Ieri sera, presso il ristorante Le Giare dell’amico Massimo, serata degustazione approfondimento sul Primitivo di Manduria della storica azienda Vinicola Savese di Pichierri.
Vinificazione nei “Capasoni”, in pratica nelle otri/giare che dir si voglia.
Ero molto curioso di provare i vini di questa storica azienda, numeri contenuti, belle persone i Pichierri, sereni e fieri del loro lavoro e dei loro vini, che io ho trovato arcaici, ancestrali, nel loro rimandare a abitudini contadine del bere. Vini tosti (gradazione intorno ai 20 gradi per il dolce naturale, 15/16 per il resto) ma incredibilmente longevi per un vitigno di cui spesso invece si discute questo aspetto.
Tutto molto affascinante.
Il Sava è il loro dolce naturale DOCG
Il Sava - 2007 Colore impenetrabile, leggeri riflessi violacei, naso di prugna, carruba, vin cotto (ed infatti rimanda alle cartellate al vin cotto, tipico dolce della tradizione natalizia pugliese), poi china ed ancora frutta ed origano. Certo l’acidità gli permette di reggere i 19°, ma alla fine per me suona come vino da meditazione, per la spiccata nota dolce semmai accompagnando cartellate al vin cotto o panzerottini di pasta frolla e marmellata, piuttosto che dolcetti di pasta di mandorla.
Il Sava - 2004 Il migliore della serata insieme al 1979 ed al Capasonato. L’unico degli under trentenni di questa batteria che pur suonando dolce, non rende impossibile l’abbinamento a tavola con un secondo, o una pasta al forno, ad un indigeno che, pure enoicamente evoluto, vuol tornare ai sapori ed alle abitudini di un tempo. Colore sempre scurissimo ma sui toni del testa di moro. Al naso qualche nota ossidativa che però non troveremo in bocca e meno evidenti le note di frutta surmatura, invece avvolge naso e palato con terra bagnata, humus, spezie mediterranee. Bocca molto ricca, persistente, intenso.
Il Sava - 2000 Non in grandi condizioni, forse complice una annata non eccelsa. Naso con note ossidative che anche qui non troveremo al palato, ma per il resto dolcezza eccessiva più sull’ingresso della lingua che altro. In affanno.
Il Sava - 1984 Ovviamente le note ossidative aumentano, il colore è appena più scarico (!) degli altri, intanto però regge i 29 anni alla grande. Interessante soprattutto per le considerazioni sulle potenzialità evolutive. Acidità notevole, alcol gestito alla grande.
Il Sava - 1979 20°, 34 anni. Una vera bestia. Affascinante, come solo i vini agè sanno essere. Colore granato, note ossidative qui sostituite da un rosmarino impressionante che domina un naso ricchissimo di spezie che si rincorrono e amalgamano in continuazione. Grande fascino.
Il Sava – Capasonato 1995 Vino servito direttamente dal capasone dal signor Pichierri a ciascuno dei presenti. Non ha fatto quindi ancora bottiglia e la cosa lo rende, a mio parere, più equilibrato. Sottobosco, terra, grande sostanza. Vino d’altri tempi.
Rosa di Prato 2012 Rosato. Unico blend costituito da primitivo 70% e negro amaro 30%. Colore da brunello… si abbina benissimo con l’antipasto (ottimo) fatto di coniglio con sponzali e crema di parmigiano.
Terrarossa 2008 L’unico che io sposerei tranquillamente con il pasto. Accompagna egregiamente primo e secondo, ma pur nella certezza che ha un ottimo rapporto qualità prezzo, io non riesco a preferirlo ad altri primitivo di cui vado ghiotto e fiero, dal Purpureus di Nicola Ferri al (diversissimo da entrambi) Es di Gianfranco Fino o Morella o Polvanera o Pietraventosa. Bere non l’ha ordinato il medico.
Tradizione del Nonno 2008 Poco da dire, tranne che l’alcol al naso era eccessivo e, forse, a questo punto avevamo bevuto troppo... o forse no.
Capasonato cuveé 1984/1985 Ecco, forse non avevamo bevuto troppo da non capire più nulla. Gran bello. "Caposanato" ultraventennale imbottigliato da vendere. 1800 bottiglie tutte vendute oramai, al prezzo non economico ma ritengo giustificato di 70€. Il migliore della serata di certo. Vino da meditazione, certo, ma anche da pasto. Naso complesso ed intrigante che, nonostante il tanto (e tosto) bere della serata, ancora si riusciva a smarcare tra l’anestetizzazione sopraggiunta delle narici e del cervello. Ne ho ancora per stasera, da portare in dono ad un amico oste qui a Bari…
A fine serata, gentilmente offerti da Massimo, il proprietario del ristorante che ci ospitava
Champagne Tradition 1er Cru – Gosset Brabant
Champagne Brut – L&R Legrars
Mi son sembrati buoni, ma francamente non ci capivo più una fava…
In conclusione … certo bere un primitivo così particolare, ancestrale ed arcaico come detto, nella concezione oltre che nella vinificazione, dopo il Biondi Santi non è stato il massimo. O forse si. Io non sono un primitivista e con ieri ne ho la conferma definitiva. Seppellitemi ed annaffiate i fiori con del Brunello di Montalcino Biondi Santi, grazie.
Annata o Riserva, fate voi.