Messaggioda Sisifo » 18 feb 2018 18:29
Qualche grossolana impressione, in buona parte risalente ai mesi precedenti. Oggi ho deciso di recuperare qualcosa dai blocchetti sparsi a destra e a manca.
Nature 2013 – Stocker: Giallo tendente al paglierino, decisamente più aperto e disponibile del solito. Naso stratificato e dominato da una mineralità quasi marina, accompagnata da lievito, mentuccia, bergamotto, agrumi e polpa di susina. Sorso succoso e salmastro, bolla fine e carezzevole. Una versione meno divisiva rispetto allo stile stockeriano standard che, soprattutto in gioventù, vede una prevalenza delle durezze e delle note piraziniche. In questa versione credo sia veramente difficile non collocarlo tra le migliori bolle italiane (anche se non linguisticamente). Devo tutttavia dire che, essendoci abituato, un po’ mi manca la tradizionale scontrosità di questo spumante. In ogni caso commovente, anche perché è l’ultima versione su cui ha potuto ancora mettere l’etichetta il grandissimo Sebastian. Calice rivolto al cielo!
Champagne - Bollinger SC: Un mese fa avevo aperto il penultimo dello stesso cartone in cantina da circa 5 anni e – oltre ad essere penalizzato da un tappo non perfetto - recava decisamente i segni del tempo; invece in questo caso l’evoluzione è stata decisamente positiva. Dal colore sembra sboccato da un annetto, naso splendido: ostrica, gesso, fiori di albicocca, cedro candito. Bolla perfetta. Alla cieca avrei detto grand année invece è un "vieillement débouchée": ovviamente non è ciò che recita l’etichetta ma visto che l’ho dimenticato in cantina. Questa volta è andata bene.
“Franciacorta” nature “Ai Conforti”: Bollicina franciacortina prodotta artigianalmente da dei cari amici di Provaglio d’Iseo. Franciacorta “di fatto” perché, non essendo commercializzate né etichettato, non credo proprio che spendano per chiedere la docg. La mancanza di etichetta e quella di memoria non mi consentono di risalire all’annata (anche se so che è millesimato); comunque era in cantina da qualche anno e l’evoluzione si vede e si sente, a partire dal colore dorato. Lievito, arancia candita, nocciola, un filo di zucchero filato. C’è anche un sensibile mineralità gessosa che fa veramente pensare alla Côte des Blancs. In bocca è appagante, anche per via di una bolla fine e piuttosto persistente. Non lunghissimo, ma comunque decisamente uno dei migliori vini della zona mai assaggiati. Lo avevo provato in versioni precedenti più fresche (ma l’evoluzione, anche in questo caso, è “colpa” mia), sempre piacevolissime, che rimandavano più alla collina trentina che a quella bresciana, ora non è difficile pensare a uno champagne base lasciato un po’di tempo in cantina. Peccato che ne facciano pochissimo e che lo consumino esclusivamente tra familiari e amici.
Riesling spatlese Urgluck 2012 - Merkelbach: Piuttosto giovanile nell’aspetto, mostra un filo di evoluzione in più al naso: coriandolo, albicocca secca, miele di castagno e un filo di caramello. Sorso dinamico e succoso, che riesce a far quasi dimenticare un residuo che francamente non apprezzo più di tanto. Finale non interminabile. Riuscito l’abbinamento con un piatto un po’ acrobatico con riso venere, broccoletti di montagna, colombo (spezia), bergamotto e pure un filo di aglio e peperoncino; ma trovo che, più in generale, queste dolcezze siano molto più difficili da abbinare di quanto spesso si dica. Ovviamente dipende un po’ anche dal palato, io ad esempio devo buttare il caffè o il thè se per sbaglio me li zuccherano.
Coste della Sesia Rosa del Rosa 2016 – Sperino: Semplicemente il miglior rosato-rosato italiano che mi sia capitato di assaggiare, forse in ex aequo con quello delle Pianelle. Dico rosato-rosato perché non appartiene al genere estratto e potente dei vari Valentini, Il Rogito ecc. per capirci. Color salmone. Naso elegantissimo di piccoli agrumi (mandarini, Kumquat), melograno, chiodi di garofano, liquirizia e anice stellato. Succosissimo, sapido e lungo. Capolavoro di Luca De Marchi.
Etna Rosato 2014 – Terrazze dell’Etna: Rosato nervoso e muscolare, molto interessante. Zagara, mandarini, tamarindo, timo e cenere bagnata. Bocca sapida, succosa e fresca. Veramente molto buono e territoriale, con un filo di alcol in meno potrebbe avvicinarsi a mostri etnei tipo Vinudilice. Non ha né la quota così estrema né la complessità ampelografica di quest'ultimo, per cui probabilmente non arriverà mai lì, ma paragonato ai rosati da nerello che conosco siamo già ai vertici.
Etna Rosso Carusu 2013 – Terrazze dell’Etna: Nonostante l’annata quello che si è fatto in vigna non sembrerebbe male, peccato che un cattivo uso del legno renda questo risultato decisamente opaco. La sensazione è che usino questo base per fare i primi passaggi di tonneaux e barriques, ma un banale cemento o vetroresina darebbero un risultato molto migliore. Comunque sotto il legno ci sono agrumi, polpa di anguria, prugna e tamarindo, discreta sapidità e tannino primario poco percepibile. Insomma potrebbe essere un bel base, oppure un pessimo “Etna moderno”, devono ancora decidere.
Sassella riserva Rocce Rosse 2007 – Ar.Pe.Pe: L’aspetto è il solito rubino trasparente, ma già al naso mostra un carattere un po’ più fruttato e aperto rispetto ad altre versioni, meno austero. Per me non vale né la classica 2001, né – a maggior ragione – l’ipnotica 2002 che, anche oggi, mi sembrano ben più complesse ed eleganti. Spero che sia l’annata e non un trend “a mettere”, che avevo riscontrato anche in Stella Retica 2011, giocato più sulla potenza del solito, poi però il 2012 ha smentito il sospetto con un uscita decisamente “piccola” (l’annata è quella che è) ma leggiadra. Poi, al di là dei paragoni tra annate, resta un gran vino, profondo e godibile: viola, ciliegia sotto spirito, arancia rossa, chiodi di garofano, anice e liquirizia. Il repertorio c’è insomma.
Bonarda di S. Colombano 2015 – Produttori di S. Colombano: Vino biologico da bere senza troppi pensieri. Siamo al limite della finestra di bevibilità ideale. Da rilevare però la grande godibilità di questa versione solare che, diversamente da alcune annate precedenti, finalmente vede il frutto accompagnato da una mineralità più salina che metallica. Credo dipenda anche dall’annata poco problematica.