gianni femminella ha scritto:AedesLaterani2012 ha scritto: aedeslaterani2012 ha scritto:- VALENTINI, Montepulciano d'Abruzzo (1995) ... Mia moglie non si prolunga nell'olfazione e si 'tuffa' nella beva; prima un piccolo sorso, subito dopo un altro... "Ma...è dolce, buono... anzi, buonissimo!". Mai sintesi più efficace fu fatta sugli effetti di riduzione del vino, quelli che determinano lo sviluppo dei “nuovi aromi" e comportano l'ossidazione degli aldeidi e la formazione degli esteri. Fra questi l'acetato di etile (il caratteristico sapore dei "frutti di bosco") e senza dilungarmi in improbabili [quanto soggettive] descrizioni degli aromi terziari direi genericamente "unami", ovvero il gusto ricco e corposo che ha origine dagli aminoacidi di cibi come i funghi e le patate (in bocca le note di humus su tutte). Ecco spiegato il 'dolce mistero', che condivido e sottoscrivo con la coniuge.
Non dare retta a quel romanticone di Claudio.
Complimenti per la bellissima descrizione, ce ne vorrebbero di più.
Una domanda, sei certo che questa dolcezza sia dovuta ai fattori che citi? Non sono un chimico, ma mentre comprendo che il fattore "acetico" contribuisca alla dolcezza, secondo la mia esperienza di assaggi di vini lungamente invecchiati non riesco a inquadrare i terziari come corresponsabili.
Gianni, grazie, sei sempre molto gentile!
Ascolta, Gianni, la cosa è lunga e dibattuta ed io [premessa d'obbligo] non sono certo un enologo né un Ordinario di Enologia. L'argomento, tuttavia, mi ha sempre affascinato e posso con certezza dirTi [al li là della scontata sequenza di trasformazione dell'uva in vino, che ha dato luogo alla scolastica tripartizione degli aromi - e alla boutade di Albanese sulla degustazione! -
] che, alla finezza ed eleganza olfattiva di un vino è associata la presenza dei cosiddetti 'precursori varietali', presenti nella buccia dell'uva. I precursori, nel mosto, sono legati ad una o più molecole di zucchero e non sono percepibili all’olfatto. Durante la fermentazione vengono “liberati” dallo zucchero e diventano percepibili, diventando quindi i responsabili della evoluzione sensoriale del vino stesso. Diciamo che, condizione necessaria (ma non sufficiente) perché il processo d'invecchiamento avvenga (la cd. "amplificazione ed armonizzazione odorosa" dei manuali), senza derive né problemi [rifermentazioni, riduzioni, etc.] è solo il tempo, tanto tempo. Al contrario, laddove il processo si consumi rapidamente [nei vini cd. "evoluti/vecchi" nella nomenclatura ufficiale dei degustatori] avremmo solo odore di “vino vecchio”, spesso sgradevole, in conseguenza del rapido decadimento (in particolare) degli esteri.
Va da sé, Gianni, che la "degustazione edonistica del vino" di cui spesso si legge [ecco spiegata la mia 'incursione' con le note di degustazione del wine-blogger], è tutt'altra cosa, giacché il quadro aromatico di cui riferisce è influenzato dalla soggettività del degustatore, dalla sua esperienza di vita, dalla sua 'cultura olfattiva' e - perché no?!? - anche dal suo stato d'animo al momento della verticale. In sala, nella mia Delegazione, c'è chi al quarto assaggio sente distintamente l'anice stellato che, personalmente, non è nella mia memoria olfattiva, non essendo mai stato ai Tropici, ma - come sovente avviene - lo si distingue per fede, mica per altro!
Facezie a parte, Gianni, ecco perché son partito dall'osservazione di mia moglie (potenza e saggezza delle donne!) la quale, con due parole, ha rotto tutti gli indugi scolastici ed i numerosi "dogmi" dell'approccio alla degustazione tradizionale, quella "edonistica" per intenderci, lasciando, invece, che io potessi riflettere non sulle percezioni sensoriali, ma sullo stato evolutivo del vino [il famoso quadro aromatico di cui parlavamo prima].
Gli aromi terziari, Gianni, sono implicati nella misura in cui dalla fermentazione alcolica del vino (e conseguente sintesi dei lieviti) - dato il lungo invecchiamento e sempre che tutto vada a buon fine - si formano gli esteri, cui rimandavo nel post, e quelle componenti volatili, che hanno come tipici descrittori gli aromi (per l'appunto 'terziari') riconducibili ai vini invecchiati. Pensa fra gli esteri di sintesi a descrittori come la "cera d'api" (credo faccia parte della famiglia degli esteri gliceridi) o le note di frutta rossa a bacca piccola dei cheto-esteri.
Ripeto, Gianni, il mio enorme limite è di non essere un chimico... spero solo di averTi esplicitato con sufficiente chiarezza quanto ho capito. Spero soltanto di non aver fatto troppa confusione fra cavoli e patate!
Un caro saluto e buona Domenica!
P.s.: che Ti apri oggi?