilà della ben nota austerità fiscale teutonica, Berlino ha potuto avvantaggiarsi dello status di “beni rifugio” dei suoi Bund. In pratica, gli investitori nazionali e stranieri si riparano nei suoi titoli di stato contro le tensioni internazionali (la crisi dell’euro vi dice qualcosa?) e in caso di crisi. Ciò ne favorisce i rendimenti, abbassandoli a livelli ormai negativi da anni, anche per effetto della politica monetaria ultra-espansiva della BCE, con la conseguenza che fino a scadenze medio-lunghe (7-8 anni) ancora sono gli investitori a “pagare” la Germania per avere il privilegio di acquistare il suo debito. Questo è il senso, infatti, dei rendimenti negativi.

Nel lustro 2013-2017, la Germania ha speso complessivamente in interessi 113,3 miliardi, lo 0,7% medio del suo pil. In rapporto al debito del periodo, trattasi di un costo medio dell’1,1%. Con queste percentuali, sarebbe come dire che il governo tedesco ai suoi creditori garantisce a malapena il rientro nell’inflazione, che mediamente nel periodo è stata della stessa entità.


Il confronto tra Francia e Italia
E la Francia? E’ la seconda economia dell’Eurozona, al centro delle attenzioni in questo periodo per l’annunciato (informalmente) sforamento del deficit nel 2019, quando verosimilmente salirà al 3,4% del pil. Nel quinquennio passato, Parigi ha incrementato il suo debito di ben oltre 365 miliardi di euro, sborsando complessivamente 240,7 miliardi in interessi, appena il 2,2% medio del pil e per un costo medio annuo del debito al 2,3%, l’1,8% reale. Dunque, al netto di questa voce di spesa, avrebbe comunque aumentato il suo debito di 125 miliardi, quando la Germania lo avrebbe ridotto ancora di più per 223,4 miliardi.

Meglio ha fatto l’Italia, che ha incrementato nello stesso periodo il suo debito di 273,4 miliardi, sborsando la cifra stratosferica di 352,2 miliardi solamente per gli interessi, il 3,2% dello stock medio del debito (2,7% reale) e pari al 4,2% del pil. Al netto di questa voce, il debito pubblico italiano, quindi, sarebbe diminuito di quasi 79 miliardi.
Nessuno immagina che l’Italia dovrebbe sostenere lo stesso costo della virtuosa Germania, ma se immaginassimo di sborsare in termini percentuali la stessa entità della Francia, tra il 2013 e il 2017 avremmo risparmiato circa la metà dell’onere, qualcosa come quasi 168 miliardi e avremmo così oggi un rapporto debito/pil di quasi una decina di punti percentuali più basso, mentre questo è cresciuto dal 129% al 131% nel corso del quinquennio, meno che in Francia, dove è passato dal 93,4% al 98,5%.

Dunque, la spesa per gli interessi si rivela determinante per il trend dei vari debiti sovrani.
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harmattan
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Re: Diario economico

Messaggioda harmattan » 02 gen 2019 11:54

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/01/02/perche-il-discorso-di-mattarella-non-ci-e-piaciuto-per-nulla/40598/

Apprezzo la filosofia di Boldrin, ma a volte sembra che sia fuori dal mondo.

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