Terza batteria- Cote Rotie La Turque 1996 E. Guigal
- Cote Rotie Cote Brune 1996 Jamet
Dopo che le prime due batterie ci avevano già fatto godere un bel po', sembrava impossibile salire più in alto ed invece...la terza è stata un'esplosione di sensualità, carnosità, elegante raffinatezza "bondage" e quant'altro la fantasia "eno-erotica" possa immaginare. Due vini che interpretano magistralmente ed in modo altamente simbolico i tratti dominanti del versante "dark" della denominazione Cote Rotie. Pur essendo un territorio stretto (solo le colline di ovest che fiancheggiano il fiume Rodano dopo Vienne e fino a Condrieu, a memoria meno di 10 km circa), i terreni si differenziano fortemente. Proprio all'altezza del villaggio di Ampuis, la collina diventa scura, rossastra per effetto dei minerali ferrosi che dominano lo strato di rocce che continuamente affiora dal sottile strato di terriccio che la ricopre. Per questo motivo il lieux-dit qui è stato chiamato "cote brune" (in contrapposizione con la cote blonde che quasi confina a sud). I vini sono più serrati, più tannici, con forti sentori di minerale scuro e del famigerato "fumo rodaniano". Anche per questo molti produttori aggiungono nell'uvaggio un po' di bacche bianche del viogner: per ingentilire e profumare dei vini che altrimenti sarebbero troppo duri e poco approcciabili nei primi anni di vita. Il vigneto non è molto esteso e solo pochissimi produttori ne possiedono un appezzamento. Fra questi Guigal nella parte centrale e Jamet nella parte più alta (le pendenze sono da capogiro). Il risultato nel bicchiere è entusiasmante: non sono riuscito a stabilire una graduatoria fra questi vini perchè li ho amati entrambi in egual misura. Mi hanno dato lo stesso piacere, sebbene con due interpretazioni nettamente distinte dello stesso vigneto. Jamet è potente, giovanissimo, stordente con i suoi profumi di affumicatura, pepe nero, frutto rosso di bosco croccante e tanto, tanto balsamico. La bocca è altrettanto energetica, fresca e lunga. A voler essere pignoli, specialmente nel confronto sorso-a-sorso con Guigal si percepisce un tannino non completamente addomesticato, quel filo di "rusticità" che lo rende meno "pettinato", meno elegante. Questo però è il suo limite ma anche il suo principale fascino, quello che lo sta facendo diventare un vino "cult" fra gli appassionati di tutto il mondo alla ricerca di "emozioni vere" trasmesse da vini che hanno lo stesso carattere rude e scontroso dei loro produttori (non ha a caso Jean Paul Jamet è un po' il "Citrico" della Cote Rotie, uno che ha spesso litigato a muso duro con R. J. Parker). Lo stacco con La Turque da questo punto di vista è notevole: in questo capolavoro c'è tutta la sapienza, anzi fatemi dire a ragione "l'arte", di chi sa domare con pazienza e lungimiranza terreni così scontrosi ed energici. 42 mesi di affinamento in legno piccolo non sono per tutti: il risultato dopo altri 16 anni di bottiglia è stupefacente. Il naso è forse un po' meno pirotecnico del vicino di bicchiere, con qualche tocco dolce, di cacao spolverato in mezzo a carne saporita, tante spezie scure ed il fumè un po' più in secondo piano. La bocca però... ah la bocca di la Turque....
che roba! Che magia, che soffusa eleganza, che potenza addomesticata: puro velluto elettrizato che ti avvolge la bocca accarezzandotela e scuotendotela allo stesso tempo! Alla fine del sorso ti lascia un brivido, un lunghissimo fremito che non ti molla per tanti secondi, forse alcuni minuti. E tu non vedi l'ora di provare di nuovo quella sensazione affascinante con un nuovo sorso. L'accostamento fra i due era una dolce tortura che ho continuato a ripetere fino alla scolatura dei bicchieri: prima il naso affascinante di Jamet ed il suo sorso energico ma leggermente graffiante, poi il naso meno erotico di Guigal ma il sorso quasi sconvolgente.
Alla fine ero solo "felice e confuso" incapace di stabilire una netta preferenza fra questi due magnifici campioni.