Dedalus ha scritto:vittoxx ha scritto:Dedalus ha scritto:vittoxx ha scritto:credi che il tuo argomentare sul rossese goldskapel m'abbia convinto che non sia un'enorme tartaruga?
Io ti ho spiegato quali sono i motivi per cui io considero quel vino un grande vino.
Tu potrai non condividere, spiegandomi a tua volta i motivi del tuo dissenso, e via così lungo la strada della dialettica.
Qui invece, sul punto fondante di tutta la degustazione, tu lasci una pagina bianca, e la chiami Assoluto.
Mi pare una differenza non da poco.
Tu m hai spiegato i canoni del tuo Assoluto, che non condivido nè in teoria nè nell'esplicazione pratica.
Sulla pagina che io lascerei secondo te bianca, io sono certo di aver espresso ripetutamente il mio Canone; non ho accettato, e non accetto adesso, quel tiro al piccione che tu e pigi (ammetto con mezzi ed esiti differenti) vi divertite a fare colle opinioni altrui quando vi va. E cioè di tentare di smontare vivisezionando ogni argomento altrui. Sono troppo vecchio x non sapere che dialetticamente, se si vuole, si può tentare di decostruire tutto, soprattutto se non si ha intenzione di costruire. Lo faccio anch'io, l'ho fatto poco fa sparando qualche cagata x divertimento. Oppure il contrario, che è lo stesso: tentare di sostenere dialetticamente, teoricamente l'insostenibile, tipo che Pollok o Wharol abbiano qualcosa a che fare con l'Arte e non con la degenerazione della medesima o con la critica prezzolata. È un giochino da bimbi. E proprio xchè non mi piace, intellettualmente e praticamente, che mi parso di pigliare paragoni iperbolici, tipo san pietro che puoi demolire, se ti pare, ma lo devi smontare mattone x mattone tanta è l'evidenza dell'Assoluto.
Detto ciò, ora devo produrre. Ci risentiamo all'ora dei lupi, quando, se vorrete, mi difenderò dagli insulti
Effettivamente la tentazione di passare agli insulti mi è pure venuta...
Comunque scherzi a parte, qui si parla quindi il ragionamento è lecito, ma si parla di vino e non di filosofia dello spirito. Quindi, come da una parte è giusto non esagerare con le sottigliezze e le complicazioni, così dall'altra non si può nemmeno pretendere di buttare qualsiasi ragionamento alle ortiche chiamando come fai tu qui un fuorigioco dialettico che in quanto generico è del tutto arbitrario.
Io mica sto a farla tanto complicata.
Tu -come tanti altri- dici che la valutazione oggettiva, slegata dalla soggettività del palato e della mente del singolo degustatore, esiste.
Io ti chiedo semplicemente di dirmi come è fatta, su cosa si basa, come si arriva a formulare sto benedetto giudizio oggettivo sciolto dai limiti della soggettività di ognuno di noi.
Ora, non mi pare sta grossa questione filosofica. Il problema è che non si sa cosa rispondere. Perché una risposta non c'è.
Invece è in toto, come del resto ogni cosa di cui si discuta, una questione filosofica. Ed è bella, a chi piace, proprio per ciò.
Come avrai ormai ben compreso, discutere di cose di meno momento mi interessa poco o punto.
È impossibile slegare la nostra soggettività dal giudizio, è così ovvio e banale che non capisco chi lo abbia tirato fuori. Il punto è che la soggettività è il mezzo con cui cercare, tentare, d'intravedere l'Assoluto; non il fine cui piegare la ricerca, la Verità alla nostra versione d'essa. Lo sforzo dunque, culturale, sta nell'allenare la sensibilità, la soggettività ad indagare il percorso dell'infinito, non nel crearsi modelli divergenti, falsi canoni interpretativi, pezzenterie interpretative per poter allargare i confini dell' arte e farci entrare cani e porci. Chiaro che il ragionamento parte dall' analisi artistica, ma nella mia visione vale pure per il vino. E, mutatis mutandis, uso i medesimi canoni esegetici. Fra i quali, molti, esiste anche l'intuizione, intesa come intuituitus, intuire, entrare dentro, cogliere che si è al cospetto dell' Assoluto. E più soggettivo di così... Aggiungo, come ovvio, che su questo percorso l'errore è più che contemplato, essendo regola e non eccezione. E che naturalmente l'intuito, uno e non il solo dei canoni estetici, ha molto a che fare co la cultura, la sensibilità, l'esperienza di chi lo esercita.