Aramis ha scritto:Dedalus ha scritto:Bello il gioco di Pigigres, che poi è quello proposto da Armando, per la qual cosa lo ringrazio di cuore, e prendo il suo pezzo come la ventisettesima bottiglia, l'ultimo regalo di compleanno. Regalo di compleanno ancora stagnolato: e se giocassimo alla degustazione coperta virtuale, mettendo un po' alla volta le note?
Per rispondere ad Andrea intorno alle elisioni etcetera, ci gioco anche io:Dedalus ha scritto:Il naso all'opposto ti fa uno scherzo strano: anziché nasconderti qualche descrittore da districare più o meno faticosamente nel mezzo del flusso alcolico e delle note genericamente vinose, svuota completamente il bicchiere, ci butta dentro una zaffata di aria tersa e calma di scogliera [...]
La trasparenza. Un naso netto è una cosa. Un naso trasparente è un'altra. Quanto sono rari i nasi trasparenti nel vino, in quello rosso? Rarissimi, sono. Vertici assoluti.Aramis ha scritto:Ci siamo chiesti: “cosa manca?”. Non abbiamo trovato dunque altra risposta che questa: che un “vino di terroir” sia destinato a premiare chi approcci il bicchiere alla ricerca di ciò che non c’è, [...] brilla una latitanza inattesa, uno spazio vuoto, che niente riempie. [...] poco di percepibile rimane in un vino una volta silenziati [...] i lacerti della fermentazione, i riflessi delle umane azioni in vinificazione. L’elisione rivela il terroir nella sua nuda essenza, fatta di dettagli aromatici sussurrati troppo piano
Impossibile non citare l'essenziale, sintetica formula di Luca Mazzoleni, come sempre sul vecchio forum di Porthos, cito a memoria:Luca Mazzoleni ha scritto:il grande vigneron svuota il vino del varietale e ci fa il ripieno di terroir.
Lo cito perché qui invece io trovo un motivo di distanza e di contraddittorio sia con Armando sia con Luca, a proposito del varietale. In un vero grande vino di autentico terroir il varietale, lo insegna il caso Montalcino, non viene asportato, non è zavorra. Tutt'altro. E' invece carne della stessa carne, sangue dello stesso sangue.
Sintenticamente, mi permetterei di riformulare l'aforisma di Luca:Dedalus ha scritto:il grande vigneron purifica il varietale del suo vino e ci soffia dentro l'alito del territorio: così prende vita un vino di terroir.
Accolgo con piacere la possibilità del contraddittorio, ma anche considerando la bella modalità con cui il Sangiovese fa sentire la sua presenza a Montalcino, io resto dell'idea che il nome stesso del Brunello di Montalcino ha le ultime due parole delle tre virtualmente sottolineate a gesso grosso con gesto schizoide. di Montalcino. di Montalcino. di Montalcino.
Cioè: "il Brunello (nome dell'uva) QUI viene così. Se qualcosa resta di varietale, cioè a dire qualcosa che il Sangiovese dà anceh ALTROVE, ebbene, purtroppo dovete portare pazienza. Delle attrezzature di cantina nemmeno ne parliamo, se siete d'accordo."
Ecco, il mio legislatore/produttore ideale ragiona così, e questo è per me il senso delle denominazioni di origine e in definitiva il senso del termine territorio, in ambito vitivinicolo. Io non credo nella teoria del triangolo porthosiano: per me il vino di terroir è quello che rinuncia a tutto per mostrare solo di cosa si è nutrito fisicamente; come scrivevo, è roba che sa di poco.
Quindi, portando alle estreme conseguenze questo ragionamento, avrebbe ragione Rivella: quel che conta è Montalcino e sticazzi dei vitigni!
Mmmhhmm.... c'è qualcosa che non mi torna... devo avere male interpretato qualche passaggio...