Messaggioda landmax » 17 gen 2017 17:04
In premessa vorrei rivolgere un enorme grazie a Marco, padrone di casa sempre accogliente e capace di mettere in campo una line-up entusiasmante, se non emozionante.
Una giornata indimenticabile.
Passando ai vini.
Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2004: continua a non piacermi per nulla. Trovo che in quest’annata il dosaggio sia stato eccessivo e contribuisce alla sensazione di un vino “piacione”. Ma non è solo questo: il vino non sembra mostrare nulla di particolarmente interessante, mi sembra privo di dinamica gustativa, stratificazione e complessità e - ciò che è più grave ai miei occhi - piacevolezza di beva. Non datemene. 85/100
Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2005: qui si cambia registro. Il dosaggio, anzitutto, sembra molto più contenuto. E’ vero, è ancora estremamente giovane (specie al naso, ancora abbastanza in divenire), ma in bocca è lungo e persistente, la bollicina è perfetta e chiude piacevolmente sapido. Non da sgranare gli occhi, ma si beve molto volentieri. 88+/100 (dove il + significa “con margini di miglioramento ulteriore”).
Sir Winston Churchill 1999 Pol Roger: entriamo prepotentemente nel mondo dell’eccellenza con questo champagne, che nelle mie (poche) esperienze si è sempre distinto per eleganza ed equilibrio. Al naso è riconoscibilissimo, con le sue note di pasticceria e cioccolato bianco, polvere di caffè e un tocco di zenzero. In ogni caso più complesso che intenso. All’assaggio è davvero di grande equilibrio e finezza, slanciato, la bolla è cremosissima e di grande persistenza. Da berne a secchi (ad avercene). 93/100
Salon “S” Blanc de Blancs 1997 Le Mesnil: il naso parte molto evoluto, su insistite note di torrefazione. Col tempo, però, si rivela uno degli champagne più mobili della giornata: note iodate e floreali (glicine), di crema, crosta di pane e frutto tropicale si affacciano nitide e affascinanti. L’attacco di bocca è estremamente cremoso, la finezza del perlage è da manuale, l’unico “difetto” è che l’acidità (marcata) è ancora un po’ scissa, probabilmente ha bisogno di tempo. Il finale ne risente un po’ in termini di complessità e persistenza, anche se mi è piaciuta da matti la gessosità finale di questo vino. Da attendere ancora. 92+/100
Reflet d'Antan Bereche et Fils (deg. aprile 2016): a me è piaciuto tanto. Vero, non ha la complessità dei precedenti, epperò: il naso è particolarissimo, giocato com’è tra un florealità che mi ricorda il fiore di sambuco e una controllata ossidazione. In bocca è semplicemente perfetto, senza alcuna sbavatura “naturistica”, di una bevibilità pazzesca e con quel sapore di ginger molto particolare. Gli manca forse un po’ di complessità, ma è davvero uno champagne eccellente. 92/100
Cuve 38 La Reserve Perpetuelle Blanc de Blancs Henriot: un portento, sebbene ancora un bambino in fasce. Che si tratti di un metodo solera nessuno lo sospetterebbe. In effetti, guardando sul sito aziendale, di solera non si parla e io ho il dubbio che non lo sia (forse il tino è chiuso e non aperto). Il naso è delicato, inizialmente molto vanigliato, poi migliora ed escono fiori bianchi e crema chantilly, e una netta nota iodata, complessivamente molto in stile “Oenotheque”. La bocca è splendida, anche se ancora in gran parte inespressa per via della gioventù. L’unico “difettuccio” è una bollicina non perfettamente integrata, ma siamo comunque su livelli molto alti. Da attendere, fiduciosi, per molti anni. 93+/100
Substance Champagne Grand Cru Blanc de Blancs Brut Jacques Selosse (deg. novembre 2013): quando si dice che la sboccatura fa la differenza (sugli champagne è così, c’è poco da fare). Se non gli facessi un’offesa, direi che è “uno zabaione con le bolle”. Sì, perché la nitidezza con cui si percepisce questo inebriante profumo, sia al naso che in bocca, è impressionante. Non è il solo, sia chiaro, col tempo saltano fuori persino la ginestra e il lampone fresco. Bocca potente, vibrante e saporita, che ha raggiunto un perfetto equilibrio, di straordinaria persistenza. 95/100
Dom Perignon Vintage 1996: il solito, splendido Dom Perignon maturo (ma non troppo, eh). I suoi profumi sono il paradigma della complessità champenoise: dai fiori bianchi al miele di tiglio, dalla crema all’ostrica, dalla mela grattugiata alla polvere di caffè, il tutto “shakerato” in un quadro di grande finezza. La bocca, invece, è meno fresca e vibrante di quanto mi sarei aspettato da un DP di quest’annata, tant’è che alla cieca avevo ipotizzato un ’98. Manca un po’ in allungo, magari è una bottiglia leggermente “sottoperformante”, ma è pur sempre un bere delizioso. 91/100
Dom Perignon Oenotheque 1996 (deg. 2008): bottiglia strana, questa di Oenotheque (è la 4° o 5° volta che lo bevo, per cui posso dire di avere un minimo di esperienza con questo vino). Strana, innanzitutto, perché al naso domina una nota di ananas che non avevo mai riscontrato prima. Meno complesso del solito, comunque, tanto da pensare ad un vino di recente sboccatura, mentre così non è. In bocca è il solito splendido Oenotheque, perfetto connubio tra complessità e bevibilità, l’unica sbavatura è che si avvertiva una punta di TCA (davvero minima eh, che tra l’altro non si avvertiva neppure al naso), che “sporcava” appena la bevuta. Opto per bottiglia in cui il tappo non ha lavorato alla perfezione. 92/100 (ma è un vino, per me, che normalmente sta nella fascia 95-100).
Le Clos Saint-Hilaire 1999 Billecart-Salmon: il colore è magnifico, un giallo paglierino con riflessi oro antico/rosati, il vino lo è un po’ meno. Già al naso, dove si sente una nota legnosa un po’ secca e un leggero sentore di grasso animale. Col tempo migliora, ma in ogni caso i profumi sembrano ancora un po’ compressi. La bocca è di un vino ancora in fasce: poderosa, ma un po’ scomposta, priva di dettaglio, con un’acidità tagliente a farla da padrona. Needs time (e, comunque, il 1996 gioca un altro campionato). 91+/100
Vieilles Vignes Francaises Blanc de Noirs 1997 Bollinger: un grandissimo champagne, senza meno. Da notare che l’avevo già bevuto (stesso millesimo) alla schampagnata di 2 anni fa chez Marco e non mi fece la medesima impressione. Segno, anche in questo caso, che un paio d’anni in bottiglia gli hanno giovato, e molto. Raccontare un vino così “alto” è davvero impresa difficile. Dirò soltanto che, lungi dall’essere "muscolare” - come magari qualcuno potrebbe ipotizzare, pensando ad una delle più grandi riserve a base pinot noir – è al contrario dolce, elegantissimo, seppur prodigiosamente profondo. Il finale, con eleganti ritorni di caffè e crema zabaione, è davvero poetico. 96/100
Vintage 1990 Krug: un altro vino straordinario. Complesso e intenso al naso (caffè, crema pasticcera, scorza d’agrumi, fior di sambuco, mela grattugiata e cognac… tra gli altri), molto aperto e “leggibile” oggi, non è da meno in bocca, dove sfodera una potenza semplicemente straordinaria. Finale molto sapido e letteralmente infinito, “a coda di pavone”. 96/100
Collection 1990 Krug (deg. estate 2014): profumi più dolci e meno “austeri” del fratellino (teoricamente) minore, all’assaggio rivela un’acidità vibrante e ancora un pò da amalgamare, ma… che grande vino! Da aspettare qualche anno (minimo). 94+/100
Clos du Mesnil 1989 Krug: le ultime parole che ho appuntato su questo vino sono: “grande interpretazione, grande terroir”. Vorrei partire da qui per rendere omaggio a un vino emozionante, che ha lasciato tutti letteralmente abbacinati. Di un giallo oro intenso e brillante, i profumi sono altrettanto intensi e di grande particolarità: litchi, uva passa, fior di sambuco, zabaione. Al gusto è pura armonia: la dolce pienezza di questo vino è trascinata da (o meglio: fusa con) una freschezza e una gessosità che rimandano lì, alla nobiltà più nobile di uno dei più grandi cru della Champagne. Emotivamente fuori scala, volendo a tutti costi dargli un voto, per me è un 98/100 (la piccola penalizzazione dovuta soltanto a una complessità olfattiva soltanto ottima, ma forse non assoluta). E’ oggi al suo apogeo.
Grands Echezeaux 2002 Dom. Gros Freres et Soeur: Marco non ci fa mancare nulla e così si continua con questo grand cru di Borgogna. I profumi sono semplicemente inebrianti: china, arancia amara, fragola macerata, una nota mentolata ed una... come di linfa. In bocca è più austero di quanto ci si potesse immaginare al naso: il vino sembra senza peso (com’è nello stile del produttore), ma è lungo e persistente, con una chiusura piacevolmente amaricante che rimanda al rabarbaro. 93/100
Barolo Monfortino Ris. 2002 Conterno: a mio parere, a livello olfattivo paga pegno al vino precedente (davvero arioso). Questo è più terroso e lento a distendersi, anche se non privo di sfumature, tutt’altro. La bocca è il solito portento, poderosa, ma molto golosa già ora, più dolce della precedente, con un finale lungo e netto di amarene e more di rovo (e quel quid di affumicato/tabaccoso tipico dei grandi barolo). 92/100
Montilla Moriles Don PX Gran Reserva 1975 Bodegas Toro Albalà: si continua in bellezza con questo Pedro Ximenez, dai profumi quasi caleiodoscopici (noce, prugna essiccata, datteri, uva passa) e con una rinfrescante nota di eucalipto a contrastarne l’evidente dolcezza. All’assaggio mostra un grandissimo equilibrio gustativo, nonostante la marcata dolcezza. Mooolto lungo. Buonissimo. 93/100
Vintage Port (Alto Douro) 1963 Borges & Irmao: dico subito che non l’ho apprezzato. E’ vero, i profumi di fragolina di bosco e rosolio sono davvero intriganti. Il problema è in bocca, dove l’alcol mi sembra davvero un po’ bruciante e non mi invoglia al sorso successivo. 83/100
Ancora un GRAZIE sincero a Marco per la splendida giornata!