Messaggioda ferrari federico » 01 feb 2024 15:20
Tra gli ultimi bevuti:
Valtellina Superiore Riserva Grumello 2018
Pizzo Coca
Dal nome di una delle cime più alte e note delle Alpi Orobiche, nulla a che fare né con la multinazionale delle bevande gassate né con le sostanze illecite, arriva tra i “giovani turchi” della rinnovata e vitalissima vitivinicoltura valtellinese anche Pizzo Coca.
Etichetta di punta questo Grumello Riserva, dalla zona dei Dossi salati e quindi a quota elevata, che a bicchiere appena versato è, per appunto, …un po’ riservato. Profumi da cercare dapprima un po’ nel bicchiere, con l’areazione si aprono in un bouquet di frutta matura (lampone, ciliegia e anche melacotogna) al di sotto del quale urgono sentori (per ora in parte inespressi) balsamici e animalici.
Di media intensità il colore, un bel rubino brillante; alcolico e ancora tannico ma con struttura non imponente. Abbastanza equilibrato nonostante la evidente “giovinezza”. Di buona bevibilità nonostante l’alcol in evidenza. Il retrobocca propone una scia di buona persistenza, che mette in evidenza il tannino con ancora del tutto metabolizzato.
Interessante ma da risentire. Per ora 89/100.
Valtellina Superiore Sassella 2019
Marco Ferrari
Vero “vino di montagna”, sottile, fresco, aereo e profumato, questo “vin de garage” della nuova ondata dei piccoli produttori/vignaioli valtellinesi: un Sassella fine, tipico, di corpo leggero e di bevibilità soave. La dimostrazione che la qualità non si realizza solo inseguendo corpo denso e alcool ma è soprattutto fatta di equilibrio e gradevolezza.
Tipico il profumo, già ampio e pulitissimo, di rose e viole, piccoli frutti rossi e spezie dolci, cannella e pepe in particolare; al di sotto si avvertono tutta una serie di sentori più “animalici” che danno spessore e promettono ancora meglio per la evoluzione futura.
Tipico il colore, un bel rubino brillante dai riflessi granata che dice “nebbiolo” ad alta voce.
Gradevole la bocca, con un già morbido tannino e una acidità viva ma non invadente.
Ad areazione completa, il bouquet rivela interessanti note minerali, soprattutto ferrose, tiche della sottozona Sassella.
90/100 il giudizio.
Valtellina Superiore Inferno 2017 Riter
Bello il colore, rubino compatto e scuro; il corpo è di medio calibro, già ben armonizzato tra acidità e tannino. Il tannino è quello “scuro” tipico della sottozona Inferno ma è già metabolizzato e pronto per il consumo.
Come spesso accade per i vini valtellinesi, il meglio è al naso: una ciliegia nera matura, mora, mirtillo con lo sfondo della pelliccia e della pietra focaia.
Un buon prodotto dei nuovi piccoli e piccolissimi vitivinicoltori del Sondriese, pulito e fine. 90/100 la valutazione
Tocca al Sassella Riserva Clos Convento San Lorenzo 2018 di Convento San Lorenzo, nuovo brand della rinomata casa vinicola di Mamete Prevostini esclusivamente dedicato alla vigna del Convento San Lorenzo omonimo proprio attaccato alla città di Sondrio, all’inizio della zona più “storica” della Sassella e vigna circondata da un muretto, da qui la definizione di “Clos” alla borgognone.
La vigna in questione era già in precedenza vinificata da Mamete Prevostini (ex Sassella San Lorenzo) ed era da tempo una delle sue etichette più significative. D’altronde la vigna del Convento San Lorenzo, insieme alle Rocce Rosse di Ar.Pe.Pe che sono contigue verso ovest, stessa altitudine e presumibilmente stesso terreno sassoso e sabbioso, è “naturalmente”, per posizione, per storia, uno dei cru più vocati dell’intera sottozona.
Mamete, poi, è da tempo uno dei produttori di punta della Valtellina: allievo di Casimiro Maule, ex deus ex machina della Nino Negri e “padre” dello Sforzato 5 Stelle, ha saputo distaccarsi stilisticamente dal maestro e ha trovato una via tutta sua, a volte avvincente, a metà tra innovazione e tradizione.
Questo Clos Convento San Lorenzo, pur essendo ancora in fase giovanile, non tradisce le aspettative: un bel rubino profondo con riflessi granata il colore, tipico del nebbiolo concentrato e di qualità; il bouquet è già sontuoso, con i piccoli frutti rossi e neri immersi in una nuvola di spezie dolci, con la mineralità (che si ritrova poi nel bicchiere a liquido introdotto in bocca) ferrosa, quasi empireumatica, che dialoga con un bel cuoio fresco. Le nuances sono già complesse, in fase secondaria, con bagliori di erbe officinali e scorza di arancio amaro, con un rimando di mentuccia e rosmarino, e promettono almeno dieci anni di evoluzione positiva. Morbida e lunga la beva. Il corpo medio, dalla struttura non imponente, annuncia la verticalità del vino. Che gioca più sulle sfumature che sulla potenza.
Vino sfaccettato e finissimo, già pronto da bere ora, migliorerà sicuramente nei prossimi anni.
Già punteggio da grande vino: 93/100.
Di corpo leggero ma di persistenza lunga, questo Valtellina Superiore Maroggia 2018 dell’az. agr. AgriLu è un buon esempio di tutta una serie di nuove etichette valtellinesi realizzate da piccoli, a volte piccolissimi produttori che fino ad una generazione fa conferivano le uve alle case vinicole più grandi ma che da circa un decennio vinificano in autonomia.
La sottozona Maroggia è la più recente (e certamente meno conosciuta) tra le sottozone del Valtellina Superiore: mentre il Sassella è noto per l’equilibrio, la mineralità e la speziatura; il Grumello per i tannini più morbidi e i profumi esuberanti; l’Inferno per il corpo e la struttura tannica; il Valgella per la morbidezza e la facile beva; il Maroggia, di fatto, e anche per la ridottissima produzione non ancora sufficientemente “storicizzata”, non ha un profilo gusto-olfattivo noto e definito a priori.
Questo Maroggia è decisamente gradevole: il colore è un granato scarico tipico del Nebbiolo vinificato come da tradizione, con rese non troppo basse ma neppure troppo alte, già sulla strada della evoluzione. Il profumo, di buona intensità, è già maturo ed evoluto nonostante il millesimo vicino: fiori secchi, una leggera liquirizia, una lontana noce moscata.
Morbido in bocca, con un buon equilibrio tra acidità e tannino, e una Pai lunga anche nel retrobocca, che lascia una scia gradevolmente ammandorlata.
Comunque, il miglior Maroggia che abbia mai assaggiato: almeno 89/100, forse anche 90/100.
Da bere adesso.
Flamboyant, alcolico (un po’ troppo), morbido ma con una buona acidità, più in direzione “Sforzato” che in direzione “vino da terroir” (uve appassite in pianta? Uve appassite aggiunte al mosto in fase fermentativa? Vino da uve appassite aggiunto a vino “normale”? Stile tipo “ripasso” Valpolicella?), la qualità della materia prima non è in discussione, la perizia enologica neppure. Eppure questo Valtellina Superiore PR28 (da uve in zona Grumello e Inferno) 2019 La Spia delude un po’ le aspettative (alte, dopo l’uscita delle Riserve di Sassella e Inferno 2006 e 2010 dello scorso anno) perché, almeno per adesso, manca un po’ di equilibrio. Il frutto vira più in direzione confettura che sul frutto fresco come dovrebbe essere vista la poca distanza temporale dalla vendemmia. Non molto intensi, ma complessi e variegati i profumi, dal cuoio alla ciliegia sotto spirito immersa nella cannella. Forse è semplicemente troppo giovane. Per ora 86/100.